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La devozione a san Giuseppe di santa Teresa di Lisieux

San Giuseppe e Teresa… A prima vista lui quasi in secondo piano nella vita di Teresina, ma la realtà è opposta fin dall’inizio. Nel marzo del 1873 Teresina, due mesi, pare destinata a morte prematura come i due piccoli Giuseppe suoi fratellini, e la mamma racconta in una lettera che nella disperazione si è inginocchiata davanti a un’immagine di san Giuseppe con una preghiera estrema: esaudita! Giuseppe presente nella vita di Teresina.

Del resto lei, carmelitana, apre ogni suo scritto con la sigla “JMJT”, cioè Gesù, Maria, Giuseppe e Teresa. Giuseppe c’è anche nella Storia di un’anima, ma in particolare in due composizioni: una poesia del 1894 e una composizione drammatica sulla fuga in Egitto datata 1896, un anno prima della sua morte. Ecco i versi della prima:

«Giuseppe, la tua vita ammirevole/ è trascorsa nella povertà/ ma di Gesù e Maria/ tu contemplasti la beltà/ il Figlio di Dio nella sua infanzia/ più di una volta con felicità/ sottomesso alla tua obbedienza/ si è riposato sul tuo cuore/ come te nella solitudine/ non serviamo Maria è Gesù/ piacere loro è il nostro solo studio/ non desideriamo niente di più/ santa Teresa nostra Madre/ ti invocava con amore/ Lei assicura che la sua preghiera/ tu l’hai sempre esaudita/ dopo l’esilio di questa vita/ noi ne abbiamo la dolce speranza/ con la nostra madre cara/ san Giuseppe, verremo a vederti/ benedici tenero padre/ il nostro piccolo Carmelo/ dopo l’esilio di questa terra/ tu riuniscici nel Cielo!» 

Devozione sentita… San Giuseppe è il santo del Carmelo: Teresa d’Ávila ha dedicato a lui il suo primo monastero riformato. Per lei il falegname di Nazareth è modello perfetto anche per la vita della carmelitana ed è il padre esemplare dei contemplativi: ha passato la sua vita avendo davanti a sé la presenza reale di Maria e di Gesù: il resto è conseguenza. Perciò la nostra Teresa, con l’originalità dottrinale sua propria – “Maestra dei teologi”, e “Dottore della Chiesa” – insegnerà che in fin dei conti il dovere dell’uomo di azione è… la contemplazione! 

Ma c’è altro, e di più. Nel gennaio 1896 per la festa della priora, Teresa, che negli anni precedenti aveva festeggiato scrivendo un suo “dramma” su santa Giovanna d’Arco, si incarica di scrivere per la comunità una “Ricreazione” e sceglie “La fuga in Egitto”: tema principale la certezza che come la Santa Famiglia è sfuggita alla collera di Erode così, mentre in Francia il contesto politico diventa ostile a Chiesa e religione, anche le carmelitane potranno essere salvate e nulla potrà impedire loro di amare Gesù e di farlo amare. 

Come agli inizi nulla, neppure la ferocia di Erode, ha impedito a Maria e Giuseppe di custodire Gesù amandolo e poi donandolo a tutti. Questo il messaggio centrale del dramma in sette atti. Nel testo anche versi di gioia e buon umore e persino di osservazioni sociali: la disuguaglianza tra ricchi e poveri è stata sofferta anche da Giuseppe Maria, che però nel testo rifiutano rivolta e anarchia… La beatitudine della povertà descritta da Teresa non è un programma sociale, ma uno stile di vita che contesta la divinizzazione di tutto ciò che non è davvero Dio ed esalta “i poveri di Jawèh”… E a sorpresa in questi versi Teresa presenta pagani in buona fede: per lei camminano anch’essi verso la luce, rappresentati soprattutto da una donna di nome Susanna che accoglie la rivelazione di un Dio che si abbassa fino a lei, e come la samaritana del Vangelo diventa missionaria in famiglia e nella società. Al centro del racconto soprattutto un dialogo tra le due madri, Maria e Susanna, che occupa molta parte dello sceneggiato. Se si colloca questa ricreazione nel contesto della vita di Teresina ci si rende conto di come a poco a poco la sua visione del mondo a partire dalla presenza di Gesù, bambino, sì, ma più precisamente “figlio”, si orienta verso una comprensione più profonda della realtà di “fratelli” e “sorelle” apparentemente “lontani”. 

La mariologia di Teresa cambia profondamente negli ultimi due anni della sua vita nella “notte della fede” ove lei rivive la realtà della Sacra Famiglia nella persecuzione di Erode. Maria ha vissuto di fede accanto a san Giuseppe subendo la prova suprema che metteva in pericolo la vita di Gesù, e nella composizione appaiono per la prima volta temi che nel Manoscritto C serviranno a comprendere la destinazione universale della fraternità di Teresa nei confronti dell’uomo moderno: lei scopre che esistono davvero «anime che veramente non hanno fede», o almeno che come lei non la sentono. Nel dramma il personaggio Giuseppe è assolutamente centrale, e Maria esalta la misericordia del Dio nascosto che nonostante la persecuzione di Erode va incontro a ogni uomo: Dio salva i piccoli, i poveri, ma anche i ladri pentiti… 

è la «via della fiducia, tutta corta e tutta nuova» offerta sia ai santi innocenti che al buon ladrone. È la certezza di una destinazione universale della salvezza che impedisce ogni scoraggiamento anche nelle situazioni più difficili in compagnia di Maria di Gesù e di Giuseppe, che l’ha salvata dalla morte pochi giorni dopo la nascita. Anche nell’ultimo anno di vita, nelle tenebre della prova della fede, per tutti gli uomini qui il messaggio complessivo della “vera sua dottrina” che la rende – parola di Benedetto XVI – “Maestra dei teologi”, Teresa è accompagnata anche da san Giuseppe fino in fondo. Lui accompagnerà anche noi… 

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