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Padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terrasanta, di origine egiziana, sostegno coraggioso della comunità cristiana in Palestina. Lo abbiamo incontrato a Roma, durante la Messa con la Fraternità dei santi Aquila e Priscilla.

di Alba Arcuri

«Ho chiesto a uno dei bambini della nostra scuola francescana: Che vuoi fare da grande? Beh – mi ha risposto – non lo so se divento grande. Se non mi sparano prima…». Così padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terrasanta, racconta la drammatica quotidianità in Palestina, dall’altare della chiesa di santa Prisca a Roma, all’Aventino, dove ha celebrato la messa con la Fraternità dei santi Aquila e Priscilla. 

Padre Ibrahim, francescano egiziano, parla bene l’italiano. Quella del 9 dicembre 2023 è stata una piccola sosta a Roma, prima di tornare a Gerusalemme. Racconta, con gli occhi del testimone, l’inferno quotidiano nella Striscia di Gaza, nei territori in Cisgiordania ma anche nelle città sante di Betlemme, Gerusalemme, Nazareth, che non sono toccate direttamente dalla guerra in Medio Oriente, ma vivono nel clima di morte e distruzione. 

Il 7 ottobre, il giorno dell’attacco di Hamas che ha scatenato la furiosa reazione israeliana in Palestina, è un punto di svolta nella storia. «C’è un prima e un dopo il 7 ottobre», dice padre Ibrahim. È in contatto costante con suor Nabila della parrocchia dei latini a Gaza, con le suore di Madre Teresa, con i parroci della Striscia. Raccoglie i loro appelli e i loro racconti. Mancano acqua, cibo, medicine; non è ben chiaro neppure quanti siano i morti, perché ci sono molti dispersi sotto le macerie degli edifici crollati per i bombardamenti. Le bombe non fanno distinzione. 

«Ho visto la prima e la seconda intifada, ne ho visti di conflitti, ma mai come questo», spiega padre Faltas. È un uomo alto, robusto, e non si spaventa facilmente. Noto alle cronache per aver resistito per 39 giorni all’assedio alla Basilica della Natività di Betlemme nel 2002. L’esercito israeliano voleva entrare con la forza nella basilica dove avevano trovato rifugio un gruppo di miliziani palestinesi, per catturarli. Padre Ibrahim e i confratelli impedirono ai soldati di entrare. Dopo una lunga mediazione fu raggiunto un accordo: i guerriglieri palestinesi uscirono e vennero in seguito esiliati in Europa o nella Striscia di Gaza.  E i Luoghi Santi non vennero profanati.

Ma oggi, secondo padre Faltas le cose sono più difficili. «C’è troppo odio, tra le parti in conflitto. La soluzione dei due stati – dice Faltas – è quella indicata dall’Occidente, l’unica strada. Che altro si potrebbe fare? E la comunità internazionale e l’ONU dovrebbero fare qualcosa di più, perché esistono a questo scopo. Da soli, israeliani e palestinesi non ce la fanno a trovare un accordo». 

I cristiani in Terrasanta hanno sempre dialogato con tutti. Hanno una funzione di cuscinetto. Ma la preoccupazione di padre Faltas oggi è proprio questa: che i cristiani abbandonino la Terrasanta. Sono progressivamente diminuiti, in questi anni, per le difficoltà, per le guerre.  Ma anche per la povertà, per l’assenza di lavoro, ormai assoluta. «Il novanta per cento della popolazione di Betlemme lavora nel turismo, con i pellegrinaggi. Dopo due anni di pandemia, si era ricominciato a lavorare. E ora di nuovo questa guerra. Ma non solo: gli arabi israeliani, siano essi cristiani o musulmani, non lavorano più dal 7 ottobre. Così come i palestinesi in Cisgiordania. È tutto fermo! – spiega Faltas – Anche la manodopera che lavora nelle nostre scuole non arriva più».

«Cosa succederebbe se i cristiani se ne andassero dalla Terrasanta, se abbandonassero i luoghi cari alla nostra memoria cristiana?». Le parole di padre Ibrahim mi fanno tornare alla memoria il racconto di uno degli inviati della RAI, Marco, che tra la cronaca dei bombardamenti e la triste conta delle vittime ha trovato un momento per visitare i Luoghi Santi. «Al Santo Sepolcro di Gerusalemme c’erano solo quattro persone. Poi a un certo punto siamo rimasti in due. Nessuno in fila che aspettasse per entrare».  Chi è stato almeno una volta in Terrasanta, sa che per entrare nei luoghi sacri c’è sempre una lunga fila di persone. Sa che la Basilica del Santo Sepolcro apre prima ancora che sorga il sole e richiude poi alla sera, con un rituale antico: i frati custodi di Terrasanta trascorrono tutta la notte all’interno. Vengono chiusi dentro a chiave e le grosse chiavi sono affidate alla cura di un musulmano, che poi riaprirà il portone al mattino. «Per le strade – racconta ancora Marco – c’era un clima spettrale.  Solo soldati armati, che camminavano veloci. Chiuse le botteghe delle spezie, degli articoli religiosi che affollano le strette stradine della città vecchia. Invece al Muro del pianto, luogo sacro per gli ebrei, c’erano uomini che pregavano. Uno mi ha colpito: aveva in braccio un bambino, suo figlio. E con l’altra mano stringeva un fucile». 

Nella guerra tra Israele e Hamas, ultimo capitolo di un doloroso susseguirsi di conflitti tra israeliani e palestinesi, da oltre settant’anni, i cristiani non sono stati in silenzio.  

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