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De Rossi lo definì «il più magnifico dei cimiteri sotterranei» di tutta Roma. Conserva le tombe dei primi papi e di altri martiri, tra i quali santa Cecilia. Da visitare durante l'Anno Santo

di Talia Casu

Una legge dell’antico codice delle XII Tavole ordinava che nell’Urbe nessun cadavere dovesse essere cremato o seppellito. Per questo motivo grandi e suggestive necropoli si svilupparono appena oltre la cinta muraria di Roma, lungo i percorsi viari.

Usciti da Porta san Sebastiano, attraverso le mura Aureliane, percorriamo la via Appia antica; superata la chiesetta del Quo vadis, tra il II e il III miglio, ci ritroviamo nel territorio dove ebbero origine e si accrebbero alcuni fra i più estesi cimiteri cristiani, oltre ad alcuni ipogei privati e due catacombe ebraiche. Sul lato destro troviamo le catacombe di San Callisto, «il più magnifico e gigantesco dei cimiteri sotterranei non solo della via Appia, ma di tutto il nostro suburbio», come ebbe a definirlo il grande archeologo Giovanni Battista De Rossi (1822-1894).

L’area di San Callisto si estende su una vasta superficie compresa tra la via Appia, la via Ardeatina e il vicolo delle Sette Chiese: trenta ettari di terreno di cui quindici a catacomba. Il cimitero sotterraneo è composto da quattro livelli di gallerie (per un totale di 20 km) e da numerosissime sepolture, circa cinquecentomila; al tempo della sua massima espansione era presumibilmente il più vasto cimitero della Roma paleocristiana. Inizialmente era diviso in diverse regioni indipendenti l’una dall’altra: tre scavate durante il III secolo, altre realizzate nel corso del IV secolo, al termine del quale i nuclei vennero messi in comunicazione. Il nucleo più antico della catacomba è quello dell’Area I, delle cripte di Lucina, la regione della Cripta dei papi e di santa Cecilia; le regioni di san Milziade, di san Gaio e sant’Eusebio, Occidentale e Liberiana, nella quale sono presenti importanti cripte.

L’area cimiteriale deve il suo nome al papa martire san Callisto I (217-222) il quale, al tempo in cui era primo diacono di papa Zefirino (suo predecessore), ebbe da questi l’incarico di custodire e amministrare il cimitero.

Nel sopratterra si possono osservare due basilichette, dette “Tricore”; in quella occidentale, con molta probabilità, vennero sepolti papa Zefirino e il giovane martire Tarcisio, ricordato solo in una iscrizione di papa Damaso e negli Itinerari.

Lo scalone d’ingresso ci introduce al percorso riservato ai pellegrini che si recano a San Callisto alla ricerca delle radici della fede. Seguendo la galleria si giunge alla Cripta dei papi, il “piccolo Vaticano”: la sepoltura collettiva dei vescovi di Roma, probabilmente realizzata dopo la morte di papa Callisto. L’ambiente attuale è verosimilmente il risultato dell’adattamento di un cubicolo doppio: a causa dei vari interventi, in particolare della monumentalizzazione voluta da papa Damaso e dei restauri del De Rossi al tempo della riscoperta, è pressoché impossibile individuarne la condizione originaria.

Qui trovarono sepoltura nove vescovi di Roma – il primo fu Antero (+236) – e tre provenienti dall’Africa settentrionale. Nella parete di fondo fu deposto il papa martire Sisto II, la cui sepoltura venne arricchita di una epigrafe damasiana in suo onore, insieme a quella dedicata ai martiri della catacomba.

Un passaggio realizzato nella parete di fondo, accanto alla sepoltura di Sisto II, permette di accedere alla Cripta di santa Cecilia, scavata nel IV secolo come retro sanctos alla Cripta dei papi, fatta ampliare da Damaso e, nel tempo, abbellita con pitture e mosaici. Nella parte bassa della parete di sinistra si apre una grande nicchia nella quale era posto il sarcofago che accolse il corpo della giovane martire Cecilia fino all’821, quando papa Pasquale I lo traslò nella basilica a lei dedicata in Trastevere. Al suo posto oggi si trova una copia della statua scolpita dal Maderno nel 1599, che volle riprodurre la posizione in cui venne trovato il corpo di Cecilia al momento della ricognizione. Mise in risalto la posizione delle dita delle mani: tre dita aperte nella mano destra e un dito nella sinistra. La tradizione afferma che la martire così testimoniava la sua fede nell’Unità e Trinità di Dio. Santa Cecilia, raffigurata due volte in atteggiamento di orante, è ricordata come martire solo a partire dal V secolo, al quale risale una passio che individua il sepolcro nell’ambiente a ridosso della Cripta dei papi. Da quella data il suo culto attorno al luogo della sua sepoltura conobbe un grande successo. Segno di tale devozione sono le decorazioni che adornano l’ambiente: l’immagine di Cristo Pantocràtor e accanto sant’Urbano, papa e martire, contemporaneo della santa. Nel lucernario si può ammirare la Croce tra due pecorelle e l’immagine dei martiri Polìcamo, Sebastiano e Quirino.

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