Con l’Avvento ha inizio l’anno liturgico, il tempo sacro della grazia (kairòs) in cui la Chiesa celebra il grande mistero della salvezza. Il suo nucleo essenziale è l’evento Gesù Cristo: il Figlio di Dio che si è incarnato ed è entrato nel mondo per condurre gli uomini al loro fine ultimo, alla piena comunione di vita con Dio nel Regno dell’eterna vita.
Con la nostra partecipazione alla celebrazione liturgica degli eventi salvifici, diventiamo annunziatori e testimoni della nostra fede, testimoni, quindi, dell’Amore del Padre che si è rivelato nella Persona del Figlio, anzi, ce lo ha donato perché «chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16).
Tutto il tempo della Chiesa – l’anno liturgico – è caratterizzato da una triplice dimensione: la memoria del passato (l’attesa e la venuta di Gesù nella carne), la dinamica del presente (come oggi questo evento ancora avviene e si attualizza) e l’attesa del futuro (il ritorno del Cristo nella gloria: evento escatologico).
Mentre il Tempo Ordinario volge al termine e la natura si fa di giorno in giorno più brulla e spoglia, il mese di novembre si apre con il contrasto della bellissima festa di Tutti i Santi: un tripudio di luce, di canto, di gioia; il Cielo sulla terra.
In questa solennità la Chiesa pellegrina nella fede, contemplando le abbondanti messi già raccolte nei celesti granai, comincia sin d’ora a cantare la gioia del suo arrivo in patria: «Rallegriamoci tutti nel Signore, celebrando questo giorno di festa in onore di tutti i Santi: con noi gioiscono gli angeli e lodano il Figlio di Dio». Con questa antifona si apre la Celebrazione Eucaristica, durante la quale si viene ad instaurare, per così dire, un appassionato dialogo tra terra e cielo, tra i santi ancora pellegrini nella fede e i santi già in patria, tra i “santi delle beatitudini” (cf. Vangelo della solennità) e i santi della «moltitudine immensa, di ogni nazione, razza, popolo, lingua» che innalza a gran voce il grandioso cantico della salvezza, di cui si sente l’eco nella prima lettura (cf. Ap 7).
Tra gli uni e gli altri non c’è separazione, ma compartecipazione; non distanza, ma affettuosa vicinanza. I santi già in patria sono presenti a noi nelle nostre tribolazioni e noi, “santi in cammino”, ci rallegriamo con loro per la pace di cui godono e che già, in forza dell’amore, si riversa nei nostri cuori. Con questa solennità la Chiesa ci invita, dunque, ad una grande festa di famiglia, convoca tutti i suoi figli attorno all’unica mensa. Infatti, chi sono i santi, se non i figli di Dio cresciuti fino alla “pienezza di Cristo” (cf. Ef 4,14)? Essi sono i nostri fratelli maggiori. Alcuni di loro, forse, sono stati fino a ieri nostri compagni di viaggio; perdura forse ancora nella nostra mano il calore della loro mano, nella nostra memoria il suono della loro voce… Tra i santi possono esservi – anzi, certamente ci sono – anche tanti che chiamiamo i “nostri morti” e che, sapientemente, la Chiesa ci fa commemorare proprio il 2 novembre, dilatando la festa in due giorni, per sottolineare l’unità del mistero.
Quando Qualcuno, Lui… il Signore, ha comunicato se stesso e io, noi lo abbiamo ascoltato, è necessario e… educato rispondere. La comunità si alza in piedi per gridare con il cuore: Tu ci hai rivelato la strada della vita e noi ci fidiamo di Te, perché Tu sei l’Amore che non tradisce per tutte le generazioni. “Credo” è il grido ripetuto varie volte in questo simbolo che è davvero il… manifesto dei credenti della Chiesa Cattolica Romana. Una sintesi meravigliosa della fede che si è formata nei secoli attraverso il cuore ecclesiale e il soffio dello Spirito Santo che mai è mancato come sorgente di verità. Per l’Assemblea della Santa Messa sembra quasi una nenia a memoria mentre invece possiede una energia sempre rigenerante della fede.
Credo… Siamo giunti a quello che può dirsi ed è il centro del nostro cammino nella scansione del Credo «cristiano», e cioè Gesù Cristo. Abbiamo pensato al «Dio prima di noi», Creatore del cielo e della terra, creatore dell’uomo a sua immagine somigliantissima come «maschio e femmina» (Gen. 1, 26), che ha aperto la via all’umanità in cammino.
è seguito il primo inciampo, segno della limitatezza della creatura che non vuole riconoscersi tale e pretende di «essere come Dio», rappresentato nel racconto misterioso del «peccato originale», rottura dell’uomo creatura con il disegno del Creatore. Ma questa rottura, seguita da una serie di conseguenze negative – la tentazione del dominio dell’uomo sulla donna, l’insicurezza di sé nella nudità, la morte, i dolori del parto, la fatica del lavoro, la rivalità tra fratelli, la ribellione della natura che cerca di sommergere l’umanità nel «diluvio» e altro ancora – è accompagnata fino dal primo momento dalla promessa di salvezza e di redenzione. Tutta la storia di Israele, popolo della promessa e dell’alleanza, è orientata a questa promessa: la venuta del Messia, l’Unto del Signore, il Salvatore di Israele…