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di Gianni Gennari

Siamo, ormai da dieci incontri (questo è l’undicesimo) alla ricerca del “volto” del Dio in cui crediamo. Il Credo infatti comincia da Lui. “Credo in Dio”. Chi è dunque il nostro Dio? Abbiamo visto via via come una religiosità naturale si afferma nella vicenda dell’umanità alla ricerca di superare i limiti di conoscenza e di potere sulla realtà della natura che accompagna, ma anche sovrasta l’umanità facendole fare l’esperienza dei suoi limiti, fino a quella del morire.
Nascono così quelle che chiamiamo “religioni naturali”, in cui l’ignoranza e l’impotenza dell’uomo generano una visione della divinità come riflesso all’opposto dei limiti sperimentati: la divinità, gli dei, sono grandi e l’uomo piccolo, sono sapienti e l’uomo ignorante, sono forti e l’uomo debole… Ecco “i miti”, che descrivono la superiorità delle divinità cui sono attribuiti gli aspetti misteriosi e sconosciuti dell’esperienza umana, ed ecco “i riti”, che dovrebbero servire, con offerte e sacrifici alle divinità, a proteggere l’uomo dai pericoli che la natura gli presenta e che egli non può dominare… La religione naturale, concepita e come inventata dagli uomini, è un antidoto a ignoranza e impotenza. In essa la divinità è opposta all’umanità, lontana, superiore, e protegge solo chi offre sottomissione e sacrifici…
è molto in sintesi, il panorama millenario delle religioni naturali, fino al politeismo antico, e alle sopravvivenze di esse nei popoli ancora primitivi e nei residui ancora vivi in società indigene di vari continenti, culto degli spiriti, dei morti come vivi, voodoo e altre infinite varietà che gli antropologi della religione continuano ad analizzare e descrivere. La “prima” rivelazione di un Dio diverso

Ad un certo punto nel panorama delle civiltà dell’uomo irrompe la coscienza di una nuova rivelazione, in cui si manifesta un Dio che ha creato il tutto, “cielo e terra”, e chiama Abramo, entrando in alleanza con i suoi discendenti e promettendo un futuro diverso, moltiplicato in tutti i beni. Questo Dio promette salvezza e liberazione a Mosè nell’esilio egiziano, stringendo un Patto e dettando una Legge in cui afferma la sua vicinanza, la sua presenza, la sua unicità e chiede ascolto alle sue “Parole”. E’ un Dio, infatti, che non si vede – nessuna immagine! – ma parla e si fa sentire. Quindi le sue “parole” dopo l’affermazione della sua realtà di Dio unico, che non è un idolo muto, ma parla, impongono al popolo l’obbligo di riconoscerne la vera “immagine” nella creatura umana fatta maschio e femmina da rispettare, difendere, liberare operando giustizia e diritto, in fin dei conti da amare come prossimo. Ecco “la Legge”, riassunta anche da Gesù di Nazaret nel comandamento unico in due forme, la seconda “simile” alla prima: “Amerai Dio con tutto il tuo cuore, con tutte le tue forze…e amerai il prossimo come te stesso!”
Questo Dio, però, non è come gli idoli antichi. Essi erano l’opposto dell’uomo, e la crescita dell’uomo in conoscenza (scienza) e in potere sulla natura (tecnica), ne  diminuiva importanza e necessità. Il progresso di conoscenza e di potere umano rendeva via via superfluo, poi inutile, poi addirittura negativo  il sentimento di inferiorità e di dipendenza dalla divinità, che risultava sempre più chiaramente limitante e oppressiva. Il Dio di Israele è diverso: parla e vuole essere riconosciuto nel prossimo da amare, cui fare “giustizia” e riconoscere “diritto”, con “compassione e misericordia”. Dio e l’uomo, dunque, in un solo amore…
Ma questa identificazione concreta con Dio era “la promessa”, e annunciava la sua realizzazione nella venuta del Messia…

