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Super User

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Lunedì, 02 Marzo 2020 10:18

Figli delle stelle

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di Rosanna Virgili

«Al vedere la stella (i Magi) provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra (…).

Lunedì, 03 Febbraio 2020 13:28

Padri padroni

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di Rosanna Virgili

Il documento sinodale sulla famiglia Amoris Laetitia mette in risalto la persona di Giuseppe, coinvolgendola non solo in quanto esemplare di sposo e padre, ma anche per ricavare dalla sua figura biblica sempre attuali e preziosi suggerimenti. La sua paternità appare in contrasto col modello canonico del giudaismo dell’epoca, in cui il Vangelo di Matteo lo colloca, così come con quello vigente nella famiglia romana che l’Impero rappresentava. Occorre mettere, innanzitutto, una plausibile lente storica per capire la rivoluzione culturale che la paternità di Giuseppe introduce.

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di Rosanna Virgili

Non c’è figura biblica che non porti nel suo nome un futuro e una memoria; così accade anche per Giuseppe. La prima volta che la sua identità viene citata è nella genealogia del Vangelo di Matteo dove, alla fine di tre cicli, ognuno formato da quattordici generazioni, è scritto: “Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo” (Mt 1,16). Seppure casualmente, dato che “Giacobbe” si riferisce a un ebreo vissuto molti anni dopo la deportazione in Babilonia, la stretta vicinanza tra questo nome e quello di Giuseppe non può non condurre la mente del lettore biblico a un’altra relazione parentale di padre e figlio notissima a tutti: quella del patriarca Giacobbe e il figlio amato Giuseppe. E anche se l’evangelista Matteo non avesse voluto creare questa allusione, pure noi non possiamo evitare il paragone tra Giuseppe padre di Gesù e Giuseppe figlio di Giacobbe sprezzato dai suoi fratelli e venduto come schiavo in Egitto. Ma c’è un altro elemento ancor più convincente che lega il nostro Giuseppe alla figura del fratello di Giuda ed è l’inclinazione originale che connota ambedue: l’arte di sognare!

Il coraggio e la bellezza

Per entrare nell’intimità onirica del padre di Gesù dobbiamo seguitare a leggere il testo di Matteo (cf 1,18-2, 23) poiché l’evangelista Luca, non pone alcuna nota su questi fatti essendo concentrato maggiormente su quanto accade a Maria. Secondo le parole di Matteo, Giuseppe è un sognatore assiduo che riceve in sogno la visita di un angelo. Le parole che escono dalle sue notti visionarie diventano decisive per il giorno e tutta la vita di Giuseppe e per il destino stesso di Gesù. Così era stato anche per il primo Giuseppe quando sognò di essere un covone che si ergeva sugli altri a segnalare che sarebbe stato lui a governare su tutti i suoi fratelli (cf Gen 37,5.9). A causa dei suoi sogni il figlio di Giacobbe fu perseguitato da loro, ma, alla fine, fu lui a salvare la vita a tutta la famiglia.

Simile al patriarca Giuseppe è, allora, il padre di Gesù: padre di un Salvatore che, per primo, fu salvatore del figlio! Se non ci fossero stati, infatti, quei sogni, se non fosse venuto l’angelo a indicargli la strada, se Giuseppe non avesse ascoltato la voce di Dio che gli parlava quando Erode voleva uccidere Gesù, quale sarebbe stato il destino del Figlio e di sua madre? Benedetto è il ritornello con cui il Vangelo ci racconta dei sogni di Giuseppe: “Ecco gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse…” (Mt 1, 20; 2, 13). Quattro volte si rende presente quest’angelo, quattro sogni, quattro tappe dell’uomo, dello sposo, del padre che fu Giuseppe. Nella tradizione biblica il sogno rappresenta un’esperienza preziosa e sacra; esso è considerato come il primo grande luogo di mediazione, il primo canale utilizzato da Dio per entrare in dialogo con l’umano. Il primo “linguaggio” dei profeti (cf Ger 23, 25). I sogni regaleranno a Giuseppe la grandezza di una paternità che vuol dire accoglienza e non titolo né possesso dei figli. Vuol dire innamorarsi e servire la vita che viene da Dio, proteggerne il presente e custodirne il futuro. Guardarne i contorni dorati, sognando il loro illuminarsi, crescere, dilatarsi in splendore d’amore, carezzandoli con occhi casti e cuore puro. 

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di Gianni Gennari

Gesù disse: “Io sono il pane che dà la vita. Chi si avvicina a me con fede, non avrà più fame; chi mette la sua fiducia in me, non avrà più sete” (Gv 6, 35)

Il pane, la vita, la fame e la sete. Il Signore ritorna, qui, sull’affermazione centrale, che fa riferimento a lui stesso: «Io...», questo «io» che esce dalla bocca di Gesù, e che è il segno della sua coscienza totale. Gesù sapeva bene chi lui era, quale era la sua missione, quale era il suo cammino, quale era la volontà del Padre che lo aveva inviato, che lo aveva generato nell’eternità e nella storia, quale era il cammino che avrebbe dovuto percorrere insieme con in fratelli, questi poveri, piccoli, ignoranti, deboli peccatori che lui ha scelto attorno a sé e vuole attirare con sé fino al Padre.

