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Presentato il rapporto di “Open Doors”

Nel mondo una media di 8 cristiani ogni giorno vengono uccisi a causa della loro fede, per un totale di 2.893 vittime tra il primo novembre 2018 e il 31 ottobre 2019: lo attesta il rapporto  di “Open Doors” presentato a Roma il 15 gennaio. I dati impressionanti di questa moderna persecuzione, che tutti concordano nel definire molto più pesante di quella verso i primi cristiani applicata nell’antica Roma, parlano di oltre 140 milioni di credenti in Cristo perseguitati in Asia, dove inoltre si registra il maggior numero di abusi di ogni genere: violenze fisiche, stupri, distruzione. Sommando i perseguitati negli altri continenti, in totale, i fedeli vittime di violenze sono 260 milioni.

Tra i dati salienti di queste efferatezze verso i cristiani, sono stati 9.488 gli edifici e i luoghi di culto cristiani chiusi dalle autorità o attaccati da gruppi estremisti nell’ultimo anno del rapporto di Open Doors. Una media di 10 sono i cristiani che ogni giorno vengono arrestati senza processo e incarcerati, per un totale di 3.711. Terribile la “conta” degli abusi sessuali: nel periodo considerato sono stati 8.537 in maggioranza donne, ma anche molti maschi subiscono questa violenza infame.

Il numero dei rapiti o sequestrati è altrettante elevato: 1.052 in varie parti del mondo. I sequestri hanno assunto proporzioni particolarmente dramatiche nel sud della Nigeria. Del resto il rapporto sottolinea che sono 11 i Paesi in cui la persecuzione anticristiana ha assunto un carattere “estremo”, mentre in altri 23 rimane molto  “alta”.

Come spiega il quotidiano “Avvenire”, “a guidare la classifica c’è – sin dal 2002 – la Corea del Nord, dove tra i 50 e i 70mila cristiani sono in carcere solo perché trovati in possesso di una Bibbia o riuniti in preghiera. «Sono almeno 300 mila i cristiani clandestini. E le chiese esistenti servono per ingannare i turisti, perché in realtà non sono adibite al culto, ma trasformate in teatri», afferma Cristian Nanni nel corso della presentazione, introdotta dal deputato di FdI Andrea Delmastro Delle Vedove. Il parlamentare ha parlato di «genocidio dei cristiani, censurato per ragioni economiche e diplomatiche, come in Qatar, col quale l’Italia ha firmato accordi o in Cina, per la “via della seta”». Cancellare la presenza dei cristiani in Medio Oriente, afferma il deputato, «oltre che grave, perché si tratta delle prime comunità cristiane, ipoteca pesantemente una pacificazione e riconciliazione di regioni in cui i cristiani sono sempre stati elemento di stabilità e mediazione».

A seguire nella classifica ci sono Afghanistan, Somalia e Libia. «Paesi – spiega il direttore di Open Doors – con lo stesso humus socio-politico e la stessa assenza di istituzioni. Chi si converte al cristianesimo rischia violenze o uccisioni». Al quinto posto, poi, il Pakistan, salito alla ribalta delle cronache internazionali per il caso di Asia Bibi: «Il diritto alla libertà religioso è l’orfano della Dichiarazione universale dei diritti umani, il meno discusso e difeso». Seguono Eritrea, Sudan, Yemen e Iran.

Da segnalare, al decimo posto, - sottolinea ancora “Avvenire” - l’India, che sta conoscendo una pericolosa compressione dei diritti delle minoranze. «Non passa giorno – spiega il direttore di Porte Aperte – senza che una chiesa indiana o un cristiano non venga attaccato. Ancora più grave è l’impunità che segue, per colpa del nazionalismo religioso del governo, che sta “induizzando” il Paese».

Anche in Africa aumenta considerevolmente la violenza contro le comunità cristiane. Il Burkina Faso entra nella lista dei 50 Paesi più “anticristiani” collocandosi subito al ventottesimo posto. La zona sub-sahariana del resto mostra preoccupanti fenomeni di destabilizzazione e radicalizzazione come ad esempio in Nigeria (12°), Mauritania (24°), Mali (29°), Camerun (48°, un’altra “new entry”), Niger (50°) e Chad ( 58°). Nel Nord Africa scala la classifica l’Algeria (dal 22° al 17°) mentre è stabile l’Egitto (16°) dove si verificano attentati, violenze e rapimenti di ragazze copte che spariscono e difficilmente vengono ritrovate. Si pensa che vengano vendute come schiave a ricchi arabi o a benestanti delle nazioni vicine.

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