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di Gianni Gennari

Alla fine del nostro precedente incontro siamo giunti al vero “nuovo”, al vero Dio del nostro Credo cristiano e cattolico. Dio, dopo aver “in molte circostanze e in molti modi” (Ebrei 1, 1) parlato al Suo popolo si rivela definitivamente e si dona in Gesù di Nazaret, nato dal grembo di una donna del popolo, offerto fraternamente come “pane” che si spezza per tutti, acqua che sgorga dal grembo di Dio e invade la storia, servendosi anche di quei Dodici, poveri uomini peccatori che hanno formato la prima comunità di cristiani, e apre la via alla salvezza degli uomini nella storia e fino alla vita eterna. Cristo morto e risorto è tornato al Padre, ma non ci ha lasciati soli.
La Pentecoste è l’invasione dello Spirito Santo nella nostra vita. Tutta la nostra vita, se vogliamo, è guidata, sorretta,  accarezzata da Dio, anche quando non lo sentiamo: Gesù era amato dal Padre anche quando sulla croce pareva che fosse dimenticato. «La speranza - dice Paolo - non delude perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori». (Romani 5,5) Questo è l’annuncio del vero Dio in cui crediamo, che in Gesù ha dato origine alla Chiesa nella quale viviamo, e che è al servizio dell’umanità tutta, chiamata a salvezza in Cristo e nello Spirito Santo che ci chiede, già ora, di cambiare la faccia della terra perché cominci a somigliare, il più possibile, al cielo. Questo è l’annuncio, e la novità totale di questa “rivelazione” che è anche “dono” unico, è nell’affermazione che l’unico modo offerto ai credenti in questo Dio per renderlo credibile è rimanere uniti a Lui ed amare l’uomo, cambiare la faccia della terra perché cominci a somigliare, il più possibile, al cielo. Finché ciò non si avvera Dio rimarrà ancora nascosto, e perciò vorrà avere bisogno della nostra collaborazione. Egli resta nascosto perché Dio non vuole sostituirsi all’uomo nell’opera di salvezza.
Questo è il nostro Dio: la Chiesa, l’Eucarestia e gli altri Sacramenti, se non sono animati, se non sono messi in questo quadro, diventano riti inutili e Dio continua a ripetere il suo sdegno e la sua contrarietà per gli inutili sacrifici, come abbiamo visto nel libro di Isaia e in tante altre forti parole dei Profeti. E la parola di Dio riserva spesso anche espressioni pesanti nei confronti di cristiani e uomini della Chiesa tiepidi, incapaci del fuoco che Gesù è venuto a portare.  Il fuoco è l’amore, è vita spesa per gli altri. Non si è cristiani da soli, Dio non ha voluto rimanere solo, ma comunicare la salvezza all’uomo entrando nella storia, mostrando un modello che è il Cristo. Perciò il nostro Dio non è proprietà di nessuno, tutti sono di Dio, tutti gli uomini sono figli di Dio, chiamati alla salvezza. Misteriosamente, Dio chiama tutti alla salvezza, sa Lui il modo e i tempi in cui questo disegno di salvezza si realizza nel tempo, ma noi credenti abbiamo avuto – senza meriti nostri – la grazia di aver conosciuto questo “nome” nascosto – “sia santificato il Tuo Nome” – e il Nome vuol dire presenza attiva, che Gesù ha rivelato all’umanità che per secoli lo  aveva atteso.
Due approfondimenti. Sarebbe interessante filtrare, attraverso la realtà concreta di Gesù di Nazaret, quelli che noi chiamiamo gli attributi di Dio. Che vuol dire un Dio Onnipotente, pantocrator, come nella fantasmagorica immaginazione orientale? Passatelo attraverso Gesù che si fa stringere dai bambini, dai peccatori, Gesù che muore crocifisso: quella è l’onnipotenza di Dio. Dio grande, Dio immortale, che però nasce nella piccola Betlemme e muore nel Golgota: questo è il nostro Dio…
Certo, il nostro bisogno di grandezza e di potenza fa sì che qualche volta abbiamo immaginato Dio ingrandendo i nostri sogni, le nostre fantasie. Del resto queste proprio sono state – basta andare a rileggere i passi del Vangelo – anche le tentazioni di Gesù che le ha rifiutate. Lui, Messia e Re, entra invece in Gerusalemme sul dorso di un asinello. Questo è il Dio onnipotente, che ci viene donato dal padre. Il Dio onnipotente passa attraverso l’umanità concreta di Gesù di Nazaret, figlio di Maria.  Allora sì, questo Dio non è poi così nascosto, e si è donato interamente alla nostra vita, che dal momento della Croce vale quanto la vita di Dio: “quello che avete fatto ad uno di questi piccoli, lo avete fatto a Me!” (Matteo, 25, 31).
Questa è la fede nuova, la fede cristiana, nella quale fino dall’inizio rientra tutto, davvero tutto. E qui è un punto importante, essenziale per il nostro tempo ove troppo spesso c’è, senza nostra risposta a causa o della nostra impreparazione, o della nostra pigrizia e passività che va dietro alla corrente, un tentativo di demolire alla radice la credi­bilità della Chie­sa e della fede.


