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Giovanni Paolo II, tra poco «santo», è stato teologo e devoto di San Giuseppe

di Tarcisio Stramare

Sono trascorsi 25 anni da quando Giovanni Paolo II, il 15 agosto 1989, in occasione del primo centenario dell’Enciclica Quamquam pluries di Leone XIII, promulgava l’Esortazione apostolica “Redemptoris Custos” (RC). Si tratta di un documento dottrinale di grande rilievo, da considerare come la “magna charta” della teologia di san Giuseppe, del quale viene considerata la “parte” a lui assegnata da Dio nel decreto dell’Incarnazione del Verbo, che predestinava Maria a essere la madre del Figlio di Dio. In questo decreto è incluso anche san Giuseppe “chiamato da Dio a servire direttamente la persona e la missione di Gesù mediante l’esercizio della sua paternità: proprio in tal modo egli coopera nella pienezza dei tempi al grande mistero della redenzione ed è veramente ‘ministro della salvezza’” (RC, n.8). La presenza congiunta di Maria e Giuseppe, sigillata dallo stesso vincolo di carità, fa parte del mistero dell’Incarnazione: “Proprio a questo mistero Giuseppe di Nazaret ‘partecipò’ come nessun’altra persona umana, ad eccezione di Maria, la Madre del Verbo  Incarnato.

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Nel ricordo prezioso di p. Castelli, pubblichiamo il primo degli articoli, preparati prima della sua morte per la Rivista "La Santa Crociata in onore di San Giuseppe"

di p. F. Castelli

Con la preghiera i poeti hanno un rapporto particolare. Il motivo è semplice: ce lo suggerisce Adam Zagajewki, poeta polacco vivente. Egli ha definito la poesia «un certo stato mentale, eccezionale e straordinario», necessario perché «ci innalza al di sopra della meschina rete empirica delle circostanze che forma il nostro destino e il nostro limite. Ci innalza al di sopra del quotidiano, cosicché possiamo scrutare il mondo attentamente e ardentemente».

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Spesso sento parlare di «vangeli apocrifi» dove sono raccontati soprattutto i fatti che riguardano l’infanzia di Gesù con Giuseppe e la sua sposa Maria. I capitoli evangelici della vita pubblica di Gesù narrano dei fatti, delle circostanze, invece quelli della nascita e dell’infanzia di Gesù ricorrono a circostanze e situazioni un poco singolari. Ci sono sogni, visioni che sono state narrate dopo anni di distanza dagli avvenimenti. Quale quoziente di affidabilità hanno questi vangeli?

 Caterina Gennari - Milano

 
Gentile signora Caterina, la ringrazio per questa domanda che ci offre l’opportunità di dare una parola chiarificatrice su quest’argomento, che ci sta a cuore non solo da un punto di vista generale, ma anche perché un nostro confratello guanelliano, don Mario Erbetta, formidabile conoscitore delle lingue orientali, ha dedicato la vita allo studio e all’insegnamento sui vangeli apocrifi all’Università Urbaniana, pubblicando un grosso e assai qualificato volume sui vangeli apocrifi. 
Diciamo subito che gli «apocrifi» che riguardano il Nuovo Testamento sono degli scritti che non fanno parte del canone biblico (cioè della raccolta ufficiale dei testi) del NT, ma dai titoli, dalla presentazione, dal modo con cui trattano l’argomento riguardante Gesù e la sua famiglia si presentano come testi che per la loro antichità rivendicano una credibilità degna di attenzione non pari a quella del canone degli evangeli riconosciuti dalla Chiesa, ma fanno da cornice ad avvenimenti veritieri con il tentativo di completarli con alcune narrazioni a volte fantasiose e altre volte verosimili. 
Monday, 07 April 2014 10:27

