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Nei momenti difficili, quando stiamo male, la cosa più normale è andare dalla mamma, chiedere il suo aiuto. Succede da bambini, da adulti e anche nella preghiera. Non a caso quando scompare una persona cara si recita il Rosario e l'Ave Maria la impariamo sin da piccolissimi. Naturale allora che nei giorni segnati da un virus terribile, i vescovi abbiano deciso di "affidare" l'Italia alla Madre celeste.

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Ma che cosa succederà nelle carceri italiane? Tutto resterà come adesso o cambierà qualcosa? E in che direzione? La pandemia ha portato a rigide limitazioni dietro le sbarre: vietati i colloqui con i familiari, volontari costretti a rimanere fuori, misure di distanziamento fisico (quasi impossibili nelle celle), niente corsi né laboratori con l’apporto di personale esterno. I detenuti sono troppo vicini, a causa del sovraffollamento, e quindi sempre più a rischio contagio (anche se con la mascherina).

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Il 14 maggio “ogni persona, in ogni parte del mondo, a seconda della sua religione, fede o dottrina” si rivolga a Dio per chiedergli di aiutare l’umanità a superare la pandemia. E’ la proposta avanzata dall’Alto comitato per la fratellanza umana (nella foto) “ai nostri fratelli che credono in Dio Creatore; ai nostri fratelli in umanità ovunque” in questo momento nel quale “il nostro mondo affronta un grave pericolo che minaccia la vita di milioni di persone”. Un appello al quale, ieri ha dato la sua adesione anche papa Francesco.

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