In questo mese possiamo lasciarci guidare dal cap. 2 del Vangelo di Luca. Possiamo contemplare cioè la scena della natività, tanto se preghiamo di fronte al Sacramento quanto se preghiamo nelle nostre case. D’altra parte, il Tabernacolo nelle nostre chiese è come la mangiatoia, ove è riposto il corpo sacramentale del Signore, allo stesso modo in cui nel presepe fu deposto il corpo fisico di Gesù: pertanto potrebbe essere particolarmente significativo, se si potesse, fare l’ora santa in questo mese davanti all’Eucaristia.
«Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2,19). L’apostolo Paolo usa parole molto forti per esprimere il mistero della vita cristiana: tutto si riassume nel dinamismo pasquale di morte e risurrezione, ricevuto nel Battesimo. Infatti, con l’immersione nell’acqua ognuno è come se fosse morto e sepolto con Cristo (cfr Rm 6,3-4), mentre, quando riemerge da essa, manifesta la vita nuova nello Spirito Santo. Questa condizione di rinascita coinvolge l’intera esistenza, in ogni suo aspetto: anche la malattia, la sofferenza e la morte sono inserite in Cristo, e trovano in Lui il loro senso ultimo. Oggi, nella giornata giubilare dedicata a quanti portano i segni della malattia e della disabilità, questa Parola di vita trova nella nostra Assemblea una particolare risonanza.
In realtà, tutti prima o poi siamo chiamati a confrontarci, talvolta a scontrarci, con le fragilità e le malattie nostre e altrui. E quanti volti diversi assumono queste esperienze così tipicamente e drammaticamente umane! In ogni caso, esse pongono in maniera più acuta e pressante l’interrogativo sul senso dell’esistenza. Nel nostro animo può subentrare anche un atteggiamento cinico, come se tutto si potesse risolvere subendo o contando solo sulle proprie forze. Altre volte, all’opposto, si ripone tutta la fiducia nelle scoperte della scienza, pensando che certamente in qualche parte del mondo esiste una medicina in grado di guarire la malattia. Purtroppo non è così, e anche se quella medicina ci fosse, sarebbe accessibile a pochissime persone.
Un fenomeno spiacevole che si va sempre più diffondendo è il poco rispetto per le persone anziane. Il modo migliore di prevenire abusi e maltrattamenti è con tutta probabilità quello di investire sulla cultura, sul tema del valore che noi attribuiamo alla persona in genere, anche a livello sociale.
Penso si debba ripartire dall’idea che oggi l’anziano ha ancora un elevato “valore” sociale.. La società e le istituzioni focalizzano sempre più le loro attenzioni su altre età della vita, ed è encomiabile. Tuttavia l’anziano dovrebbe tornare a essere universalmente considerata una componente sociale essenziale. Da questa piattaforma di valori condivisi, potranno poi scaturire politiche socio-assistenziali e investimenti pubblici.