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Martedì, 05 Aprile 2011 13:31

Giuseppe, il falegname di Nazareth

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di Ferdinando Castelli s.j.

 

I libri su san Giuseppe non mancano; per Io più sono o lavori di esegesi e di devozione oppure opere di narrativa, alcune di alta qualità. Tra le pubblicazioni più moderne ricordiamo: P. Barbagli, Giuseppe nel Vangelo; J. Galot, San Giuseppe; i volumi di p. Tarcisio Stramare, Jan Dobraczynski, L’ombra del Padre. Opere - e molte altre come queste - di alto livello scientifico o letterario. Ultimamente Giovanna Ferrante, scrittrice, giornalista milanese, ha pubblicato un volume - Giuseppe, il falegname di Nazareth (Ancora 2011, pp.141, € 10.50) - nel quale teologia, devozione e poesia, si fondono e si armonizzano, così da offrire un lavoro ricco di fascino e d'interesse.
Il volume “si sviluppa su due piani: le parti in corsivo sono quelle in cui l’autrice immagina Giuseppe sul letto di morte,  assistito da Gesù e da Maria. Nei capitoli che via via si susseguono, Giuseppe rivisita la tappe fondamentali della sua vita, rivive gli eventi più importanti, ravviva i ricordi delle persone, cerca di comprendere la missione che Dio gli ha assegnato" (p.10). In tal modo l'Autrice ha la possibilità di narrare la straordinaria vicenda umano-divina di S. Giuseppe, ritraendola dal vivo, grazie a tre elementi di cui ella dispone in termini eccellenti: la conoscenza del Vangelo e delle scritture del tempo, una notevole capacità evocativa e descrittiva, infine un filone poetico e fantastico che dà al tutto vivacità e colore.

Dall’insieme vien fuori una serie di quadri ricchi di contenuto, di stupore e di ammirazione.
Giuseppe è l'uomo del silenzio. "In tutto il Vangelo non è riportata una sola parola di questo falegname/carpentiere, chiamato a svolgere una missione umanamente impossibile: essere padre di Gesù senza esserne genitore; sposo di Maria senza esserne marito". è l'uomo del nascondimento. ''Pur essendo il  capofamiglia, non è mai protagonista […] è una figura in ombra, spesso rappresentato in disparte, in atteggiamento pensoso". è l'uomo dei sogni. "Sulla scia dell'antico Patriarca Giuseppe […], riceve i messaggi di Dio attraverso angeli che gli appaiono in sogno. E a questi sogni Giuseppe obbedisce: ‘Fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore'" (p. 9ss).
Il volume – dicevamo – ritrae al vivo i personaggi o gli eventi. Giuseppe è a letto, malato. Osserva e ricorda. "Maria è qui nella stanza, è venuta a controllare il mio dolente torpore di malato. Ne avverto la presenza, apro gli occhi, le sorrido. Lo sguardo di Maria. è l’infinito che mi guarda, è la preziosa perfezione. Attraverso il suo sguardo, il suo mondo privato e interiore si è affacciato al mio mondo, e lo ha trasformato" (p. 35). I ricordi affollano l'anima del malato in una successione di stupore, di sofferenza, di luce e di ombre, di gratitudine.
Come in un film, scorrono davanti ai suoi occhi gli anni dell'infanzia e della giovinezza. Sua madre, Rachele: "Ti ho tanto amata madre, con pudore, non riuscendo mai a esprimere con i gesti e le parole quel sentimento profondo che provavo per te" (p. 55). Suo padre, Giacobbe: "Padre giusto e onesto, d'una onestà che con l'esempio hai trasmesso anche a me" (ivi). Sara, vicina di casa, "l’amica più cara di mia madre"; il barcaiolo Attaj, vecchio amico di un tempo; i tre Magi: "Chi sono io, Giuseppe, fra questi grandi? Sono confuso, non riesco a pensare, sbalordito d’innanzi al mio destino che cammina su strade sconosciute, io non posso che seguirlo questo destino, la voce di Dio che è al mio fianco e che dispone per me il mio percorso. Non lo avrei mai immaginato, mai avrei pensato di vivere questo, io, piccolissima persona, anonimo come sperduto tra migliaia di nomi, minuscola storia che Dio ha sfiorato con la sua carezza" (p.75).
Evidentemente Maria e Gesù, nello sguardo nitido dello sua memoria, occupano il primo posto. Entrambi a lui vicinissimi e lontanissimi. Vicinissimi perché legati a lui dal vincolo familiare che comporta convivenza, comunione di sentimenti, dedizione amorosa; lontanissimi perché avvolti in un mistero che stordisce ed esalta. “Maria e Gesù. Qui accanto a me, espressione di purissimo e assoluto amore". L'amore di Giuseppe è totale, ma non esclude un sentimento di estraneità per la dimensione divina che avvolge la Sposa e il Figlio. “Gesù: lo guardo. è mio figlio. Ma è altro da me'' (p.109). Intuisce questa alterità quando ritrova Gesù dodicenne nel Tempio. “è uomo e Dio, è il Redentore atteso" (p.111). Gesù lo proietta tra due abissi: il suo ruolo di padre e la sua povertà di uomo. "Figlio. Nonostante la Tua incarnazione prodigiosa sei mio figlio. Io, tuo padre" (p.131).
La memoria continua a scorrere ma l'infermità ne rallenta il ritmo fino a spegnerla. Le mani rifiutano la loro funzione, le palpebre si sollevano con fatica, l’avventura terrena volge al termine. "Fui travolto dalle iniziative di Dio, iniziative al di là della nostra possibilità di comprensione". L'ora suprema incombe. "Poi sarà l’immensità. Poi sarà l'eternità. Poi sarà lo svelamento del Mistero nel quale per tutta la vita ho creduto. Poi sarà l'incontro con Dio, Dio che per tutta la vita ho amato, Dio al quale mi sono affidato'' (p.15ss). La scena di questo mondo si conclude con una preghiera fiduciosa e amorosa. "Fa’ che non ci sia distacco, ma perenne partecipazione al Tuo disegno".
Per il suo lavoro Giovanna Ferrante si è servita, oltre che delle fonti canoniche, dei Vangeli apocrifi, della tradizione della Chiesa e della sua fantasia illuminata dalla fede e dal ricordo del suo padre terreno.
A lui è dedicata la postfazione, commossa e percorsa dalla speranza. “Ci ha unito un grande amore e l'amore va oltre la vita, oltre i confini di ciò che è visibile".
Un volume, questo Giuseppe. Il falegname di Nazareth, riccamente illustrato, che ci offre del Santo una immagine cordiale, quasi di uno vicino a noi.

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