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Chiesa di Santa Sofia degli Ucraini a Roma

Un pezzo di Ucraina si trova a Roma nel quartiere
di Primavalle. Della sua costruzione  fu promotore
l’arcivescovo Josyp Slipyj , a cui la fedeltà a Cristo costò una prolungata prigionia nei gulag sovietici. Oggi
questa chiesa è al centro della solidarietà romana in
favore dell’Ucraina vittima della guerra.  

di Simonetta Benedetti

Siamo stati in visita alla chiesa di Santa Sofia in via Boccea, luogo fino a poco tempo fa ignorato da gran parte dei romani, ma in seguito alla guerra ripreso da tutte le reti televisive quasi quotidianamente, in quanto punto di raccolta dei viveri, medicinali e altro in partenza per l’Ucraina.

La particolarissima costruzione, realizzata per la comunità greco-cattolica ucraina risale agli anni Sessanta del Novecento. Fu voluta nel 1963 dall’arcieparca Josyp Slipyj dopo la prigionia in un gulag siberiano. Il motto episcopale di questo arcivescovo-testimone si trova inciso sul seggio del celebrante nell’abside e recita: «Per aspera ad astra» (Attraverso le asprezze [salire] alle stelle). Il proposito, che è anche un auspicio, è del tutto azzeccato, se pensiamo all’attuale situazione vissuta dai fratelli ucraini, ai quali siamo vicini in questa grande prova segnata dal dolore.

La progettazione della chiesa venne affidata all’architetto Lucio Di Stefano e la costruzione durò dal 1967 al 1969. Fu lo stesso Paolo VI che la consacrò dedicandola alla Divina Sapienza (Santa Sofia). Nel 1985 Giovanni Paolo II le assegnò il titolo cardinalizio e l’ultimo cardinale titolare è stato Ljubomyr Huzar, deceduto il 31 maggio 2017, mentre oggi il titolo è vacante. Infine, nel gennaio del 1998 la chiesa fu elevata al rango di basilica minore.

Sia nella tipologia adottata che nell’aspetto esteriore delle sue forme architettoniche e nella definizione delle decorazioni interne, è chiaramente evidente la volontà di realizzare un edificio in profonda sintonia con la cultura architettonica ucraina-bizantina, particolarmente somigliante all’omonima chiesa di Kiev: l’architetto progettista ha perseguito in tal modo l’intento di favorire la familiarità del luogo,  anche se realizzato in terra straniera.

La bella costruzione spicca isolata dal contesto urbano, elevata rispetto al livello del piazzale su quattro gradini, che simboleggiano le quattro virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza. Si presenta nella sua candida volumetria parallelepipeda, ad imitazione delle costruzioni orientali di età bizantina, così come l’impianto spaziale a cinque cupole e matronei riecheggia la celeberrima Santa Sofia di Istambul. La medesima risonanza bizantina si coglie anche per tutto ciò che concerne il trattamento delle superfici interne, interamente ricoperte da mosaici. Tale decorazione artistica fu ideata da Svjatoslav Hordynskyj, che concepì un vero scrigno dorato nel corpo centrale cupolato della fabbrica e con un fondo azzurro nella parte relativa al matroneo; su di esso spiccano gli imponenti mosaici raffiguranti la Divina Sapienza, la Santa Eucarestia, il Cristo Pantocratore con angeli e arcangeli, la creazione, la trasfigurazione, la crocifissione, la resurrezione e altri episodi e figure delle Sacre Scritture.

Alla ricerca di qualche raffigurazione di san Giuseppe, ci siamo soffermati a considerare l’iconostasi, che è la parete decorata da icone che nelle chiese di rito ortodosso separa l’altare dalla navata dove stanno i fedeli. Il progetto dell’iconostasi di Santa Sofia a Boccea fu concepito dal medesimo Sviatoslav Gordinsky ed eseguito da Ugo Macesei. Vi sono esposte quattro grandi icone che rappresentano il Cristo divina Sapienza, la Madre di Dio, san Giosafat martire e il nostro san Giuseppe, riconoscibile perché porta in mano le due tortore della Presentazione di Gesù al tempio. Invece nella parte superiore è rappresentato il ciclo della salvezza e nella scena della natività si scorge la presenza discreta di san Giuseppe, assorto e appartato secondo la modalità iconologica dell’arte orientale, che in tal modo voleva indicare il concepimento verginale di Gesù nel grembo di Maria. 

Siamo capitati a Santa Sofia a via Boccea proprio mentre si stava celebrando la Pasqua di Resurrezione.  Anche noi abbiamo invocato Cristo che dona la vera pace nelle vicissitudini di ogni condizione umana, ma oggi specialmente in una tragica e assurda guerra.   

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