Dopo nove mesi dalla sua elezione, papa Francesco ha raccontato ad Andrea Tornielli, giornalista de La Stampa di Torino, i suoi sentimenti sulla festa del Natale. Tornielli nel suo lungo colloquio con il papa ha spaziato sui problemi della fame del mondo, della sofferenza dei bambini e sulle tensioni internazionali. Il colloquio è stato lungo e ha posto una serie di domande con delle risposte assai illuminanti sui problemi dell’umanità, ancora oggi di viva attualità. Da quell’intervista abbiamo colto due brani che ci possono aiutare a vivere con sentimenti rinnovati il Natale del Redentore in questo anno 2017.
In quella circostanza Andrea Tornielli aveva riferito che durante il lungo colloquio «per due volte, dal volto di Francesco è sparita quella serenità che tutto il mondo ha imparato a conoscere, quando ha accennato alla sofferenza innocente dei bambini e ha parlato della tragedia della fame nel mondo». Due realtà di drammatica attualità anche oggi. Leggiamo questa eco che si fa un grido attuale.
Da quando i papi hanno incominciato a viaggiare come pastori universali al di fuori della Citta del Vaticano solo Giovanni Paolo I non ha avuto tempo per visitare Fatima, gli altri, da Paolo VI a Francesco, hanno ritenuto Fatima una sorgente di grazia. L’anno centenario delle apparizioni ha accentuato il fatto che la Madonna è scesa dal cielo a parlare ai tre pastorelli all’inizio di un secolo turbolento e tragico per far giungere un accorato messaggio all’intera umanità.
Dal tempo della creazione sino ai nostri giorni, la frase di Isaia «Le vie di Dio sono diverse da quelle degli uomini» si avvera con una metodicità cronometrica. E questo è capitato anche a Fatima: Dio investe di un messaggio di valore universale le fragili spalle di tre bambini. Erano bambini analfabeti, poveri ma ricchi di saggezza. Per questo Dio li ha investiti del compito di ambasciatori per tutti i credenti in Cristo.
Lucia, Francesco e Giacinta non hanno frequentato una specializzazione in rapporti diplomatici, ma Dio, prima delle apparizioni della Mamma di Gesù, ha mandato un angelo a insegnare l’alfabeto del linguaggio di Dio. Un alfabeto che comunicava un linguaggio del cuore: la preghiera. La preghiera è diventata la grammatica con cui i tre pastorelli ascoltavano e parlavano il linguaggio di Dio, lasciando al tempo il compito di rendere palesi anche i «segreti».