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«L'essenziale è invisibile agli occhi»

di Mario Carrera

Un evento, un’email, un’emozione e la certezza che il raccontarsi è il respiro delle comunione tra le persone. In un venerdì di quaresima di quest’anno papa Francesco ha voluto far risplendere la perla di un’opera di misericordia visitando l’Istituto per ciechi Sant’Alessio. Il giorno successivo il direttore del Sant’Alessio, Amedeo Piva, amico solidale nel coltivare il bene, mi ha invito un’e-mail raccontandomi l’evento vissuto in prima persona.

Mi scriveva: «Ero preparato ad ascoltare un bel discorso, parole giuste per la circostanza, forse uno spunto sulla cecità come metafora… macché, niente di tutto questo, l’insegnamento è stato un altro e non è passato dalle parole. Francesco ha voluto incontrare tutti i nostri assistiti ma, poiché la sua presenza non poteva essere percepita con la vista, li ha voluti abbracciare uno ad uno, così che la sua prossimità fosse loro comunicata senza mediazioni verbali, con la fisicità dell’abbraccio. Ha risposto alle domande dei bambini, che non vedendolo ma sentendo il calore dicevano: Sei proprio il papa?. Sì, sono il papa!».

Per noi vedenti, guardando la foto, si apre uno spiraglio di luce: la bambina sollevandosi sulla punta dei piedi tocca, tasta, con la punta delle dita e nella sua immaginazione disegna il volto di papa Francesco, quasi per imprimere un volto nella sua anima e scolpire le parole che il papa con voce sommessa suggeriva ad ogni bambino che accarezzava il suo volto.  La visita di papa Francesco si presenta a noi come un’esemplare modello di comunicazione interpersonale, in cui anima e corpo sono stati armoniosamente coinvolti.

I due personaggi sono talmente comunicativi che sarà difficile dimenticarli, poiché la foto con il papa è la narrazione di una pagina evangelica che ci rivela «come vedono i ciechi», come ricordano meglio e come scoprono le realtà mantenute in vita dalle nervature invisibili.

Alla scuola dei sentimenti e dei desideri si diventa protagonisti di un' esistenza che sviluppa gli elementi essenziali per crescere e maturare. I ciechi vedono più di noi. E ricordano meglio. Perché i ciechi "toccano", arrivano al contatto. Il contatto permette l’intimità, nel contatto si possono dire cose altrimenti indicibili.

La percezione con le dita può essere un contatto repentino, è un attimo, se perdi quell’attimo quelle cose non le dirai mai più, per tutta la vita. Se cogli l’attimo, e riesci a raccontare quelle cose, tutta la tua vita cambia, acquista un altro senso, non solo per gli altri (per i quali «tu sei quello che ha parlato così»), ma anche per te stesso, ché una parola detta ti spinge alla coerenza.

Nella foto la bambina e il papa si sono parlati brevemente, una frase per ciascuno: «papa, ti voglio bene». La risposta: «Ti voglio bene anch’io».

Senza parole non si possono certo approfondire contenuti e articolare ragionamenti, ma si può far sentire la presenza e infondere la speranza.

L’amico direttore del Sant’Alessio di Roma nella sua lettera confidenziale dice che «nella sua visita il papa ha fatto sentire la sua presenza e ha acceso speranze per motivare una vita: due doni non trascurabili per gli assistiti del Sant’Alessio e le loro famiglie. Ma il messaggio è per tutti: non è necessario essere ciechi per recuperare le dimensioni che vanno oltre le parole; il silenzio, la presenza, la testimonianza e la prossimità sono a volte comunicazioni di gran lunga più significative ed efficaci».

I gesti e le parole di papa Francesco: fari luminosi sulle direttrice della vita cristiana autentica. 

Anche il periodo estivo ampia gli spazi del dono di un tempo da offrire  al disagio dai mille volti.

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