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Convegno ecclesiale della Chiesa Italiana a Firenze

di Andrea Fagioli

A Firenze il David di Michelangelo è il simbolo riconosciuto della Bellezza, anche se ormai solo di quella estetica, collocato così com’è all’interno di un museo, fuori da qualsiasi contesto. È bello, non c’è dubbio. Ma non «parla». E pensare che era nato come simbolo religioso. Il David scolpito da Michelangelo è quello biblico, che sconfigge il gigante Golia perché ha Dio con sé. Anzi: in quel giovane che abbatte con una fionda il nemico, il suo autore vedeva il Cristo, difensore di ogni popolo, pienezza di ogni eroismo collettivo, meta di ogni positiva aspirazione individuale.

Quando il David fu scolpito era destinato a uno sprone del Duomo di Firenze. Fu poi dirottato in Piazza della Signoria, all'inizio del Cinquecento, finendo per acquisire una valenza civica. Perché le cose più belle di Firenze sono state fatte quando è stato più forte il legame tra le radici religiose e la vita del popolo.

Il David, simbolo religioso che diventa simbolo civile, è l’esempio più evidente. Ma non mancano nel capoluogo toscano altre sintesi artistiche di questo tipo, anche a livello di architettura. Basterebbe pensare al complesso di Orsanmichele, che più che una chiesa sembra un palazzo. Era un tempo l’Orto di San Michele, ovvero l’orto delle monache benedettine sul quale nel Duecento sorse la prima Loggia del grano (il mercato del grano), diventato poi santuario mariano. La loggia, alla metà del Trecento, non sembrò più un luogo adatto al mercato, che fu trasferito. Così, nel 1380, l’edificio venne sopraelevato di due piani. Nella parte superiore fu comunque allestito il magazzino del grano, mentre le dieci arcate della loggia vennero chiuse dando origine alla chiesa, con la Madonna, Madre del popolo, nel granaio della Repubblica destinato ai poveri, con i santi che appartengono al cielo, ma sono in terra i patroni delle Arti, ovvero del lavoro.

Orsanmichele è stato definito «il monumento più fiorentino di Firenze» per il suo carattere tra il religioso e il civile: chiesa e granaio, santuario e magazzino, luogo civico di mercato e nello stesso tempo luogo di culto mariano. Anche geograficamente si trova pressoché a metà strada tra il Duomo e Palazzo Vecchio sul cui portone d’ingresso, in Piazza della Signoria, troviamo un altro segno importante: il monogramma di Cristo di San Bernardino da Siena e la scritta, tra due leoni simbolo del popolo fiorentino, che recita Rex regum et Dominus dominantium (Gesù Cristo, Re dei re e Signore dei signori), riconoscendo così Cristo come il Signore di Firenze e affermando, quindi, che i fiorentini sono liberi e non devono rispondere a nessuna autorità umana. Nonostante questa scritta voluta da Cosimo I attenuasse la precedente ben più esplicita: Jesus Christus Rex florentini populi (Gesù Cristo Re del popolo fiorentino).

Insomma, dell’umanesimo non sempre abbiamo avuto, o ci hanno fornito, un’idea giusta. L'umanesimo rinascimentale, contrariamente a quanto spesso si è detto e soprattutto si è voluto pensare, è proprio un crocevia nel quale diviene evidente l'intima connessione tra la dipendenza dell'uomo da Dio e la sua capacità creativa, entrambe riflesso di quella somiglianza con Dio di cui parla la Genesi. Un paradosso dell'amore del Creatore cantato anche dal salmista: «Che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell'uomo, perché te ne curi? Davvero l'hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato». È il primato assoluto dell'uomo, in tutti i sensi, anche sul piano politico, economico, sociale e in genere morale. Ed è con questo «gusto per l'umano» che la Chiesa italiana ha vissuto dal 9 al 13 novembre, a Firenze, il 5º Convegno ecclesiale nazionale, con la presenza di Papa Francesco.

La scelta di Firenze non è stata casuale. Il «Convegno» è approdato in uno spazio di incontro e di confronto, dentro una città, una storia e una tradizione, in cui personalità credenti e non credenti di alto profilo culturale hanno percorso insieme una strada di reciproco rispetto e di ricerca comune.

Il tema discusso: «In Gesù Cristo il nuovo umanesimo» non poteva non coinvolgere la città dove l’idea della centralità dell’essere umano ancora si vedono nelle realizzazioni, che stanno lì, come detto, a dimostrare come questa stessa idea non si sia sviluppata contro, ma grazie al cristianesimo, in una sintesi di valori umani e cristiani che lasciò il mondo stupefatto.

Il Convegno si è svolto nello scenario di una cultura nella quale predomina l’idea che la valorizzazione dell’umano possa avvenire solo smarcandosi da ogni prospettiva religiosa. L’imbarbarimento dell’umano sembra togliere spazio allo stesso annuncio cristiano.

Nel Convegno si è ripresa la questione, dialogando con tutti coloro che lo hanno desiderato, rilanciando la prospettiva di un nuovo umanesimo per l’Italia di oggi e mostrando come, concretamente, l’ispirazione cristiana possa essere il fondamento di questo rilancio.

In quest’Italia caduta così in basso, dove tutto è diventato scontro, dove si è perso il senso del bene comune, dove prevalgono gli egoismi e gli interessi di parte, si è sentito il bisogno di rimettere le cose al loro posto, di creare una scala di valori condivisi tra uomini di buona volontà.

Ci voleva proprio questo Convegno ecclesiale nazionale in cui la Chiesa si posta in dialogo invocando nella città, culla dell’umanesimo, un nuovo umanesimo, che non si chiuda alla trascendenza, dove l’uomo, nel tempo dello strapotere della tecnica e della scienza, si riscopra microcosmo e impari a tessere una nuova relazione tra Dio, l’umano e il cosmo. Il tutto nel nome della bellezza, ieri e oggi.

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