Istituzione dell’Eucaristia

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Quinto mistero della luce

di Ottavio De Bertolis


Questo mistero fa come da ponte tra la vita di Gesù e la consegna di sé nella Passione: l’Eucaristia infatti riassume tutti i misteri della vita di Gesù, e li rende presenti nell’efficacia di quell’unico Pane che spezziamo. Così nell’Eucaristia troviamo, come in una sintesi, tutti i doni di Gesù agli uomini, e che venivano annunciati e celebrati, per così dire, quasi separatamente nel corso della sua vita terrena: il perdono ai peccatori, la guarigione dei malati, la consolazione dei suoi poveri, come abbiamo già visto. 
Tutte le volte che noi celebriamo la Messa, riviviamo tutto questo: siamo come i pubblicani e i peccatori che mangiano a mensa con Gesù, provocando lo scandalo dei farisei, di coloro che si credevano puri e bravi in base alle loro forze: “Perché il vostro maestro sta a tavola con i pubblicani e i peccatori?”. Nella Messa Gesù, come già nel cenacolo, si fa nostro servo, si inginocchia ai nostri piedi, facendosi non più grande di noi, come tutti noi crediamo che sia, e infatti lo è; ma così agendo si mostra e si fa più piccolo, per togliere da noi ogni timore e ogni paura di Lui e di Dio: chi vede Lui infatti vede il Padre. Gesù non si fa servo e piccolo solo per un momento, come si potrebbe intendere in base a un’interpretazione riduttiva di quel “vi ho dato l’esempio”, appunto, come se, una volta dato l’esempio, si togliesse frettolosamente le vesti del servo per riprendere quelle del padrone. Lui si mostra servo nostro perché è veramente e definitivamente nostro servo; Lui si inginocchia di fronte a noi per lavarci i piedi, non noi ci inginocchiamo di fronte a Lui. 
Monday, 07 April 2014 10:22

Aprile 2014

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La preghiera per un sogno grande

Reverendo Don Mario,
vengo a lei per ringraziarla del Vangelo che mi ha spedito, desideravo proprio averlo, desidero proprio tenere Gesù, così semplicemente nel mio cuore.
Le rubo del tempo, ma le vorrei dire un piccolo grande segreto : come mi piacerebbe che nostro figlio Francesco, di cui vi ho mandato il ricordo della Prima Comunione, divenisse sacerdote!
Così, io e mio marito, come gli mostriamo col nostro amore la bellezza del matrimonio, della famiglia, così gli trasmettiamo il nostro amore, la nostra riconoscenza per i sacerdoti.
Quando ci siamo sposati, oramai  venti anni orsono, il Vangelo di Giovanni che abbiamo scelto (Gv 15,9-17) diceva: « Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga».
Grazie Don Mario, che mi ha ascoltata: le ho parlato come a un papà, perché alle volte il cuore mi scoppia di gioia. 

 Lettera firmata

 
Cara amica,
vorremmo «scoppiare» tutti di gioia nel coltivare e veder fruttificare i sentimenti nobili nell’anima, ma la realtà pesante come una zavorra ci trascina a terra. La ringrazio della comunicazione dei suoi  sentimenti e  delle sue intenzioni animate da una bella e grande fede nel Dio della vita. 
Le assicuro che la nostra invocazione a Dio è frequente, Gli chiediamo quotidianamente che moltiplichi le vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa così da garantire ai fedeli battezzati delle braccia misericordiose che prolunghino nel tempo l’azione benefica e samaritana di Gesù a vantaggio delle persone fragili, poveri di spiritualità, bisognosi di aiuto per cogliere nella vita tanti motivi per ringraziare Dio del dono privilegiato di essere stati mandati su questa terra a collaborare alla costruzione di un regno di fraternità e giustizia. 
Anch’io l’accompagno nella preghiera e uniremo queste vostre intenzioni al coro di preghiere degli iscritti alla Primaria Pia Unione.
Dio benedica lei e la sua famiglia e San Giuseppe, che ha educato Gesù, aiuti lei e suo marito a essere accanto al vostro figliolo con dei «sì» e dei «no» perché cresca in sapienza età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
 

Il peso della solitudine 

Caro don Mario, dopo quarantatré anni di matrimonio – ho settantasei anni – giorno e notte piango la morte di mio marito Arturo, perché è soprattutto la sera che ne sento maggiormente la mancanza, anche perché la casa piomba in un assordante silenzio. Non sarebbe meglio che il Signore prendesse anche me? Rimasta sola cosa ci sto a fare ormai? Non voglio essere ingrata o blasfema ma mi domando: perché il Signore non ci ha presi entrambi? Chiedo perdono innanzitutto al Signore e anche a Lei direttore se il mio profondo dolore mi suggerisce considerazioni forse poco cristiane.

  Maria 

Cara e gentile signora Maria,
quando si è sposata nel «sì», che lei e suo marito Arturo avete pronunciato, c’era un sì definitivo che vi legava per l’eternità. è naturale che questo legame interrotto sanguini, perché dire a una persona: «Ti amo» è come dire: «Tu non potrai morire. Le nostre anime saranno legate da un vincolo di alleanza che Dio stesso ha garantito con la celebrazione di un sacramento». Se ogni sacramento celebrato è un patto di alleanza di Dio con l‘uomo, in modo preminente lo è il sacramento del Matrimonio. Solo i cuori che amano sono in grado di lanciare il loro affetto aldilà della siepe del tempo e di vivere la nostalgia di ricongiungersi dopo una separazione così sofferta come quella di una morte. Il suo desiderio di ricongiungersi nella luce di Dio con suo marito è legittimo, ma lo diciamo spesso: «Le vie di Dio non sono le nostre vie». Ognuno ha un progetto divino da compiere e sino a quando non è arrivato a maturazione, Dio investe sulla nostra capacità di fare il bene; un bene ai nostri occhi invisibile, ma realmente presente come il respiro nei polmoni.
Non dimentichiamo che la preghiera è un momento di vitale comunione anche con le persone che amiamo. La preghiera completa un triangolo della comunione; ecco i tre lati del triangolo: «Dio-noi-il prossimo», stretti in un abbraccio di amore. 
 


