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Lunedì, 16 Giugno 2014 12:04

Il purgatorio

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Ho letto sulla vostra rivista del «Suffragio perpetuo» e poiché penso che questo suffragio sia legato al Purgatorio, volevo sapere qualcosa di più dell’uno e dell’altro.
La ringrazio.
Letizia di Torre Annunziata
 
Per rispondere alla sua prima domanda è necessario illustrare la seconda. Quella sul purgatorio.
Innanzitutto il purgatorio non può essere pensato come un campo di concentramento in cui le anime sono recluse in attesa di scontare una pena prima di poter vedere Dio faccia-faccia. Un’immagine evangelica che getta una luce d’intuizione sulla realtà del purgatorio è il tradimento di Pietro. L’evangelo dice che Gesù si voltò e gli occhi di Pietro s’incrociarono con lo sguardo del Maestro, il capo degli apostoli fu sconvolto dal dramma del suo tradimento e pianse amaramente. I suoi occhi non hanno retto allo sguardo di Gesù.
È la sensazione che ognuno di noi proverà al momento dell’incontro con Dio: gli occhi si veleranno di lacrime. La cataratta delle nostre fragilità umane, dei nostri tradimenti, delle tiepidezze, delle nostre feroci rivalità scenderà come un velo sugli occhi. Dio ci guarderà pieno di amore e di tenerezza ma la vergogna bruciante delle nostre mancanze e la tiepidezza del nostro amore non saprà reggere la luce misericordiosa della bontà paterna di Dio. Allora, quando questa sensazione di disagio sarà stemperata e i nostri occhi purificati dalle chimere del nostro passato saranno in grado di fissare lo sguardo negli occhi stessi di Gesù, egli ci accompagnerà davanti al Padre per entrare in pienezza di luce a godere l’eternità.
Per comprendere meglio questo concetto, ricordiamo le parole dello scrittore russo Dostoevskij, il quale si domandava che cosa fosse l’inferno. A questo interrogativo rispondeva: «L'inferno è l’incapacità di amare». Il purgatorio, quindi, è la palestra dove noi impariamo ad amare.
Innestati con il battesimo alla vita stessa di Dio, non viviamo come isole, ma tutti siamo uniti come cellule di un unico corpo: viviamo del benessere o soffriamo del malessere gli uni degli altri. Noi viventi su questa terra siamo in costante rapporto con Dio e con tutte le persone vive sulla sponda dell’eternità. La linfa della santità non solo ci sostiene in questo cammino verso l’eternità, ma ci fa vivere un rapporto di comunione con i nostri cari defunti.
In questa relazione di affetto la preghiera d’intercessione per i nostri cari defunti è la manifestazione dell’amore e dell’attaccamento che proviamo per loro. Con la nostra preghiera intendiamo sostenerli in questa fase di purificazione. Per il cristiano la possibilità di aiutare e di donare amore non si estingue con la morte.
Il suffragio perpetuo consiste nel mantenere vivo questo sentimento di amore e di solidarietà. L’iscrizione al «suffragio perpetuo» fa entrare i nostri cari defunti nel coro di preghiere a Dio. Per gli iscritti al suffragio perpetuo ogni giorno abbiamo un ricordo particolare. Chiediamo a Dio di ricordarsi dei «nostri cari che si sono addormentati nella speranza della risurrezione».
Sappiamo che la santa Messa elimina il confine tra il cielo e la terra, tra i vivi e i morti e siamo tutti convocati al banchetto della vita con il Risorto che ci permette di vivere questo momento di comunione.
Ogni giorno viviamo il dono della vicinanza con i nostri cari defunti e nella preghiera del «Padre nostro» abbiamo la consapevolezza di unirci ai nostri cari con l’abbraccio misericordioso di Dio, nostro Padre.
Ai parenti o agli amici che iscrivono i loro cari al «Suffragio perpetuo» inviamo la pagellina con il messaggio di sant’Agostino: «Se mi amate, non piangete».
 
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