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A Valledoria, il santo Patriarca ha benedetto la terra,
la comunità cristiana nascente, la concordia sociale.
E la sua protezione permane

di don Francesco Mocci

Chi arriva a Valledoria, in provincia di Sassari, sul litorale da Castelsardo a Santa Teresa di Gallura, nota subito un alto fumaiolo che si erge nei pressi della foce del fiume Coghinas e sembra sfidare la massa di ruderi che lo circonda.

Chi è nato qui lo sente familiare come il campanile della chiesa, ma chi non è del posto si chiede certamente cosa ci faccia questa ciminiera in un centro turistico balneare famoso. Proseguendo sulla strada principale di Valledoria, verso Santa Teresa, si trovano i resti di un villino stile liberty, Villa Stangoni, in mezzo a distese di campi e carciofaie, con una strada non asfaltata che conduce a una chiesetta campestre, dallo stile semplice e ben tenuta.

Per saperne di più della chiesetta e della villa bisogna ricorrere al libro di Caterina M. Martinazzi, I fratelli Stangoni. Un'avventura agricola-industriale nella Sardegna del Novecento (Taphros Editrice, 2009), che contiene le notizie storiche relative a Valledoria e all’azienda dei Fratelli Stangoni. Alla vita di questa azienda e della famiglia proprietaria è strettamente legata la nascita e lo sviluppo del paese di Valledoria, chiamato anticamente Codaruina.

 L’avvio si deve a Pier Felice Stangoni, nato ad Aggius nel 1863 e diplomato a Venezia in scienze economiche e sociali. Nel 1885 sposò Domenica Lepori, dalla quale nacquero due figli, Arnaldo e Alberto Mario, ma il 15 agosto 1904 a soli 41 anni Pier Felice morì assassinato. I due ragazzi erano rimasti completamente orfani, perché la madre, in attesa di un terzo figlio, era morta di rosolia poco prima del marito.

Fu il nonno materno Paolo Lepori a volere la costruzione di una chiesa dedicata a san Giuseppe, edificata nel 1914 accanto all’azienda di famiglia, in pieno agro campestre. La fece edificare sul luogo dell’uccisione del genero Pier Felice dedicandola a san Giuseppe, perché i due nipoti avessero un padre e protettore. Alla chiesina è pure legata la pace raggiunta tra le famiglie nemiche nella bassa valle del Coghinas, nella speranza che tale pace, affidata al padre putativo di Gesù, fosse duratura. La campana della chiesetta è molto anteriore, fusa nel 1661; ritrae la Fuga in Egitto, con un chiaro riferimento alla vita di ingiustizia, vissuta dalla famiglia Stangoni dopo l’efferato delitto, ma riposta ora sotto lo sguardo di san Giuseppe.

Nonno Paolo stipulò la pace con i suoi nemici con un atto solenne nel 1921. Alla presenza del vescovo di Tempio-Ampurias, Giovanni Maria Sanna, i due nemici «baciano il Crocifisso; l’uno si getta nelle braccia dell’altro donandosi reciprocamente quel bacio della pace che a Cristo hanno dato e che da Cristo hanno avuto. Sono vinti dalla pace, i loro occhi grondano lacrime, nei loro cuori mutati e aperti entra l’amore», come scrive don Piero Baltolu, che celebrò il rito della pace nel paese di Aggius.

Paolo Lepori aveva dato vita a una grande azienda agricola, potenziata dalle abilità del genero Pier Felice Stangoni nel trattare con la popolazione e con i politici. La terra fu valorizzata, migliorando le colture e facendo progredire l’allevamento del bestiame. Il sogno di Pier Felice Stangoni di ripopolare la Sardegna, bonificare e irrigare la terra, aveva trovato la benedizione di san Giuseppe.

Nel 1920 il paese contava 200 abitanti e all’ombra della chiesa di san Giuseppe crebbe l’azienda agricola; in seguito fu avviato anche un tabacchificio. L’azienda raggiungerà il suo apice nel 1928 e nel 1931 a Valledoria si contavano 1300 abitanti; negli anni Quaranta del Novecento nacque anche il Consorzio di bonifica della bassa valle del Coghinas; infine nel 1946 fu avviata l’industria conserviera. 

La chiesa di san Giuseppe diventò un punto di riferimento religioso per i lavoratori dell’azienda e i residenti. I giovani celebravano qui il loro matrimonio, i bambini ricevevano la prima comunione e la cresima; al 1914 risale il primo battesimo sotto la protezione di san Giuseppe, che da allora divenne padre di questa nuova comunità. Dalla chiesa di san Giuseppe partivano le missioni popolari, che coinvolgevano tutti gli abitanti e che molti anziani ancora ricordano. Alcune di queste missioni furono guidate da padre Giovanni Battista Manzella (1855-1937), sacerdote lombardo trasferitosi in Sardegna nel 1900, che in queste terre fu grande apostolo e instancabile predicatore. Una testimone raccontava di quando padre Manzella visitò un’ammalata muta da vent’anni, che in quell’occasione riprese a parlare. Furono esperienze religiose forti, che sotto la protezione di san Giuseppe davano speranza alla vita semplice del paese.

Ma intorno agli anni Settanta arriva il declino dell’azienda Stangoni. Nonostante ciò, molte famiglie si fermano a Valledoria, che nel 1960 era divenuta comune autonomo. Nel 1974 fu costruita una nuova chiesa parrocchiale, dedicata a Cristo Re, per l’accresciuta popolazione del paese in via di sviluppo, ma san Giuseppe resta nella memoria quale “padre” di Valledoria, legato alle radici di questo territorio, che oggi è divenuto un polo turistico estivo del golfo dell’Asinara.

Dal 1989 Gianni Migliori è custode della chiesa di san Giuseppe, che permane proprietà degli eredi Stangoni. Appassionato cultore della storia locale, ricorda le vicende più importanti e fa da guida a turisti, studenti e amanti della tradizione, alla scoperta di questo piccolo scrigno di paradiso. Ha personalmente ristrutturato la facciata della chiesetta nei primi anni Duemila, come pure numerose opere interne, per esprimere la sua devozione a san Giuseppe. Oggi il culto di san Giuseppe è celebrato specialmente durante il mese di marzo, quando la comunità si sposta nella piccola chiesa campestre per festeggiare il santo Patriarca ricordando le proprie origini. All’interno la grande statua di san Giuseppe accoglie le preghiere dei fedeli che a lui si rivolgono in cerca di pace e di protezione.   

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