Una giovane amica di San Giuseppe 

Caro direttore della Pia Unione, sono Francesca Maria, una ragazza di quattordici anni. Le scrivo perché preghi San Giuseppe affinché aiuti mio padre che si trova in condizioni difficili essendo rimasto senza un lavoro sicuro. Lui è preoccupato per le necessità quotidiane della famiglia alle quali deve far fronte ed io vivo questo suo disagio senza poter fare nulla per lui che invece, insieme alla mia mamma, fa di tutto per non farmi mancare il necessario. I miei genitori non hanno mai sperperato o rincorso cose superflue e non necessarie pur garantendo a me una vita dignitosa e normale come gli altri giovani della mia età. Spero tanto che arrivi per lui e per tutta la nostra famiglia l’aiuto di San Giuseppe perché si risolva al più presto questa situazione che toglie a tutti noi la tranquillità di cui ha bisogno una famiglia. Ringrazio intanto il Signore perché la mia è una famiglia unita, che non è poca cosa!

 Francesca 

 
Carissima Francesca,
non solo ho la gioia solidale di condividere le tue preoccupazioni familiari, ma di rispondere per aiutarti a investire il futuro di speranza e di fiducia in Dio. Viviamo in un momento difficile economicamente. La fatica di doversi adeguare a un regime di vita accidentato per le difficoltà di lavoro è assai pesante. La tua giovane età, la capacità di entusiasmarti per le cause nobili ti fa scoprire risorse insospettate nelle radici del tuo animo. Non ultimo la risposta nella preghiera e nella fiducia in Dio. Dio-Padre ha mandato Gesù a condividere i disagi della nostra condizione umana.  A Nazareth ha vissuto con San Giuseppe il disagio di un lavoro precario. Anche la pratica di pietà del «Sacro Manto» riecheggia la difficoltà di vita della santa famiglia di Gesù.
Secondo la leggenda il «Sacro Manto» nasce da una circostanza incresciosa. Giuseppe aveva una commissione di lavoro, ma non aveva il legname per soddisfare questa richiesta, allora fu costretto a dare in pegno uno scialle, assai prezioso, che egli aveva regalato a Maria durante il tempo del fidanzamento. Avuto il legname ed eseguito il lavoro, andò per riscattare lo scialle, ma chi gli aveva prestato i soldi per il legname voleva tenerlo per sé, poiché usando lo aveva trovato giovamento per alcuni malanni che lo affliggevano. 
Tu prega, cara Francesca, e tieni davvero sotto questo Manto di protezione la tua famiglia. Ringraziamo Dio e chiediamogli la grazia che tu possa continuare a vivere in una famiglia unita che ti dà fiducia e la gioia di sentirti amata. Ricambia questo amore con il tuo impegno, studiando e conquistando traguardi prestigiosi di onestà e laboriosità, collaborando in famiglia.
 

 

Una nonna e i giovani amici di San Giuseppe 

Caro Direttore,
ho letto con piacere la preghiera dei ragazzi rivolta a san Giuseppe. Nei prossimi giorni celebreremo il 50° di matrimonio insieme a tutti i miei familiari figlie nipoti e vorrei solennizzare questa circostanza mettendo sotto la protezione di San Giuseppe i miei nipoti: Luca, Andrea, Mattia e Lucia.
 Se mi arriva la tessera d’iscrizione per la data del nostro cinquantesimo sarà per me una gioia consegnare ai miei nipoti questa devozione a San Giuseppe come un corroborante viatico per la loro esistenza.
La saluto e la ringrazio per la rivista di San Giuseppe che diventa sempre più interessante.

