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Giuseppe sposo di Maria, come tutti gli uomini di ogni tempo, avrà avuto il suo sogno della vita, quello di realizzare attraverso una relazione sponsale, una famiglia con la moglie e una prole numerosa. Ma i nostri sogni non sono mai corrispondenti al progetto di vita, che Dio riserva a ogni sua creatura. San Giuseppe, pieno di angoscia per la sua vicenda cede al sonno; un sonno consolatore dove in un sogno si manifesta l’intervento di Dio a rassicurarlo nella fedeltà alla sua sposa.

Ed ecco che Giuseppe si ritrova catapultato da una vita comune a una vita grandiosa per la responsabilità affidatagli, quella di custodire il Figlio di Dio e sua madre Maria prescelta anche a vivere una maternità, fuori dal comune. 

Differentemente dal sogno narrato nella Genesi dove Giuseppe figlio di Giacobbe, è chiamato nella vita a realizzare un progetto di servizio a favore dei fratelli e del popolo d’Israele; il sogno di San Giuseppe, rassicurato dall’angelo, è quello di una chiamata a collaborare al progetto di Dio per la salvezza dell’umanità. E sull’obbediente accettazione di questo stravolgente progetto, come Giuseppe e la sua sposa, siamo chiamati anche noi a misurarci nel nostro sì.

Un’accettazione che Giuseppe ha vissuto una vita alla luce di Dio con piena disponibilità e fiducia. A Giuseppe Dio ha affidato la custodia terrena di queste sue creature, e sotto la sua guida terrena Gesù ha collaborato nella bottega paterna imparando a diventare un’artista.

Gesù è la Luce che illumina e attrae: i pastori a Betlemme, i suoi compagni sul Tabor, l’intera umanità sul Calvario dove erano calate le tenebre al momento della morte sulla croce. 

Gesù inizia il suo cammino terreno custodito da Maria e Giuseppe, si ritrova alla fine della sua esperienza terrena custodito fra due ladroni, simbolo della nostra fragilità umana.  Un’umanità chiamata ogni giorno a fare un salto nella Fede e in questo può invocare l’aiuto di San Giuseppe che, per la fedeltà a Maria e il silenzio ha meritato l’appellativo di uomo giusto. Un invito a porci nel buio di questo nostro tempo con umiltà a scorgere quella luce che illumina negli ammalati, nei poveri... 

Gesù accanto a Giuseppe nell’ora del trapasso alla soglia dell’eternità rappresenta, sotto il profilo umano, un gesto di solidarietà umana e di amore.

Noi alla luce di questi insegnamenti siamo chiamati a vivere in pienezza la nostra esistenza terrena, amando come loro. La famiglia di Nazareth e Giuseppe ha vissuto momenti di difficoltà nella vita come nel lavoro e sul loro esempio siamo invitati ad ascoltare la voce di Dio e a fidarci di Lui come ha fatto San Giuseppe. 

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di Tarcisio Stramare

Perfezionamento personale, sviluppo economico, avanzamento sociale conferiscono al lavoro una dignità unica. Eppure il lavoro non è solo fucina di virtù umane e cristiane individuali e sociali; esso è anche occasione di abbrutimento, di odio e di lotta. L'antico peccato, che ha incatenato la fatica al lavoro, esercita ancora la sua tirannia sul lavoro attraverso la sofferenza, l'oppressione, la rivolta, l'egoismo, l'ingordigia, lo sfruttamento, le divisioni, le contese. «L'uomo che mediante lo sviluppo industriale ha moltiplicato oltre ogni attesa i membri della società, li ha divisi in classi, e, come tutti sappiamo, ha fatto della società non una famiglia, ma un inevitabile campo di lotta, perciò sovente senza concordia, senza pace, senz'amore. I grandi valori del progresso, il pane, la libertà, la gioia di vivere, sono in perpetua contestazione, se il grande torrente di ricchezza, che scaturisce dal nuovo lavoro conquistatore e produttore, è confiscato da un duplice egoismo: quello che ripone nei beni temporali il solo e maggiore bene dell'uomo, anzi fa dell'uomo fine supremo a se stesso, errore ideologico, materialista; e quello che fa programma costitutivo della vita comunitaria la lotta radicale, esclusivista, fra le varie classi fra loro per il monopolio della ricchezza: errore sociale ed economico» (Paolo VI).

Il significato di san Giuseppe lavoratore

Potenti forze disgregatrici operano, dunque, nel campo del lavoro. Come nel campo del racconto evangelico, anche in questo il nemico ha seminato la sua zizzania. Come potrà il lavoro guarire da questo cancro progressivo e liberarsi dal veleno, che ne insidia la naturale finalità di essere fonte di sviluppo individuale e sociale?

Da molti secoli il grande riformatore san Benedetto ricorda all'umanità qual è l'antidoto che può salvare l'attività umana dal dissolvimento, che è proprio di tutte le realtà terrestri. In una brevissima formula, «ora et labora, prega e lavora», è compendiato il segreto, che garantisce al lavoro il suo valore e la sua nobiltà. Il lavoro esige la dimensione religiosa.

Cristo non ha redento solamente delle anime disincarnate, ma ha redento l'uomo nella sua totalità, anima e corpo. L'attività umana non è, dunque, esclusa dalla salvezza, perché Gesù è diventato solidale con noi in tutto: «Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo. Ha lavorato con mani d'uomo, ha amato con cuore d'uomo, ha agito con volontà d'uomo, ha amato con cuore d'uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato».

Ebbene, nessuno tra gli uomini, dopo Maria, è stato tanto vicino alle mani, alla mente, alla volontà, al cuore di Gesù, quanto san Giuseppe. Come bene affermò Pio XII, san Giuseppe è stato colui nella cui vita è maggiormente penetrato lo spirito del Vangelo. Se questo spirito, infatti, affluisce dal cuore dell'Uomo-Dio in tutti gli uomini, «è pur certo che nessun lavoratore ne fu mai tanto perfettamente e profondamente penetrato quanto il Padre putativo di Gesù, che visse con Lui nella più stretta intimità e comunanza di famiglia e di lavoro». Di qui l'invito permanente dello stesso Pontefice rivolto ai lavoratori: «Se voi volete essere vicini a Cristo, Ite ad Joseph (Gen 41, 55), Andate da san Giuseppe! L'umile artigiano di Nazaret non solo impersona per Dio e la Chiesa la dignità del lavoratore del braccio, ma è anche sempre il provvido custode vostro e delle vostre famiglie».

Questo umile artigiano di Nazaret, che nel nascondimento ha con il suo duro lavoro consentito a Gesù «di crescere robusto e pieno di sapienza» (cfr. Lc 2, 40), continua ancora a stagliarsi gigante nella storia dell'umanità per insegnare a tutti che non è la differenza dell'attività a definire la grandezza dell'uomo, ma, al contrario, tocca all'uomo rendere grande ciò che fa, attraverso la nobiltà dell'animo e l'esercizio di autentiche virtù.

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di Tarcisio Stramare

Il mistero della redenzione è certamente connesso al mistero dell’incarnazione, il quale è storicamente sviluppato nella scena della famiglia di Giuseppe, a diretto contatto con la realtà quotidiana del lavoro e della fatica.

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