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di Giovanni Cucci

Le situazioni di frustrazione e fallimento possono dunque aprire a cammini opposti, di morte o di possibilità di pienezza. Per questo è indispensabile una guida spirituale che aiuti a leggere quanto accaduto nella propria vita. Questo punto però può essere facilmente frainteso: alla base infatti di un accompagnamento spirituale, è importante che la persona abbia fatto, previamente, l’esperienza fondamentale della figliol\qanza spirituale. Viceversa, la relazione si presta ad equivoci, dipendenze anche perverse, e comunque non in grado di favorire la conoscenza, la maturazione ed il progresso spirituale.

Si possono esplicitare alcune indicazioni che consentono di aprirsi all’esperienza della figliolanza spirituale:

- Imparare ad accettare quanto sta capitando. Forse questo è il passo più importante, insieme facile e difficile da compiere, perché non si tratta di fare nulla di particolare (e questo è forse ciò che ci paralizza!), ma aprirsi per accogliere quanto sta capitando, sapendo che questo è bene per noi.

- Riconoscere eventuali convergenze, punti simili a quanto già accaduto nel passato; da qui l’utilità dell’esame di coscienza, come si è detto.

- Potenziare la preghiera di quiete, di ascolto, di abbandono.

- Riconoscere il senso della gratuità della vita, delle persone che ci sono state affidate, anche delle capacità che abbiamo ricevuto e che possiamo anche perdere. Questo senso di provvisorietà, quando è riconosciuto ed accettato, può aprire al dono che è essenziale per il cammino spirituale, sapendo che tutto è stato regalato e che il Signore non si lascia mai vincere in generosità. Questo aiuta a maturare il senso della delicatezza e della docilità.

- Coltivare un clima interiore di fiducia verso il Signore, affidandosi a Lui, come Ignazio chiede all’inizio degli Esercizi spirituali: «con animo aperto e generoso verso il suo Creatore e Signore, mettendogli a disposizione tutta la propria volontà e libertà, in modo che la divina maestà possa disporre di lui e di quanto possiede secondo la sua santissima volontà». Se Ignazio insiste su questa predisposizione essenziale per entrare nel clima degli esercizi è perché è facile dubitare del Signore quando arriva il momento della crisi. La generosità qui richiesta nasce dalla fiducia di chi ha conosciuto il Signore e sa che Egli è sempre buono, anche quando la Sua nube scende e non si vede più nulla. Se il Signore chiama ad un compito, per quanto impervio e difficile sia, fornisce sempre mezzi e aiuti per portarlo a termine: «Se siamo stati chiamati ad assumere la responsabilità, Gesù sarà sempre presente per aiutarci, guidarci e darci la forza e la saggezza necessarie. Davanti alla molteplicità dei problemi e alla loro complessità, il responsabile deve conservare un cuore di bambino, sicuro che Gesù verrà sempre in aiuto alla sua debolezza. Il segreto di un responsabile è restare giovane, aperto e disponibile, capace di meravigliarsi. E il mezzo migliore è quello di restare aperti allo Spirito Santo» (Vanier).

- È altrettanto importante un cammino di riconciliazione con i propri limiti. Le vicende di coloro che hanno attraversato la crisi scoprendovi una buona notizia sono accomunate da una progressiva accettazione della fragilità: restare entro il limite non significa dunque rassegnarsi a subirlo, o viverlo come frustrazione.

Si pensi alle figure di Pietro e Paolo, focose e irruenti, e la trasformazione avvenuta in loro, che li ha resi sempre più strumenti docili nelle mani del Signore. Il loro zelo non si è perduto ma piuttosto trasformato, diventando più pacato, più docile alla libertà del cuore: «Lo zelo autentico è quello che coinvolge profondamente senza mettere in questione noi stessi. Se siamo respinti o se non troviamo lo sbocco che desideriamo, ciò non deve diventare un problema personale che causa depressioni, sconforti e che porta al limite dell’abbandono o al limite della rassegnazione. Tutto questo avviene, quasi sempre, perché siamo fatti in maniera che non possiamo buttarci in una cosa senza coinvolgerci in essa e non possiamo coinvolgerci storicamente senza che la nostra figura, anche personale e psicologica, vi sia dentro. Non ci viene detto di non aspettarci questo tempo: piuttosto, ci è detto che è un tempo provvidenziale, tempo di rivelazione del mistero di Dio. Il Signore ci ama e ci purifica perché vuole fare di noi dei servitori adatti del Vangelo, interiormente liberi» (Martini). 

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