Guglielmina di Mandello

 
Cara signora Guglielmina,
innanzitutto le assicuro che lei e suo marito siete stati nel cuore della nostra preghiera per ringraziare Dio dei cinquant’anni di vita insieme e per la vostra testimonianza di vita cristiana. Il sacramento del matrimonio ha fatto fiorire nuove vite e ha alimentato un fiume di vita cristiana capace di riscaldare con il calore della fede tante zone ghiacciate della nostra società. Con l’affidamento dei suoi nipoti alla protezione di San Giuseppe, lei consegna un patrimonio di speranza alla custodia del papà terreno di Gesù.
Dio-Padre, creatore del cielo e della terra, l’onnipotente, ha affidato a San Giuseppe la custodia di Gesù. Si è fidato di quest’uomo; ha fatto sì che i sentimenti di amore verso il Salvatore fossero riversati da San Giuseppe su Gesù con uguale intensità, costanza e dedizione. L’obbedienza silenziosa di Giuseppe ha portato a maturazione le qualità umane di Gesù; egli si è dedicato con tutte le sue forze affinché nulla potesse mancare a quel Bambino che portava nella sua carne la missione di salvare il mondo. Spero che tanti genitori, nonni e nonne possano imitare il suo gesto di affetto e consegnare le speranze del futuro all’efficace paterna custodia di San Giuseppe.
 

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Trasmissione di Radio Mater condotta da don Mario Carrera, ogni 1° mercoledì del mese

Che bella gioia poterci salutare anche questa sera, stringerci idealmente la mano, guardarsi negli occhi e trasmettere uno sguardo di simpatia e, idealmente, percorrere un po’ di cammino insieme, conversare, pregare, meditare, contemplare.

Il nostro è un incontro di preghiera, di riflessione, una conversazione tra amici per come diceva papa Francesco qualche giorno fa della samaritana, lasciare la brocca al pozzo, liberarsi dalle preoccupazioni e correre ad annunciare la gioia di aver trovato in Gesù il punto fermo della nostra vita.

Vorrei ricordare quello che diceva un rabbino sulla carità: «Se vuoi sollevare un uomo dal fango e dalla melma, non credere di poter restare in alto, accontentandoti di stendergli la mano. Devi scendere tu pure nella sua melma e nel fango e afferrarlo con le mani forti e ricondurlo a te nella luce». Gesù è sceso dallo splendore del cielo e si è abbassato sino a noi.

Ascolta

Monday, 07 April 2014 09:46

Nella solitudine una voce amica

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«Oggi con me sarai in Paradiso»

di Madre Anna Maria Cánopi osb

Tre croci sul Calvario sorreggono tre uomini condannati alla morte più umiliante e atroce. Al centro l’Innocente, ai lati due malfattori. Ladri? Sediziosi? Non ha importanza. La morte li uguaglia. Ma quello che sta al centro ha una dignità incomparabile, pur ricoperto di sangue per la flagellazione e le percosse prima ricevute.
Gesù il Nazareno non grida, non impreca: guarda il cielo, implora il Padre per quelli che non sanno quanto grande sia la loro ignoranza: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34). È una tragedia che continua in ogni parte del mondo, su patiboli visibili e invisibili; su colli elevati e in sotterranei.
Wednesday, 02 April 2014 15:30

EucarIstia cuore vivo della carità

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di Nico Rutigliano

Quando nel Vangelo andiamo a leggere il racconto dell’Ultima Cena, troviamo che i tre evangelisti sinottici,  Matteo, Marco e Luca, ci parlano dell’istituzione dell’Eucaristia; invece, il quarto evangelista, Giovanni, ci descrive l’episodio della lavanda dei piedi.
 È interessante come si conclude il racconto: «Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio perché, come ho fatto io, facciate anche voi. In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica» (Giovanni 13,12-17).
Wednesday, 02 April 2014 15:26

Tre grazie a Dio

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Morire in casa con speranza

“Il buon morire” 

Nella sua omelia, il Papa commenta la prima lettura del giorno che racconta la morte di Davide, dopo una vita spesa al servizio del suo popolo. Sottolinea tre cose: la prima è che Davide muore "in seno al suo popolo". Vive fino alla fine "la sua appartenenza al Popolo di Dio. Aveva peccato: lui stesso si chiama 'peccatore', ma mai se ne è andato fuori dal Popolo di Dio!":
Wednesday, 02 April 2014 15:20

I suggerimenti di Elisabeth Kübler Ross

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L’approdo all’eternità

«Dobbiamo abituarci a far festa con “lo straniero” che è in noi, riconoscenti con quella gratitudine della benedizione dell’uliva - come scriveva nell’antichità Marco Aurelio -, la quale cadendo sul terreno ringrazia l’albero che l’ha prodotta». 
Il letterato André Malraux, accanto all’antica benedizione di Marco Aurelio ha scritto che «il pensiero della morte è il pensiero che rende uomini. Bisognerebbe festeggiare il giorno in cui, per la prima volta, si è riflettuto sulla morte, perché quello è il giorno che segna il passaggio alla maturità. L'uomo è nato quando, per la prima volta, ha mormorato davanti a un cadavere: "Perché?"»! Questo «perché» come un raggio di luce rossa percorre il tempo dell’umanità dal giorno della morte di Abele. 
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