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Nel libro Illustrissimi Giovanni Paolo I raccolse lettere immaginarie a personaggi storici e letterari, a santi e meno santi. Pagine piacevoli e profonde dove si ritrova il senso del suo pontificato

di Cristiana Lardo

Nel 1976 Albino Luciani, all’epoca patriarca di Venezia, diede alle stampe una raccolta di lettere immaginarie, che aveva già pubblicato negli anni precedenti (1971-1975) sul mensile Il Messaggero di sant’Antonio. Albino Luciani, prima vescovo di Vittorio Veneto e poi patriarca di Venezia, il 26 agosto 1978 fu eletto papa con il nome di Giovanni Paolo I, ma dopo soli trentatré giorni morì all’improvviso a causa di problemi cardiaci. Il 4 settembre 2022 è stato proclamato beato.

Luciani teneva molto a questa sua opera, fin dalla prima pubblicazione. Il titolo completo è Illustrissimi. Lettere ai grandi del passato e contiene quaranta lettere immaginarie, i cui destinatari sono scrittori, personaggi letterari, figure bibliche e santi, ma c’è anche una lettera a un orso! L’ultima lettera è indirizzata a Gesù. Per tre volte Luciani ha rivisto e rieditato Illustrissimi. Benché abbia scritto altre opere di indole dottrinale, sicuramente più “serie”, questo libro lo ha appassionato e anche a quest’opera, sicuramente insolita, ha affidato il senso del suo pontificato. Ora Stefania Falasca, vicepresidente della Fondazione Giovanni Paolo I, ha raccolto tutti gli scritti del pontefice e recentemente ha curato la prima edizione critica di Illustrissimi.

Tornando al libro, ciascuna delle quaranta lettere svolge un tema, un motivo fondante – talvolta dichiarato in modo esplicito, più spesso, semplicemente evocato – che come una calamita invisibile da sotto il tavolo muove attori e situazioni. Ogni lettera è quasi una conversazione fra amici.

A proposito dello stile di Luciani scrittore, il filosofo Jean Guitton annotò poco dopo la sua elezione: «Ascoltando poco fa in piazza San Pietro il primo Angelus di Giovanni Paolo I, ho ritrovato l’arte dell’omelia, quella che i padri greci definivano “arte di conversare semplicemente con gli uomini”. Mi sembra di riconoscere nel nuovo papa un po’ di quell’ardire, di “acquisita innocenza”, direbbe Bergson... Ho preso visione del suo testo Illustrissimi, dove ho ritrovato il sapore di quello scrittore nato che è Albino Luciani».

In queste lettere immaginarie Luciani affronta molteplici temi: alcune questioni sono vere urgenze per l’uomo (l’amore, il confronto con il potere, le difficoltà del crescere quando si è giovani, la cultura, la rivoluzione, la sincerità, l’amicizia, l’ansia di infinito...), ma tratta anche argomenti più occasionali e “leggeri”, come l’attesa delle vacanze, gli sbagli divertenti, l’uso del dialetto...

Ma il tema dominante, quello presente in ognuno di questi ideali colloqui, sembra essere la letteratura. Qui si svela la vasta conoscenza letteraria dell’autore, talmente profonda che informa di sé ogni aspetto. La mediazione letteraria diventa allora per Luciani la chiave per capire il mondo e, allo stesso modo, risalta netta quella domanda di infinito che muove ogni scrittura. La letteratura in Illustrissimi è la chiave di volta di tutto. Prova ne è il fatto che la maggior parte delle lettere contiene una citazione letteraria.

Il linguaggio che il beato Giovanni Paolo I sceglie è il cosiddetto sermo humilis o “linguaggio quotidiano”: il tono giusto per chiacchierare con gli amici. Sant’Agostino condensava il significato del sermo humilis in due termini: «utile e adatto», e dice che la verità cristiana, in quanto «amorosa e soave salvezza», deve essere posta suaviter, cioè con delicatezza, sia per rispetto della sua stessa natura sia per l’uditore. È un linguaggio, insomma, che abbraccia il mondo e gli uomini, che dialoga con loro e si lascia facilmente comprendere.

Jorge Luis Borges, il grande scrittore argentino, ha affermato: «Un uomo, se è un cristiano, non dovrebbe essere solo intelligente, dovrebbe essere anche un artista, perché Cristo ha insegnato l’arte attraverso il suo modo di predicare, perché ognuna delle frasi di Cristo, se non ogni singola parola, ha valore letterario».

Anche ciascuna lettera di Illustrissimi ha un valore letterario; se si contano i destinatari si osserva che la maggior parte hanno a che fare con la letteratura. Tra gli scrittori ci sono i preferiti da Luciani, molto citati anche nelle altre sue opere: Charles Dickens, Mark Twain, Gilbert K. Chesterton, Charles Péguy, Trilussa, Alessandro Manzoni, Giuseppe Gioachino Belli, Francesco Petrarca, Carlo Goldoni. Scrittori cristiani e non cristiani, dei quali Luciani coglie il vero senso delle parole, come nella lettera a Manzoni, che viene definito «nuovo santo».

Anche tra i santi destinatari delle lettere si può delineare la scelta di Luciani da vescovo e da papa. I santi a cui scrive sono tutti dottori della Chiesa, tutti hanno lasciato scritti, tutti parlano di letizia, di gioia, di carità. «Guai ai modelli di comportamento che odorino di moralismo a un chilometro di distanza», scrive nella lettera a san Bernardino da Siena. E nella lettera a san Francesco di Sales scrive frasi come: «L’uomo è la perfezione dell’universo; lo spirito è la perfezione dell’uomo; l’amore è la perfezione dello spirito; l’amore di Dio è la perfezione dell’amore (Teotimo)»; «Chi ama Dio si imbarchi sulla nave di Dio»; «Essere come un bambino fra le braccia di Dio».

La conclusione della lettera al Sales è semplice e geniale: «Ecco l’ideale dell’amore di Dio vissuto in mezzo al mondo: che questi uomini e queste donne abbiano ali per volare verso Dio con la preghiera amorosa; abbiano anche piedi per camminare amabilmente cogli altri uomini; e non abbiano “grinte fosche”, bensì volti sorridenti, sapendo di essere avviati verso la gaia casa del Signore!».

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