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di don Gabriele Cantaluppi

Fu don Guanella a intitolare alcune sue Opere a san Giuseppe.
Dopo di lui i suoi religiosi hanno continuato a dedicargli Case e parrocchie e a diffondere la Pia Unione nelle varie parti del mondo, dove è giunta la carità guanelliana.

Don Guanella nell’operetta Nel mese dei fiori del 1884, in cui offre per ciascun giorno del mese di maggio una riflessione sulla Madonna, giunto al dodicesimo giorno spiega la perseveranza di Maria e Giuseppe alla ricerca di un alloggio a Betlemme, alla vigilia della nascita di Gesù. Conclude esortando a non rassegnarsi ai casi avversi della vita e a esercitare la pazienza, perché «la pazienza si impara più con esercitarla in atto che con impararla sui libri».

Forse anche per questo, non contento di farsi promotore della devozione a san Giuseppe, don Guanella volle che alcune delle sue Case portassero il nome del padre putativo del Signore. Sapeva bene quanta gliene occorresse di pazienza, unita a fede e fermezza, per far crescere le sue Opere, che sapeva «andare avanti come le vaporiere, facendo puf, puf”, cioè con sacrifici e coraggio».

San Giuseppe, in unione con Gesù e Maria, è testimone nella Santa Famiglia del «vincolo di carità», che don Guanella voleva come spirituale collante nelle sue Case. Fin dal 1886, quando fonda la prima a Como, san Giuseppe vi tiene un posto speciale.  Il Fondatore suddivide la comunità in tre famiglie e assegna alla Famiglia di San Giuseppe l’assistenza degli anziani, da lui chiamati “vecchioni”, termine allora corrente senza alcuna sfumatura dispregiativa.  Nella tradizione guanelliana si fisserà questa relazione del Santo con gli anziani e ne fanno fede alcune Case intestate a lui. 

A Belgioioso, in provincia di Pavia, la Provvidenza giocava a don Guanella qualche scherzo. Nel 1895 alcune suore, inviate a questuare in quelle terre, offrirono l’occasione per l’apertura della Pia Casa San Giuseppe, negli stessi edifici in cui un altro Giuseppe, di cognome Garibaldi, aveva soggiornato. 

A san Giuseppe aveva poi intestato la grande chiesa del quartiere Trionfale in Roma, voluta come espressione di obbedienza al desiderio del suo amico e protettore, il papa san Pio X, che portava il nome di battesimo di Giuseppe; ancor prima e sempre a Roma, aveva aperto la Colonia San Giuseppe in zona Camilluccia, e la stessa, trasferendosi poi a via Aurelia Antica, diventò la Casa San Giuseppe, vera cittadella della carità per l’accoglienza e la cura dei disabili.

Sull’esempio del Fondatore, anche i suoi successori alla guida della Congregazione hanno voluto dedicare Case e parrocchie a san Giuseppe. In Italia portano questo bel nome a Castano Primo (Milano) la Casa di Riposo San Giuseppe e a Gozzano (Novara) la Casa San Giuseppe del Suffragio, che quest’anno ricorda il centenario della    presenza dei guanelliani.

Nelle nazioni dell’America Latina, in Brasile, Argentina e Cile, sono piuttosto parrocchie guanelliane a essere dedicate al Santo, con annesse opere di promozione sociale, scuole e centri caritativi. Mettiamo qui un elenco di nomi, tutti carichi di carità e di sacrifici: la Parroquia del Tránsito de San José e Instituto San José a Buenos Aires (Argentina), la Parroquia San José Obrero e il Colegio San José Obrero a Ciudad Madero (Argentina), la Paróquia São José do Patrocínio a Santa Maria nel Rio Grande do Sul (Brasile) e la Parroquia Tránsito de San José a Renca (Cile). 

Recentemente a Grass Lake (Michigan), negli Stati Uniti, è stato inaugurato dai guanelliani il St. Joseph’s Shrine, il santuario di San Giuseppe, sede della Pia Unione del Transito. già divenuto meta di pellegrinaggi. In Africa, precisamente a Kinshasa-Lemba (Congo), è aperta la Maison Saint Joseph per l’accoglienza dei ragazzi di strada e i minori bisognosi.

Vengono poi i Seminari dell’Opera guanelliana, perché san Giuseppe è stato il primo educatore del Sacerdote per eccellenza, Gesù Cristo. Attualmente uno fiorente di vocazioni si trova in India, il Saint Joseph’s Seminary a Cuddalore (Tamil-Nadu). Ma come non ricordare quelli “storici”: il seminario ginnasiale Istituto San Giuseppe di Anzano del Parco, in provincia di Como, che negli anni migliori aveva raggiunto la presenza di centosettanta seminaristi; inoltre il primo seminario guanelliano aperto in Spagna, negli anni del Concilio Vaticano II, il Colegio San José ad Aguilar de Campoo nella Vecchia Castiglia, con presenze quasi altrettanto numerose.

È noto che la devozione di don Guanella a san Giuseppe gli ha offerto l’idea di fondare nel 1912 la Pia Unione del Transito di San Giuseppe a Roma, per promuovere la preghiera e il sostegno alle anime che ogni giorno si affacciano all’eternità. Grazie all’impegno di tanti missionari, coinvolti dai guanelliani in questa iniziativa, agli inizi la Pia Unione raggiunse luoghi impensabili, come la Cina e l’Estremo Oriente. Le due guerre mondiali ne hanno frenato la crescita, ma dopo quegli avvenimenti luttuosi, il cammino della Pia Unione è ripreso. Oltre alla sede primaria di Roma, ne sono state aperte in altre nazioni: a Buenos Aires in Argentina, a Porto Alegre in Brasile, a Grass Lake negli Stati Uniti, ad Asunción in Paraguay, a Madrid in Spagna, a Città del Messico, a Floridablanca (Colombia) e ultimamente nelle Filippine e in India, a seguito della diffusione delle Case guanelliane nel mondo.

Torniamo a don Guanella. Il 5 giugno 1875 inviava queste linee al direttore dell’Eco di San Giuseppe a Modena, a cui era abbonato: «Scrivendo due righe nel periodico di san Giuseppe, mi par quasi d'impegnare di più il Santo a ottenermi le grazie di cui ho bisogno, rivolgendomi a lui qui pubblicamente come a colui che per mio protettore speciale ho eletto e in cui confido con tutto l'animo… perché mi aiuti in certe imprese avviate, dalle quali sarà per dipendere la destinazione della mia vita e la salvezza di molte anime». Si può dire che i guanelliani hanno continuato sulla stessa strada e hanno affidato a san Giuseppe se stessi e le loro case, qua e là nel mondo. 

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