Ciò viene anche – e Be­nedetto XVI lo ricorda sem­pre – dai nostri peccati e dalle nostre infedeltà, ma dobbiamo reagire, dobbiamo essere capaci – lo diceva già san Pietro: “Pronti sempre a rendere ragione della speranza che è in voi” (1Pt 3,14-17) – di mostrare che i fondamenti della nostra fede sono solidi per conto loro, anche se spesso la nostra debolezza pare metterli in dubbio.
è una osservazione che mi preme molto. Spesso, sui giornali, in Tv e in radio, capita di sentire o di vedere persone che si dicono esperte, sapienti, in posizioni di prestigio e di potere, le quali affermano che la fede cristiana, e in particolare la cattolica, è soltanto il risultato di una lunga elaborazione che ha trasformato “l’uomo Gesù di Nazaret” nel “Figlio di Dio” e Dio egli stesso, che la Trinità è il risultato di dispute dei Concili dei primi secoli dell’era cristiana, che la Chiesa – letteralmente – è una realtà che si è concepita solo a partire dalla seconda distruzione di Gerusalemme, dopo la rivoltà di Bar Kochebà, il Figlio delle Stelle, un capopolo che i Romani fecero presto a spazzare via attorno all’anno 135. Ebbene: è il caso di ricordare tante cose, ma qui ed ora ne vorrei segnare una sola, che servirà di passaggio, la prossima volta, per tornare sul tema del Dio vero rivelato in Gesù, con particolare rilievo dato alle conseguenze che la novità di Cristo comporta, e deve comportare, per la nostra stessa concezione della divinità.
Il pensiero opportuno, ora, è un altro, e serve a confermare che la nostra fede cristiana ha un fondamento ben diverso nella Parola di Dio di quanto certi “esperti” improvvisati critici di fede e Chiesa possano pensare.
Basterà un solo esempio. Si diceva della “creazione” tardiva delle verità di fede da parte degli uomini di Chiesa nei primi secoli? La Trinità che arriva solo dopo, la divinità di Gesù idem, la Chiesa come vera comunità di credenti in Gesù Dio e Uomo? Ebbene, lo scritto più antico di tutto il Nuovo Testamento, la I Lettera ai Tessalonicesi, che certamente – a detta di tutti gli studiosi di esegesi e di storia della Scrittura, non solo cattolici – risale ai primi anni 40 del primo secolo, inizia con questo brano che vale la pena di trascrivere intero: “Paolo e Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace. Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro. Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui. Il nostro Vangelo, infatti, non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione: ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene. E voi avete seguito il nostro esempio e quello del Signore, avendo accolto la Parola in mezzo a grandi prove, con la gioia dello Spirito Santo, così da diventare modello per tutti i credenti della Macedonia e dell’Acaia”.
è certo che questi sono i primi sette versetti del più antico scritto del Nuovo Testamento, riconosciuto da tutti i critici come tale. Ebbene, in esso, e dunque alle origini stesse della fede cristiana, cosa troviamo che possa mostrare i fondamenti reali di essa come è oggi. Ecco: c’è esplicitamente “la Chiesa”, c’è l’Apostolo Paolo con i suoi discepoli, c’è Dio, ovviamente, ma indicato come Padre, come Signore nostro Gesù Cristo e come Spirito Santo, e cioè c’è, magari senza approfondimenti ulteriori sui rapporti tra le Persone divine – questi sì trattati nei Concili successivi e negli scritti dei Padri – c’è il valore della Scrittura nella “Parola”. Dunque c’è Dio, il Dio unico e vero, il Dio di Gesù Cristo, Padre, Figlio e Spirito. Ma non basta: ci siamo anche noi, con la nostra vita morale, e infatti troviamo “l’operosità della fede, la fatica della carità e la fermezza della speranza nel Signore”. In concreto, fin dall’inizio, c’è tutto il Credo. Ed è una bella constatazione. Che sia anche una sorpresa dice che spesso siamo ciò che siamo senza ancora aver avuto la possibilità di capire e ringraziare per i doni che abbiamo avuto… Alla prossima.

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