La rivelazione definitiva: Gesù Messia, Figlio di Dio incarnato, Dio egli stesso

E il Messia – qui siamo giunti nell’ultimo incontro – è realtà in Gesù di Nazaret, in cui si fa presente Dio stesso, che si è incarnato nel grembo di una ragazza di nome Maria, madre dell’uomo Gesù, Figlio di Dio e Dio stesso. Siamo alla novità totale. Dio e l’uomo diventano una cosa sola nella persona di Gesù Nazareno. Ecco perché Egli dice ai discepoli: «Se conoscete me, conoscerete anche il Padre», ed ecco perché quando immediatamente Filippo gli replica: «Signore, mostraci il Padre e ci basta», Egli insiste come meravigliato e un po’ deluso: “Filippo, è tanto tempo che sono con voi e tu ancora non mi hai conosciuto? Chi vede me, vede anche il Padre mio”. (Giovanni 7, 9)   
Per questo l’hanno crocifisso. Uno che si fa Dio, in un contesto della religione ebraica del tempo in cui Dio era l’innominabile, l’intoccabile, l’irraggiungibile, da accostare da lontano nel Tempio e solo dalla stirpe di Levi, quale altra sorte poteva attendersi? Con la rivelazione della divinità di Cristo, nato, morto e risorto, abbiamo la novità assoluta della fede cristiana. Conoscere Dio in Cristo, dunque, è anche – ecco la continuità con le dieci parole e con la sostanza della “prima” rivelazione – riconoscerlo nel prossimo, e perciò amare Dio significa amare l’uomo. Ecco la novità finale, scritta nella prima lettera di Giovanni 4,20: «Se uno dicesse: Io amo Dio e odiasse il suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede». E’ una unicità totale in tutta la storia delle religioni presenti nella civiltà umana. Ne segue che chi si riempie la bocca di Dio, ma lo fa dimenticando, o addirittura allo scopo di potersi permettere di dimenticare l’uomo, per calpestarne i diritti ed umiliarlo, è colui cui va imputata la massima empietà, la più grave bestemmia, l’essenziale antireligione, il vero e colpevole ateismo.
Perciò il cristianesimo non è una religione tra tante altre che hanno avuto corso nella storia, ma una fede. Nella religione l’uomo si innalza e cerca di arrivare a Dio abbassandolo alla misura delle sue urgenze di conoscenza e di potere terreni. Nella fede Dio scende di sua iniziativa, crea prima e poi si rivela nella parola e nella presenza e si offre. Non siamo noi che lo tiriamo giù dal cielo per impadronirci della sua divinità: – questa è una fissa dei miti greci e di tante altre religioni storiche. Non c’è più spazio per miti e riti, perciò la fede come tale non è strumento di scienza sul mondo o di dominio delle forze della natura. Dal punto di vista utilitaristico essa non serve a niente. Se si vuole costruire su di essa una carriera di scienza e potere terreno non serve a niente, pur dando senso ultimo a tutto…
L’unica ragione che Dio ha di creare, e poi di amare le sue creature, è che non ha alcuna ragione, ma lo fa in assoluta gratuità, perché Lui è l’Amore. Ecco finalmente il volto cristiano di Dio creatore e salvatore, rivelato in Gesù Cristo che lo chiama Padre. Il Padre, “Dio prima di noi”, ci ha donato il Figlio, l’Emanuele, “Dio con noi” in Gesù Cristo, che muore, risorge e allontanandosi per prepararci un posto dona a noi lo Spirito Santo, “Dio dentro di noi” nella storia. E’ il Dio del nostro Credo. Il primo oggetto delle nostre riflessioni mensili.
Ecco il vero nuovo: Gesù di Nazaret, nato dal grembo di una donna del popolo, offerto fraternamente come pane che si spezza per tutti, è l’acqua che sgorga dal grembo di Dio e invade la storia, servendosi anche di quei Dodici, poveri uomini peccatori, che hanno formato la prima comunità di cristiani, e apre la via nella storia e fino alla vita eterna. Cristo morto e risorto è tornato al Padre, ma non ci ha lasciati soli. La Pentecoste è l’invasione dello Spirito Santo nella nostra vita. Tutta la nostra vita, se vogliamo, è guidata, sorretta,  accarezzata da Dio, anche quando non lo sentiamo: Gesù era amato dal Padre anche quando sulla croce pareva che fosse dimenticato. «La speranza - dice Paolo - non delude perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori». (Romani 5,5)
Questo è l’annuncio del vero Dio in cui crediamo, che in Gesù ha dato origine alla Chiesa nella quale viviamo, e che è al servizio dell’umanità tutta, chiamata a salvezza in Cristo e nello Spirito Santo che ci chiede, già ora, di cambiare la faccia della terra perché cominci a somigliare, il più possibile, al cielo. Alla prossima riflessione.

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