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di Piergiorgio De Guidi

La cittadina veronese scelse san Giuseppe come patrono mentre
cresceva la locale industria del mobile. E il Patriarca ha mostrato la sua protezione potente.

Bovolone, grosso centro in provincia di Verona, sorge tra la media e la bassa pianura veronese, in una zona di ferace coltivazione agricola tra l’Adige e il Po. Dal 1994 ha il titolo di città. La sua imponente chiesa parrocchiale è dedicata a san Giuseppe, ma mantiene anche il titolo del precedente patrono san Biagio, nella cui festa il 3 febbraio si tiene una importante fiera agricola.

Autore ignoto, Effigie di  san Giuseppe con il Bambino,  sec. XX, Chiesa parrocchiale di Bovolone (Verona).Nella sua lunga storia, Bovolone passò dalla dominazione romana all’Impero carolingio; fu poi feudo del vescovo di Verona, appartenne alla Serenissima Repubblica di Venezia, al Lombardo-Veneto austriaco e infine dal 1866 al Regno d’Italia. Mentre le vicende della grande storia passarono per Bovolone, la vita di quella comunità si svolgeva secondo i ritmi tranquilli delle stagioni agricole e seguendo i tempi di una buona parrocchia.

La storia ha lasciato il segno negli edifici ecclesiastici di Bovolone. Si inizia nell’alto Medioevo con la prima pieve, documentata dall’anno 833. Successivamente, intorno al XV secolo fu costruita la chiesa dedicata ai santi Fermo e Rustico, ai quali, in occasione di un ampliamento nel XVIII secolo, fu aggiunto anche san Biagio. 

Agli inizi dell’Ottocento, la crescita demografica rendeva necessaria la costruzione di un nuovo tempio, in grado di contenere un maggior numero di fedeli. Ma la lungimiranza dei parroci di Bovolone non poteva prevedere lo straordinario sviluppo del paese nel secondo dopoguerra. Con l’incremento di laboratori per il restauro dei mobili e la riproduzione di modelli del Settecento veneziano, si sono sviluppati numerosi laboratori artigiani specializzati nell'intaglio, intarsio e laccatura. Attualmente sono presenti diverse aziende che producono arredamenti sia in stile classico che moderno. Ciò ha portato a un incremento notevole della popolazione che è passata da seimila abitanti prima del secondo conflitto agli attuali sedicimila. 

Tornando alla realizzazione di una nuova chiesa, i lavori iniziarono nel 1835, su progetto dall’architetto milanese Luigi Clerichetti, ma furono interrotti nel 1857 per mancanza di fondi. Trascorsero cinquant’anni e, prima che l’impresa fosse definitivamente abbandonata, nel 1913 l’arciprete don Timoteo Lugoboni fece riaprire il cantiere. Egli affidò all’architetto Domenico Rupolo, della sovrintendenza di Venezia, il compito di elaborare un nuovo progetto che potesse essere realizzato senza modificare le strutture già esistenti. E così la grandiosa opera, seconda per dimensioni solamente ad alcune grandi chiese della città di Verona, venne inaugurata e benedetta il 5 ottobre 1935. Rimanevano le ornamentazioni da completare, ma finalmente il 6 ottobre 1945 la nuova chiesa parrocchiale di san Giuseppe venne consacrata.

Fin dagli anni Trenta a Bovolone aveva sede un piccolo aeroporto, e per tal motivo durante il secondo conflitto mondiale, precisamente domenica 17 settembre 1944, la città fu colpita da un bombardamento e la nuova chiesa parrocchiale rischiò di essere distrutta proprio mentre si celebrava la “Messa del fanciullo”. Le bombe sfiorarono il tetto, esplosero a pochi metri di distanza e la protezione di san Giuseppe fu evidente a tutti.

Terminata la guerra e migliorate le condizioni di vita della popolazione, si riprese a perfezionare l’arredo della chiesa parrocchiale. Nel 1969 il parroco don Sisto Valle fece decorare il catino, sopra la pianta semicircolare dell’abside, con la figura del Cristo Re dell’universo, attorniato da dieci angeli e dai patroni san Biagio e san Giuseppe.  Il dipinto, opera di Marcello Vianello su bozzetto di  Giuseppe Resi, inaugurato il 3 febbraio 1970, rappresenta san Giuseppe con la testa piegata in avanti, occhi rivolti in basso in segno di umiltà, che tiene una sega a mano. San Biagio invece regge la nuova chiesa e guarda diritto verso il popolo, come se volesse invitarlo ad amarla. Alla base, è posta l’iscrizione: Salus populi ego sum (Io sono la salvezza del popolo). Erano gli anni in cui l’economia del paese, come abbiamo detto, si era orientata verso la produzione del mobile in stile; perciò non vi era santo più adeguato a proteggerci se non il Falegname di Nazaret.

Dal 2002 e per dieci anni è stato parroco di Bovolone mons. Renzo Bonetti, che in precedenza aveva svolto un ruolo per la pastorale familiare negli organismi della Conferenza Episcopale Italiana. Nel 2008 a Bovolone mons. Bonetti ha iniziato una pastorale famigliare innovativa mediante la fondazione “Famiglia Dono Grande”, di cui era presidente e il cui fine ultimo è quello di far vivere la famiglia come il “dono grande” per le future generazioni. Avendo fatto eseguire importanti lavori di recupero delle strutture parrocchiali, volle che fosse introdotta alla fine di ogni messa una invocazione a san Giuseppe per ottenere le grazie materiali e spirituali necessarie a svolgere la missione affidata alla nostra comunità. La preghiera viene recitata tutt’oggi (vedi box).  

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