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Spesso sento parlare di «vangeli apocrifi» dove sono raccontati soprattutto i fatti che riguardano l’infanzia di Gesù con Giuseppe e la sua sposa Maria. I capitoli evangelici della vita pubblica di Gesù narrano dei fatti, delle circostanze, invece quelli della nascita e dell’infanzia di Gesù ricorrono a circostanze e situazioni un poco singolari. Ci sono sogni, visioni che sono state narrate dopo anni di distanza dagli avvenimenti. Quale quoziente di affidabilità hanno questi vangeli?

 Caterina Gennari - Milano

 
Gentile signora Caterina, la ringrazio per questa domanda che ci offre l’opportunità di dare una parola chiarificatrice su quest’argomento, che ci sta a cuore non solo da un punto di vista generale, ma anche perché un nostro confratello guanelliano, don Mario Erbetta, formidabile conoscitore delle lingue orientali, ha dedicato la vita allo studio e all’insegnamento sui vangeli apocrifi all’Università Urbaniana, pubblicando un grosso e assai qualificato volume sui vangeli apocrifi. 
Diciamo subito che gli «apocrifi» che riguardano il Nuovo Testamento sono degli scritti che non fanno parte del canone biblico (cioè della raccolta ufficiale dei testi) del NT, ma dai titoli, dalla presentazione, dal modo con cui trattano l’argomento riguardante Gesù e la sua famiglia si presentano come testi che per la loro antichità rivendicano una credibilità degna di attenzione non pari a quella del canone degli evangeli riconosciuti dalla Chiesa, ma fanno da cornice ad avvenimenti veritieri con il tentativo di completarli con alcune narrazioni a volte fantasiose e altre volte verosimili. 
Dobbiamo dire che anche gli evangeli canonici hanno narrazioni differenti su argomenti uguali. San Luca racconta di un annuncio dell’angelo a Maria e a Zaccaria al tempio e non parla di angeli per Giuseppe che in Matteo sono presenti e annunciano notizie. Sono percorsi simili anche se differenti. Tuttavia non dobbiamo leggere in queste pagine il racconto di una leggenda. Papa Francesco in occasione del Natale di Gesù ha detto: «La nascita di Gesù non è una favola! È una storia veramente accaduta a Betlemme, duemila anni fa. La fede ci fa riconoscere in quel Bambino, nato dalla Vergine Maria, il vero Figlio di Dio che per amore nostro si è fatto uomo». San Giuseppe è una figura primaria nei vangeli apocrifi dell’infanzia. Mi sembra giusto indugiare nel descrivere per accenni una letteratura che la Chiesa – come si diceva - non considera per niente come storica, ma riferisce quanto ci è pervenuto su San Giuseppe anche per cogliere la radice dell’enorme diffusione del culto che si riferisce al papà terreno di Gesù e il profondo influsso che questa letteratura ha esercitato nella devozione popolare, nella predicazione sacra, nelle interpretazioni dei santi Padri e scrittori ecclesiastici, nelle espressioni artistiche e anche nella liturgia.
 Da queste fonti deriva tutta l’interpretazione della figura di Giuseppe rappresentato come vecchio e cadente o come vincitore di un concorso per sposare Maria, quindi, la caratteristica rappresentazione del Santo raffigurato con in mano un bastone fiorito, che papa Francesco ha immortalato nello stemma pontificio accanto alla «M» di Maria. Pagine di questi evangeli si dilungano sul matrimonio nel tempio di Gerusalemme, il sommo sacerdote e i giovani che spezzano, indispettiti, i propri bastoni; la presenza, nei viaggi a Betlemme o in Egitto, di uno o più giovani (i presunti figli di Giuseppe) che accompagnano la santa Famiglia; la comparsa di una o due donne, come levatrici, nella scena della natività di Gesù.
Alcuni episodi sono verosimili, altri frutto di fantasia. Lasciamoci guardare anche da queste pagine. «Lasciamo che il nostro cuore si commuova – ha detto papa Francesco; lasciamolo riscaldare dalla tenerezza di Dio, abbiamo bisogno delle sue carezze che ci danno pace e forza».
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