700° anniversario dalla morte di Dante Alighieri

di Stefania Severi

Terminiamo i nostri brevi incontri con Dante ricordando il suo capolavoro, la Comedìa, alla quale successivamente Giovanni Boccaccio attribuì l'aggettivo “Divina”. Nella Comedìa, che noi ormai chiamiamo Commedia, Dante narra del suo viaggio nei tre regni dell’aldilà a partire dall’Inferno per poi affrontare la montagna del Purgatorio e, dalla sua sommità su cui sorge il Paradiso Terrestre, salire in Paradiso.

Nei primi due regni gli è di guida il poeta Virgilio mentre nel Paradiso lo accompagna Beatrice, che incarna la Sophia, la Sapienza Divina, trasportandolo tra i cieli fino nell’Empireo, dove può per un istante cogliere la luce di Dio. È pertanto un viaggio di purificazione sia per l’autore che per i suoi lettori. 

Il poema è diviso in tre cantiche, ciascuna di 33 canti, salvo l’Inferno che ne ha 34, in quanto c’è un canto di proemio; ogni canto si compone di un numero variabile di versi raccolti in terzine. I versi sono in totale 14.233. Il tre è il numero che ricorre in tutto il poema ed è numero perfetto e della Trinità. Recentemente si sono moltiplicati gli studi sulla numerologia nella Commedia e di particolare interesse, in tal senso, sono state le conferenze del prof. Franco Nembrini diffuse da SAT 2000. Le connessioni non sono solo numeriche ma anche concettuali, ad esempio i canti VI dell’Inferno, del Purgatorio e del Paradiso, sono i canti politici in cui Dante parla rispettivamente di Firenze, dell’Italia e dell’Impero. Altra connessione è la parola “stelle” con la quale terminano tutte e tre le cantiche: uscendo dall’Inferno Dante esclama «E quindi uscimmo a riveder le stelle»; mondato nel Purgatorio è «puro e disposto a salire alle stelle»; nel Paradiso riesce per un istante ad avere la visione di Dio «l’amor che move il sole e l’altre stelle».

Dante indica l’inizio del suo viaggio al 25 marzo, che è stato recentemente scelto come Dante dì, la giornata a lui dedicata, nell’anno del primo giubileo della storia, indetto da papa Bonifacio VIII, il 1300.  La stesura del testo è avvenuta in vari anni, dai primi del 1300 al 1319 circa, e, mano a mano, il linguaggio è andato raffinandosi fino a raggiungere, nel Paradiso, la forma di un volgare illustre. 

Come sono nati la struttura della Commedia e tutti i riferimenti in essa contenuti? Dante ha attinto da numerose fonti, in primo luogo la Bibbia, talora trasformandole, ma ha creato anche situazioni assolutamente originali. 

Interessante è la scelta di Virgilio come guida, infatti Dante non vede in lui solo il raffinato scrittore dell’età di Augusto ma anche, e soprattutto, la sua interpretazione profetica, tipica del cultura medioevale che, nella sua IV Egloga delle Bucoliche, individuava la predizione della nascita di Cristo. Inoltre Virgilio nell’Eneide parla di un viaggio nell’Ade, quello di Enea per poter parlare col padre Anchise e trarre gli auspici per il futuro di Roma. 

Molti degli elementi dell’Inferno sono stati suggeriti dalle raffigurazioni del Giudizio Universale che ornavano le chiese dell’epoca. In particolare Dante vide il mosaico del Battistero di San Giovanni a Firenze, dove Coppo di Marcovaldo aveva raffigurato Lucifero con tre bocche con le quali stritola altrettanti dannati. L’immagine torna puntuale nell’Inferno dove i tre dannati sono Giuda, il traditore di Cristo, Bruto e Cassio, i traditori di Giulio Cesare. 

Nella Commedia sono presenti influssi del pensiero di Platone, di Aristotele e della sua Etica Nicomachea, dei Padri della Chiesa e soprattutto di San Tommaso. Una cultura vastissima emerge dai versi danteschi in cui la passione politica, la profondità del pensiero teologico, le conoscenze filosofiche, le annotazioni storiche, i ricordi letterari sono armonicamente fusi in un verseggiare elegante che si riallaccia al Dolce Stil Novo. Con la Commedia nasce il primo capolavoro in lingua italiana.