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Il servo di Dio Giovanni Vaccari e san Giuseppe

di don Bruno Capparoni

Vogliamo ricordare fratel Giovanni Vaccari in questo mese di marzo come modello di devozione a san Giuseppe. Ha lasciato alcuni quaderni di appunti spirituali, dati poi alle stampe, in cui troviamo intuizioni spirituali semplici ed edificanti; eccone un esempio: «O san Giuseppe, aumenta in me una fede viva verso l’Eucaristia e un amore filiale alla Vergine santissima»; «Gesù, siate la mia luce. O Maria, siate la mia speranza. O san Giuseppe, siate il mio rifugio».

Aveva abbracciato la vocazione del fratello guanelliano con una iniziale incertezza, in quanto sentiva forte dentro di sé l’ideale di essere sacerdote; non poté dare seguito a questa intenzione a motivo delle difficoltà negli studi e allora abbracciò la vita religiosa come strada eletta per la sequela di Cristo. In san Giuseppe fratel Giovanni vedeva un modello perfetto del religioso per la vita di fede, di unione con Dio, di umiltà, di silenzio, di obbedienza, di carità, di amore al lavoro e al sacrificio: «O san Giuseppe, che io viva la mia fede, una fede convinta come l’hai vissuta tu, come tu l’hai praticata»; «Fammi vivere una vita simile alla tua, nell’umiltà soprattutto [...] aiutami a farmi santo nell’esercizio della carità»; «O caro san Giuseppe, che il mio lavoro lo santifichi sempre sotto gli occhi di Gesù, di Maria e i tuoi». 

Animava gli altri fratelli laici guanelliani scrivendo lettere circolari piene di carità e sapienza. In una di queste, san Giuseppe è presentato come modello di santità alla portata di tutti: «Osserviamo la vita di san Giuseppe. Non ha compiuto cose straordinarie, ma ha fatto tutte le cose ordinarie in modo straordinario. Qui sta racchiusa tutta la sua santità. Fratello, tu che per vocazione sei chiamato alla santità, cerca di tradurre nella pratica la parola d’ordine che ci suggerisce san Giuseppe: O Servo della Carità, ti vuoi far santo? Abbi sempre tanta buona volontà». 

Fratel Giovanni da buon guanelliano riconosceva a san Giuseppe la custodia degli agonizzanti. Era iscritto alla Pia Unione fin dall’inizio della sua vita religiosa e durante la sua permanenza a Roma (1950-1965) andava frequentemente alla Basilica di San Giuseppe al Trionfale; manifestò anche grande gioia quando scoprì che la Pia Unione aveva radici in Spagna e che, sebbene decimata durante i turbolenti anni Trenta, ritornava pian piano a rifiorire. Per se stesso chiedeva soltanto una buona morte: «O san Giuseppe, che ogni giorno più mi stacchi da ogni cosa e affetto terreno, per desiderare unicamente il paradiso [...] aiutatemi a prepararmi in tutte le ore a ben morire»

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