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A metà marzo si sono svolti ad Ariccia gli esercizi spirituali del Papa e della Curia romana in coincidenza con il sesto anniversario dell’elezione di Francesco al soglio di Pietro (13 marzo 2013). Predicatore è stato l’abate benedettino olivetano Bernardo Francesco Maria Gianni che ha dedicato le meditazioni al tema della presenza di Dio nelle città oggi.

“Quello sguardo sulla città - nota Mimmo Muolo su “Avvenire” - che richiama alla mente, per immediata associazione di idee, tanta parte del magistero di papa Bergoglio, dalla sottolineatura dell’importanza delle periferie (geografiche ed esistenziali) alla stessa dinamica di una Chiesa in uscita, evidentemente dal recinto del sacro verso strade e piazze e case degli uomini, cioè appunto verso quel paesaggio urbano che fa da scenario, sempre più spesso e (mal)volentieri, al vivere contemporaneo”. Il predicatore ha “centrato con la sua scelta uno degli argomenti più suscettibili di fecondo approfondimento che si potessero immaginare. Approfondimento escatologico innanzitutto, poiché come insegna la Scrittura, la storia dell’uomo è iniziata in un giardino, ma si concluderà in una città, la Gerusalemme celeste, già evocata diverse volte nelle meditazioni di questi esercizi. E poi approfondimento spirituale, quando quello sguardo si incrocia con la presenza di Dio che – ricorda padre Gianni – abita ancora, nonostante le apparenze contrarie, nelle nostre città e si tratta solo di scoprirne le tracce”.

“Testimonial” del discorso sulla città è stato Giorgio La Pira, il “sindaco santo”. “Nelle parole del benedettino si avverte nettissima l’eco dei tanti problemi che la cronaca quotidiana impietosamente ci consegna. Ma l’analisi va oltre la contingenza dei rifiuti e del trasporto pubblico, dello smog, del traffico e della delinquenza più o meno organizzata, per puntare all’essenziale. La radice di tutti questi mali, dice in sostanza padre Bernardo, sta nelle relazioni malate, nell’indifferenza o «schermatura di sé per proteggersi dagli altri e dalle responsabilità» che ci porta a essere isole nella corrente impazzita della fretta di un vivere senza una meta e senza un perché, come tanti personaggi da romanzo”. 

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