Il pianto di Maria di Magdala al sepolcro vuoto... «Mentre Maria parlava si voltò e vide Gesù in piedi, ma non si avvide che era lui. Gesù non le disse: «Donna, perché piangi?», ma: «Chi cerchi?». (cf. Gv 20, 14)
Gli angeli glielo avevano già chiesto a Maria del “perché” piangesse e ora Gesù stesso raddoppia la domanda, però non ripete «Perché piangi?», ma precisa: «Chi cerchi?». È importante per l'interpretazione autentica di ogni pianto umano degno di questo nome. Il pianto non può essere puramente e semplicemente il rimpianto del passato; il pianto, degno di avere cittadinanza nella storia, è ricerca: il piangere senza cercare il motivo infatti è distruggersi, mentre piangere cercando è voler ricostruire un mondo diverso, un mondo in cui sia possibile non piangere più.
Una donna samaritana intanto viene al pozzo a prendere acqua. Gesù le dice: «Dammi un po’ d’acqua da bere». Risponde la donna: «Perché tu che vieni dalla Giudea chiedi da bere a me che sono una samaritana?
Due giorni dopo ci fu un matrimonio a Cana, una città della Galilea. C'era anche la madre di Gesù, e Gesù fu invitato alle nozze con i suoi discepoli. A un certo punto mancò il vino. Allora la madre di Gesù gli dice: «Non hanno più vino» (Gv 2, 1-3)
Il vino. Credo che sia una delle realtà più vicine ai nostri ricordi, alla nostra vita; senza vino non si mangia, almeno dove non siamo ancora – diciamo così – definitivamente rovinati da certa modernità tutta tecnica e artificiale, anche nel mangiare e nel bere. Ricordo che quando ero bambino il vino compariva a tavola soltanto una volta la settimana, la nostra lunga tavola in cui eravamo seduti tutti insieme con papà e mamma, e quella volta alla settimana che compariva ce n'era un «goccettino» per uno, ed era un segno della festa.
Può capitare qualche volta anche a noi di incontrare qualcuno che ci guarda in faccia appena e ci parla come se ci conoscesse da sempre. Ci accorgiamo di essere di fronte a lui come un libro aperto. Ecco. Qualcosa del genere dev'essere capitato quel giorno a Natanaele: si è accostato a questo figlio del falegname di Nazaret, falegname anche lui, ma con un senso di diffidenza, perché Nazaret era un paese che non godeva buona fama. Doveva essere un paese - chissà? - abbastanza anonimo e di gente poco istruita, o altro... «Può essere che il Messia venga da lì?». Meglio diffidare.
Siamo ancora in emergenza Coronavirus. La pandemia dichiarata dall’Oms sembra non lasciare intatto nessun angolo del pianeta. I governi nazionali alzano la voce nelle sedi opportune per avere aiuti, a volte si sono diffusi falsi allarmismi, e qualcuno ha sminuito eccessivamente la pericolosità, alcuni sono scappati dal Nord, il Sud si è visto infettato e noi siamo stati tutti a casa (più o meno, ovviamente, in base ai lavori che si svolgono). I social sono impazziti, sono girati migliaia di video, barzellette, vignette. Chiaramente non si è parlato di altro. C’è chi ha usato la parola guerra, e chi si è definito sopravvissuto… Forse si sono usati termini in modo poco appropriato.
Dopo la morte, dice l’evangelo, «Pilato comandò che il corpo fosse rilasciato» ai parenti e alla donne che avevano assistito all’agonia.
Giuseppe d’Arimatea fu allertato e mise a disposizione il suo sepolcro nuovo. La morte, che aveva inghiottito quel corpo, immediatamente lo rese sacro. In vita quel corpo era stato martoriato, flagellato, crocifisso, ora quello stesso corpo ha diritto ad una sepoltura dignitosa.
Questo il titolo del Messaggio dei Vescovi per la 42° Giornata per la Vita, prossimo 2 febbraio 2020. «Osiamo sperare che la Giornata per la vita divenga sempre più un’occasione per spalancare le porte a nuove forme di fraternità solidale», queste le parole del direttore Fr. Marco Vianelli con cui invita gli Uffici diocesani di pastorale familiare, le diocesi e le Associazioni ad animare la Giornata 2020.
Papa Francesco, incontrando i partecipanti all’incontro del Segretariato per la giustizia sociale e l’ecologia appartenenti alla Compagnia di Gesù, ha iniziato il suo discorso partendo dalla povertà della capanna di Betlemme: «Ogni anno la liturgia ci invita a contemplare Dio nel candore di un bambino escluso, che veniva tra la sua gente, ma non fu accolto». Questa contemplazione attiva di Dio, del Dio escluso, ci aiuta a scoprire la bellezza di ogni persona emarginata.
Ci sono molte case misteriose di esseri evanescenti che sfuggono al turismo di massa come quelle degli spiriti. Tutti sanno che le case delle streghe hanno le porte d'ingresso nei tronchi d’alberi centenari su cui crescono funghi velenosi.