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Il periodo quaresimale desidera sottolineare una fase critica che precede una trasformazione. Un tempo di gestazione per la nascita di nuovi pensieri e nuovi stili di vita. Un tempo di lavorio silenzioso in attesa della fioritura.
 Nel definire il periodo della Quaresima, il vescovo Tonino Bello ha un’immagine stupenda e assai suggestiva. Dice: questo periodo quaresimale «inizia con uno sciampo alla cenere e finisce con la lavanda dei piedi». Così dalla testa ai piedi tutta la vita passa sotto il lavacro della purificazione sul senso del vivere e dell’impegno al servizio degli ideali nutriti dallo Spirito Santo nei momenti di preghiera, di generosità e di penitenza.
«Lo sciampo alla cenere» ha come elementi lo splendore dei rami di ulivo, benedetti nel giorno delle Palme, ma anche le piante dell’ulivo furono testimoni del patire in solitudine di Gesù nel Getzemani.

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Terzo mistero della luce

di Ottavio De Bertolis

 

In questo mistero contempliamo come Gesù Cristo annuncia il Regno di Dio, la sua vicinanza e la sua presenza in mezzo agli uomini: perdonando i peccatori, guarendo i malati, annunciando la Parola. In un solo termine, potremmo dire che Gesù annuncia il Regno, e annunciandolo lo fa presente, “consolando” il suo popolo: la presenza di Dio in mezzo a noi è sempre una presenza di consolazione. Questa presenza sgorga dalla parola che Gesù ci dice, e si riempie di tantissimi colori diversi. Per qualcuno il Regno che viene è innanzi tutto una chiamata a lasciare tutto, farsi libero dai propri ripiegamenti sulla propria vita, a diventare libero per seguire Gesù, come per il pubblicano Levi-Matteo. Per altri, come per l’adultera, è l’esperienza che Dio è più grande del proprio peccato, che non siamo da Lui condannati e giudicati, ma accolti e benvoluti. Per altri, come i lebbrosi, è il fatto inspiegabile di essere risanati, nel corpo o nell’anima, di uscire da una qualche somiglianza con la morte, che i lebbrosi mostrano nel loro corpo, per entrare in una dignità nuova e più grande. Per altri, come gli indemoniati, è scoprire che esiste una Parola che è più forte delle catene che ci legano, delle schiavitù che ci vincolano, delle infelicità che ci attanagliano, è vivere l’incontro inaspettato con Colui che viene a farci liberi e figli di Dio, da estranei o nemici che ci ritenevamo; e così via, in tante forme quante sono le figure che i vangeli ci mostrano, e che si possono concretizzare in noi stessi, nelle nostre vite.

La parola di Gesù infatti è come un prisma, nel quale la luce di Dio si rifrange in molteplici colori e varie sfaccettature, ed entra nelle nostre vite con modalità diverse, ma sempre liberando, guarendo, consolando. Direi che contemplando questo mistero possiamo chiedere che il Regno di Dio per noi non sia una teoria, come a volte si ritiene. La fede infatti non è un libro che si legge, una ideologia che professiamo, anche se possiamo scrivere un libro su di essa oppure trarne una dottrina e un insegnamento, ma è innanzi tutto un incontro, vorrei dire un fatto, o una serie di fatti, che ci rivelano, come nascosto dietro le tende, Qualcuno. Questo Qualcuno è Gesù che ancora, come ai tempi della sua vita terrena, passa, sanando e beneficando tutti; dalle sue vesti, dal suo mantello, che è la Parola di cui è rivestito e portatore, sgorga una forza che sana e guarisce, e noi ci troviamo dunque come l’emorroissa, risanata e guarita, nonostante la sua triplice inguaribile impurità, di donna, di pagana, del sangue impuro che da lei sgorga. Oppure, come la samaritana, siamo smascherati nelle nostre piccole furberie, nei nostri pregiudizi, nelle nostre ambiguità e contraddizioni, e la Parola ci rivela per quel che siamo; ma non ci umilia, piuttosto ci solleva, e ci rende anche noi portatori e annunciatori dell’esperienza che abbiamo vissuto. 

L’agire della Chiesa, cioè di tutti noi, non è altro infatti che essere trasparenza di quel che noi stessi abbiamo toccato con le nostre mani, visto con i nostri occhi, ascoltato con le nostre orecchie, come dice San Giovanni nella sua prima lettera. E come potrebbe dire certamente anche Maria, che sentiva dalla gente quanto il suo Figlio compiva, ci rifletteva, custodiva quanto accadeva intorno a sé nel suo cuore, lo confrontava con le parole dei profeti che sentiva annunciare nella sinagoga, riportandole al Figlio che aveva generato e che, unica, sapeva chi era veramente, perché sola sapeva come lo aveva generato. Anche in questo mistero Maria ci appare come la vergine saggia, che illumina la sua vita con l’esercizio continuo e fedele della meditazione della Parola di Dio, con il suo rifletterla e come scrutarla presente nella propria vita, nei segni che Gesù compie, nel vederla attuata e compiuta in quanto il suo Figlio dice e compie.

Possiamo pregare dunque per tutti noi, per le persone di questo mondo: perché anche oggi e anche da noi Gesù vuole farsi incontrare, e vuole che la sua Parola liberi, guarisca e consoli. Possiamo pregare perché questo incontro si compia nella grazia dello Spirito Santo e, infine, per essere noi stessi strumento e come guida agli altri per questo incontro che noi stessi abbiamo sperimentato. 

 

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Oggi si è compiuta questa Scrittura

di Madre Anna Maria Cánopi osb

Dopo aver contemplato il Verbo dell’eterno Padre diventato l’Oggi della salvezza del mondo nel mistero dell’Incarnazione, proseguiamo il nostro cammino con Gesù che è ormai all’inizio della sua vita pubblica. Sospinto dallo Spirito Santo, torna a Nazareth, dove era cresciuto, ed entrato nella Sinagoga, si alza a leggere: 
«Lo Spirito del Signore 
è sopra di me;
per questo mi ha consacrato 
con l’unzione
e mi ha mandato 
a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare 
ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare 
l’anno di grazia del Signore. 

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Dalla vita di Abele in poi, l’uomo ha scoperto che la preghiera è la fonte di energia più potente che le persone possono sperimentare. In tutta la Bibbia la preghiera appare come il respiro di ogni vivente. Questo respiro, evidentemente, era l’anima della famiglia di Nazareth. Per Giuseppe, Maria e Gesù, l’invito alla preghiera era segnato in cinque momenti della giornata, quasi per dare una continuità alla lode, obbedendo alla parola che Gesù avrebbe insegnato ai discepoli come leggiamo nell’evangelo di Giovanni: «Senza di me non potete fare nulla» (15,5) e in quello di Luca: «Bisogna pregare sempre» (Lc 18,1).

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