Giovedì, 09 Aprile 2020 12:51

Piangere cercando Qualcuno

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Come Maria chi cerciamo veramente?

di Gianni Gennari

Il pianto di Maria di Magdala al sepolcro vuoto... «Mentre Maria parlava si voltò e vide Gesù in piedi, ma non si avvide che era lui. Gesù non le disse: «Donna, perché piangi?», ma: «Chi cerchi?». (cf. Gv 20, 14)


Gli angeli glielo avevano già chiesto a Maria del “perché” piangesse e ora Gesù stesso raddoppia la domanda, però non ripete «Perché piangi?», ma precisa: «Chi cerchi?».  È importante per l'interpretazione autentica di ogni pianto umano degno di questo nome. Il pianto non può essere puramente e semplicemente il rimpianto del passato; il pianto, degno di avere cittadinanza nella storia, è ricerca: il piangere senza cercare il motivo infatti è distruggersi, mentre piangere cercando è voler ricostruire un mondo diverso, un mondo in cui sia possibile non piangere più. 

Sabato, 29 Febbraio 2020 17:34

Dove prendi l’acqua viva?

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Aprire a Cristo che bussa al cuore

di Gianni Gennari

Una donna samaritana intanto viene al pozzo a prendere acqua. Gesù le dice: «Dammi un po’ d’acqua da bere». Risponde la donna: «Perché tu che vieni dalla Giudea chiedi da bere a me che sono una samaritana?

Lunedì, 03 Febbraio 2020 13:25

Il mistero del vino

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di Gianni Gennari

Non rassegnarsi ad una vita insipida

Due giorni dopo ci fu un matrimonio a Cana, una città della Galilea. C'era anche la madre di Gesù, e Gesù fu invitato alle nozze con i suoi discepoli. A un certo punto mancò il vino. Allora la madre di Gesù gli dice: «Non hanno più vino» (Gv 2, 1-3)

Il vino. Credo che sia una delle realtà più vicine ai nostri ricordi, alla nostra vita; senza vino non si mangia, almeno dove non siamo ancora – diciamo così – definitivamente rovinati da certa modernità tutta tecnica e artificiale, anche nel mangiare e nel bere. Ricordo che quando ero bambino il vino compariva a tavola soltanto una volta la settimana, la nostra lunga tavola in cui eravamo seduti tutti insieme con papà e mamma, e quella volta alla settimana che compariva ce n'era un «goccettino» per uno, ed era un segno della festa.

Giovedì, 02 Gennaio 2020 14:16

«Io ti ho visto prima»

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Lo sguardo lungo di Dio sugli uomini

di Gianni Gennari

Può capitare qualche volta anche a noi di incontrare qualcuno che ci guarda in faccia appena e ci parla come se ci conoscesse da sempre. Ci accorgiamo di essere di fronte a lui come un libro aperto. Ecco. Qualcosa del genere dev'essere capitato quel giorno a Natanaele: si è accostato a questo figlio del falegname di Nazaret, falegname anche lui, ma con un senso di diffidenza, perché Nazaret era un paese che non godeva buona fama. Doveva essere un paese - chissà? - abbastanza anonimo e di gente poco istruita, o altro... «Può essere che il Messia venga da lì?». Meglio diffidare.

Sabato, 30 Maggio 2020 12:27

Rileggere il quotidiano

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Un silenzio che spera

di Michele Gatta

Siamo ancora in emergenza Coronavirus. La pandemia dichiarata dall’Oms sembra non lasciare intatto nessun angolo del pianeta. I governi nazionali alzano la voce nelle sedi opportune per avere aiuti, a volte si sono diffusi falsi allarmismi, e qualcuno ha sminuito eccessivamente la pericolosità, alcuni sono scappati dal Nord, il Sud si è visto infettato e noi siamo stati tutti a casa (più o meno, ovviamente, in base ai lavori che si svolgono). I social sono impazziti, sono girati migliaia di video, barzellette, vignette. Chiaramente non si è parlato di altro. C’è chi ha usato la parola guerra, e chi si è definito sopravvissuto… Forse si sono usati termini in modo poco appropriato. 

Giovedì, 09 Aprile 2020 12:45

«Un’alba senza tramonto»

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Non ci sono tenebre così fitte da nascondere o cancellare la sua benedizione

di Mario Carrera

Dopo la morte, dice l’evangelo, «Pilato comandò che il corpo fosse rilasciato» ai parenti e alla donne che avevano assistito all’agonia.

Giuseppe d’Arimatea fu allertato e mise a disposizione il suo sepolcro nuovo. La morte, che aveva inghiottito quel corpo, immediatamente lo rese sacro. In vita quel corpo era stato martoriato, flagellato, crocifisso, ora quello stesso corpo ha diritto ad una sepoltura dignitosa. 

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