Tu, o San Giuseppe, sei davvero il modello della santità, non solo per la missione che Dio ti ha affidato, ma, soprattutto, per l’intimità vissuta con Gesù. Gesù ha imparato da te a gustare i sapori della nostra vita terrena e tu hai imparato da lui a essere specchio dei requisiti divini presenti nella tua vita. Il santo, infatti, è chi si lascia rivestire della santità stessa di Cristo Gesù.
Dalla vita di Abele in poi, l’uomo ha scoperto che la preghiera è la fonte di energia più potente che le persone possono sperimentare. In tutta la Bibbia la preghiera appare come il respiro di ogni vivente. Questo respiro, evidentemente, era l’anima della famiglia di Nazareth. Per Giuseppe, Maria e Gesù, l’invito alla preghiera era segnato in cinque momenti della giornata, quasi per dare una continuità alla lode, obbedendo alla parola che Gesù avrebbe insegnato ai discepoli come leggiamo nell’evangelo di Giovanni: «Senza di me non potete fare nulla» (15,5) e in quello di Luca: «Bisogna pregare sempre» (Lc 18,1).
La fede è gioia cantata con le note musicali della vita di chi crede. Papa Francesco, al termine dell’Anno della fede, ha consegnato alla Chiesa gli strumenti della gioia con l’Esortazione apostolica che inizia con queste parole: «La gioia dell’Evangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù». Chi si accosta a Gesù sente zampillare nell’anima questa gioia che si fa spazio nel vuoto interiore e cancella la tristezza di una vita senza illuminanti speranze.