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Lunedì, 28 Marzo 2022 13:22

La creazione si rinnova con Gesù e Dio si fa nostro concittadino

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Solennità di San Giuseppe

di don Mario Carrera

marzo la tavolozza dei colori della natura si accende di splendore. Da sempre marzo è stato un mese assai ricco anche di avvenimenti: uno scrigno di speranza. A marzo infatti si inaugura lo sbocciare di un germe divino nel grembo di Maria. Con l’annuncio dell’angelo il 25 marzo. Qualche giorno prima, la liturgia dipinge il focolare allargato alle dimensioni del mondo; infatti un angelo, da sempre portatore di messaggi, nel sonno avvisa Giuseppe che il suo sogno di amore con Maria necessità di una spazio più grande.

Dal matrimonio di Giuseppe con Maria fino all’episodio di Gesù dodicenne nel Tempio di Gerusalemme, tutta la fase dell’infanzia è intessuta di premura amorevole «per la crescita di Gesù in età, sapienza e grazia». Pur nel silenzio, Giuseppe è accanto alla sposa sia nei momenti sereni e in quelli difficili della vita, come il viaggio da Nazaret a Betlemme per il censimento; nelle ore trepidanti del parto; e poi il drammatico avviso dell’immediata partenza per un paese straniero, l’Egitto. La ricerca di un lavoro e poi l’indagine affannosa del figlio al Tempio; e poi la quotidianità della casa di Nazareth, nel laboratorio, dove ha insegnato il mestiere a Gesù».

Chiediamoci: il nostro mondo globalizzato, sempre di corsa, preoccupato di non perdere l’aggancio con il presente, come si può rispecchiare nella vita di Giuseppe? Certamente non nel modo - ormai lontano nel tempo -, ma nella qualità - come arte - nel custodire i valori consegnatigli da Dio Padre. Giuseppe non è stato il padrone, ma il custode di un patrimonio ricevuto da Dio; l’ha custodito in un modo mirabile perché ha saputo ascoltare, si è lasciato guidare dalla mano di Dio, per questo è stato sensibile alle persone che gli furono affidate. Egli ha saputo leggere con realismo gli avvenimenti, fu attento a ciò che lo circondava, prendendo così le decisioni più sagge. Nel padre terreno di Gesù troviamo il modello di come si risponde alla vocazione di Dio; due qualità: disponibilità e prontezza. La prerogativa principale dell’agire di san Giuseppe fu di collocare la sua vita accanto a Gesù. Dimentico di sé e dei suoi personali progetti di vita, ha messo al centro di ogni decisione il bene di Gesù; così, istintivamente, ha insegnato anche a noi come custodire il prossimo che ci sta accanto, in casa, nel lavoro, nella vita ordinaria.
L’evangelista Matteo attribuisce a Giuseppe l’appellativo di «uomo giusto». Giuseppe era «giusto» non solo perché osservava scrupolosamente la legge, ma per quel rapporto vitale con Dio, che cambia il cuore dell’uomo e lo rende disponibile a fruttificare secondo i suoi piani. Il primo salmo dice: «L’uomo giusto è colui che si compiace della legge del Signore, medita la sua legge» e si può paragonare a un «albero piantato lungo i corsi d’acqua che dà frutto a suo tempo». San Giuseppe è modello perché ha messo Dio al centro della vita. Questo non significa avere davanti agli occhi una chiarezza assoluta del nostro futuro, ma la consolante certezza che a ogni passo Dio ci è accanto, soprattutto, quando «si è stretti dalla tribolazione e invochiamo il suo patrocinio».

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