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di Ottavio De Bertolis

Quarto mistero della luce

Questa scena ci prepara alla rivelazione della gloria di Gesù, cioè al mistero stesso del suo dolore. Come nell’Antico testamento, scende una nube: questa è segno della presenza di Dio, e quando Dio si manifesta, il mondo rimane come nascosto, velato. Dio si manifesta come una nube, simbolicamente, non solo perché Lui è il mistero per eccellenza, l’Inafferrabile, ma anche perché, come quando scende la nebbia, le strade che prima ci sembravano così ovvie e normali, cioè la nostra vita di sempre, diventano invece impercorribili, e dobbiamo fermarci. Così quando Dio si manifesta, anche noi dobbiamo fermarci, perdiamo le nostre sicurezze, impariamo a ricercare e ad ascoltare.
Così, per prose­guire nella metafora, quando Gesù si manifesta, fa risplendere il Suo volto su di noi, così, quasi per contrasto, il mondo svanisce, le sue attrattive perdono credibilità, si appannano e sfumano, perché conosciamo la vera luce, quella che illumina ogni uomo, e così tutte le false luci si rivelano per quello che sono, ombre ed illusioni. Questo mistero ci conduce al cuore più profondo della preghiera: questa non è solo una ripetizione di parole, o dei riti compiuti, ma come un fiammifero che si accende in una stanza buia, un bagliore che in un attimo pervade il nostro animo, che lascia nel suo fondo una scia di consolazione, di presenza, anche quando il buio o la nebbia sarà scesa di nuovo nelle nostre vite. 
Quando Gesù si manifesta sul serio, la nostra vita cambia, e quel che era sicuro, le nostre abitudini, anche buone, anche religiose, si rivelano per quel che sono, e al loro posto sopravviene qualcosa di nuovo, la preghiera vera, la sequela vera, sulla via della croce. Infatti Gesù si manifesta nella sua gloria proprio per preparare i suoi discepoli a quello che dopo dovrà avvenire, cioè alla sua consegna volontaria agli uomini e al mistero della sua Passione. In questo modo, le parole di Mosè e di Elia, la Legge e i Profeti, cioè tutto l’Antico Testamento, viene come compreso ad un livello più profondo, più vero: la Parola di Dio viene percepita non come estranea, come “dal di fuori”, ma come la parola detta per me, la “mia” Parola, quella che parla a me di me stesso e, rivelandomi Gesù, rivela a me il senso della mia stessa vita. Gesù svela il senso delle Scritture, proprio come accadrà ai discepoli di Emmaus, e mostra come esse si manifestano appieno nella nostra vita.
Il volto di Gesù si illumina, lo splendore apparente del mondo scolora; ciò su cui avevamo costruito la nostra vita si rivela ingannevole, e si presenta la roccia vera, quella scartata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, Gesù Cristo stesso. E di nuovo, come nel battesimo, si fa udire la voce del padre: “Ascoltatelo”. In fondo, il nostro ascolto, per quanto ci possa sembrare strano, non è opera nostra, frutto della nostra buona volontà, ma è un miracolo compiuto dal Padre: è Lui che di dona lo Spirito Santo, che ci ricorda quello che Gesù ha detto, è Lui che illumina il volto di Gesù su di noi, che altrimenti rimarrebbe nell’ombra, o velato, e in tal modo, anche se è davanti a noi, noi siamo incapaci di vederlo. Infatti, ogni dono perfetto viene dall’alto, e proviene dal Padre della luce: e il dono perfetto è precisamente lo Spirito santo, quello che il Padre dona a coloro che glielo chiedono. 
E così la nube è anche la nube che riempie l’assemblea di Israele, il santuario dedicato a Dio nell’Antico Testamento, e che scende su Maria, che impersona la Chiesa: “come ombra si stenderà su di te la potenza dell’Altissimo”. In fondo – e qui possiamo vedere come i misteri del rosario siano tra di loro collegati, perché in ognuno c’è la totalità di Cristo e della sua azione santificante – qui c’è una specie di Pentecoste, un’effusione dello Spirito santo. Pregare con questo mistero ci aiuta a chiedere per ognuno, con le parole del salmo, che il Signore faccia splendere il suo volto su di noi, perché davanti al suo volto c’è la grazia e la fedeltà del Padre: fedeltà in tutte le parole del Signore, amore in tutte le sue opere, e questo è riassunto in Cristo stesso, in ognuna delle sue parole e delle sue opere. Possiamo pregare perché tutto questo ci prepari a “reggere l’urto” della croce, del mistero del dolore e della sofferenza, il mistero del male che esiste nel mondo e che si accanisce contro il giusto e lo mette alla prova: Gesù infatti ci conduce alla sua sequela, a vivere come Lui, illuminati da Lui e da Lui continuamente sostenuti, partecipi della sua Passione e anche della sua gloria.   
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