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Febbraio 2019

di Stefania Colafranceschi

Questa Madonna della Pappa di Paolo Veronese offre al nostro sguardo una scena di interno domestico; coglie un istante e un gesto preparatorio al nutrimento del Bambino Gesù, posto su un cuscino candido, tra le braccia della madre.

Sembra di avvertire il cenno di assenso che intercorre tra Giuseppe e Maria, nel compimento dell’atto legato alla crescita del Figlio, per il quale entrambi sono stati chiamati da Dio.

A guardar bene il Bambino non ha l’aspetto del Salvatore, non ha aureola. Fissa un punto lontano, e il suo sguardo diverge dagli altri, improntati a un dinamismo composto ed equilibrato. L’espressione di profondo raccoglimento, e di sorprendente distacco da quanto avviene attorno a lui, lo situa in una dimensione diversa, ultraterrena. E’ da interpretarsi come presagio della Passione, un tema che gli artisti  svilupparono spesso a partire dal Rinascimento, introducendo segni e simboli che richiamano la Crocifissione a scopo edificante: qui, il tema è condensato in uno sguardo di straordinaria intensità.

La fascia di panno bianco che lo cinge -elemento che ricorre nei pittori del tempo-, intende richiamare il sudario, le bende mortuarie che avvolsero il corpo del Signore Gesù, ritrovate dai discepoli nella tomba vuota, dopo la Resurrezione. Anche il basamento su cui poggia, ha forma squadrata, come il sepolcro, e come la mangiatoia che nelle più antiche iconografie rievocava figurativamente l’intero piano salvifico: la Nascita inaugurava un tempo nuovo, dono di salvezza per gli uomini, che ebbe compimento attraverso la Sua morte e Risurrezione. 

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