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La "Gaudium et Spes"

di Madre Anna Maria Cánopi, osb

Dopo aver considerato sotto vari aspetti l’altissima dignità della persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio, i Padri conciliari si dedicano nella II parte della costituzione Gaudium et Spes a considerare alcuni urgenti problemi contemporanei: la famiglia, la cultura, la vita sociale, economica e politica, la pace. Anche se sono trascorsi cinquant’anni dalla chiusura del Concilio, tali problemi continuano a rimanere “attuali”, anzi, la loro urgenza in alcuni casi si fa oggi più pressante. Sono problemi di tale portata e complessità che non è certo possibile trattarli nel breve spazio di un articolo, né, d’altra parte, avrei la competenza necessaria a tale scopo.

 

Tuttavia, essi non possono non interrogarci e ci chiedono, come scrive Papa Francesco nella Evangelii Gaudium, di assumerci la «responsabilità grave» di considerare i “segni dei tempi”, per trovare risposte adeguate a realtà antiche e nuove che toccano da vicino l’uomo nella sua realtà più intima e profonda di creatura nata per amare e desiderosa di felicità, ma che si scontra continuamente con una realtà di dolore, di sofferenze personali e comunitarie, di divisioni, di fallimenti, di angoscia. Questo nostro tempo ha più che mai bisogno della presenza incisiva di cristiani dal cuore veramente conforme a quello di Cristo, capace di chinarsi con tenerezza sulle ferite di un’umanità tanto provata; ha bisogno di cristiani che stiano in attento ascolto dello Spirito per essere autentici testimoni della Verità e dell’Amore, e perciò costruttori di comunione.

Se si considera con attenzione, ci si rende conto che proprio questo è il vero intento e l’argomento essenziale di tutti gli “urgenti” problemi su cui si sofferma la seconda parte della Gaudium et Spes. Tutto dipende da come si imposta la vita: se la si intende come comunione o, al contrario, come proprietà privata; se la si vive come bene ricevuto e da ridonare o come possesso esclusivo; se si mettono al centro Dio e i fratelli oppure il proprio “io”.

Oggi, purtroppo, la bilancia si sposta dalla parte dell’egoismo, dell’individualismo, dell’amor proprio. Stiamo vivendo in un periodo di transizione di epoca e, quindi, anche in una situazione di crisi globale che intacca tutti i valori. Alla radice – bisogna riconoscerlo – c’è soprattutto la misconoscenza del valore dell’uomo, della persona nella sua dimensione e dignità naturale e soprannaturale. Ad essere particolarmente investita da questo “tsunami” devastatore è quindi la famiglia, che è la culla della vita umana, come è pure la cellula primordiale della società e, per quanto riguarda la fede cristiana, una “piccola Chiesa” domestica.

Come già si legge nella Gaudium et Spes, «la dignità di questa istituzione non brilla dappertutto con identica chiarezza poiché è oscurata dalla poligamia, dalla piaga del divorzio, dal cosiddetto libero amore e da altre deformazioni», che in questi ultimi tempi – basti pensare alle delicatissime decisioni in materia di bioetica – stanno destando crescente preoccupazione. «Per di più l’amore coniugale – continua il documento conciliare – è molto spesso profanato dall’egoismo, dall’edonismo e da pratiche illecite contro la fecondità». Tutto ciò causa molto disorientamento nei più semplici e soprattutto nei piccoli che sono le prime vittime innocenti di scelte aberranti dettate da egocentrismo. L’ormai imminente Sinodo sulla famiglia ci impegna perciò seriamente innanzitutto a pregare perché esso «possa ridestare in tutti la consapevolezza del carattere sacro e inviolabile della famiglia e la sua bellezza nel progetto di Dio».

Essa è il luogo privilegiato «dove si impara a vivere insieme nella differenza e ad appartenere ad altri» (Evangelii gaudium, 66). L’importanza della famiglia è veramente fondamentale ed è per questo che il maligno cerca di distruggerla togliendole il valore della stabilità e dissacrandola riguardo all’accoglienza della vita. In essa è entrata la logica del provvisorio e del godimento sensibile, proprio l’opposto di ciò che può costituire una realtà stabile, una relazione per sempre fedele e feconda, generosamente al servizio della vita. Tuttavia, anche in questo caso non bisogna cedere al pessimismo al punto da non vedere nulla di positivo su cui far leva per ricuperare gli autentici valori e ridare alla famiglia il suo vero volto, somigliante alla Divina Famiglia – la Santissima Trinità – che mediante l’Incarnazione del Figlio si è fatta visibile e imitabile nella Santa Famiglia di Nazareth.

Confortanti a questo riguardo sono le parole che il Santo Padre Francesco – il quale tra l’altro sta dedicando alla famiglia una serie di Catechesi del mercoledì – ha detto aprendo il Convegno Ecclesiale di Roma: essere famiglia, essere padri e madri «è una chiamata bellissima perché ci fa essere, in modo del tutto speciale ad immagine e somiglianza di Dio. Diventare papà e mamma significa davvero realizzarsi pienamente, perché è diventare simili a Dio. Questo non si dice sui giornali, non appare, ma è la verità dell’amore». E sappiamo che «non c'è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (cf. Gv 15,13). Ecco, «nella famiglia – dice ancora il Papa – si vivono queste parole di Gesù; esercitando la paternità e la maternità voi donate la vostra vita e siete la prova che vivere il Vangelo è possibile e rende felici». Felici di quella vera felicità per cui è fatto il cuore dell’uomo.

Certamente, attualmente la famiglia è in crisi; si tratta di una crisi mondiale; per questo occorre che tutti i cristiani vivano in modo esemplare, nel contesto sociale paganeggiante, i valori cristiani, mostrandone così la perenne novità. Questo impegno esige estrema vigilanza per non lasciarsi trascinare dalla corrente mondana. Ci occorre una chiara consapevolezza della nostra personale responsabilità, qualunque sia la forma di vita che abbiamo scelto. Oserei persino dire che deve sentirsi tanto più coinvolto chi ha rinunciato al matrimonio per consacrare la propria vita a Dio in favore di tutti, affinché si giunga a formare l’unica universale famiglia di Dio alla quale è promesso il Regno dei cieli, la vita in perfetta comunione d’amore e pienezza di gioia nella dimora dell’eterno Padre. Vorrei concludere riportando un piccolo stralcio del “Credo della famiglia” del teologo-poeta Maurice Zundel:

Credo nella trinità umana: padre, madre e figlio.
Credo nella verginità della paternità e della maternità autentiche.
Credo nella verginità dell’amore.
Credo nella comunione della luce nella quale le persone si generano a vicenda.
Credo che l’amore è un sacramento che bisogna ricevere in ginocchio.
Dio è il Dio dei corpi, nella stessa misura in cui i nostri corpi sono chiamati a diventare il corpo di Dio per dare lacrime al Suo dolore e, ancor più, per rendere percepibile il sorriso del Suo Amore.
Non per caso esiste la trinità umana, ed è impossibile non vedere in essa la più bella immagine della Trinità divina.

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