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Don Guanella è andato più in là di san Francesco, ha detto che la morte  non solo ci è consanguinea come sorella, ma è madre di vita.

È sul metro di questa madre che noi dovremmo misurare i passi della vita. Recentemente papa Francesco ha nominato mons. Vincenzo Paglia presidente della Pontificia Accademia per la Vita.  Subito nel cuore del presidente dell’Accademia della vita è riecheggiato l’eco affettuosa della “sorella morte” e ha pubblicato un volume sulla dignità del vivere e del morire.

In un’intervista rilasciata a Debora Bonini  a Radio Vaticana, mons. Paglia ha detto: «Il cuore del messaggio che promana da queste pagine è il bisogno di accompagnarci gli uni agli altri, dall’inizio alla fine. In un mondo dove la solitudine sembra diventare una malattia virale che ha colpito l’intera società, la vita e la morte sono amare, ancor più amare, se non sono accompagnate. Ecco perché penso che riflettere su quello che poi l’esistenza ci presenta davanti, perché tutti viviamo, tutti moriamo, credo sia importante. Diceva Santa Teresa  di Calcutta, che la malattia dell’Occidente, soprattutto ma non solo, è la solitudine. E l’unica medicina per guarirla è l’amore. E lei per prima ha dato questa medicina dell’amore ai moribondi, cambiando la loro morte». In Occidente dove si parla tanto di eutanasia, se ne parla molto perché siamo ammalati di solitudine e di paura di solitudine. «Infatti - dice il vescovo Vincenzo - che c’è una grande menzogna nell’Occidente: non si accompagna il morente, ma se ne affretta la morte.

Io sono convinto, ed è uno dei motivi del libro, che sia importante riflettere e dibattere sui temi ultimi, l’ignoranza è sempre deleteria. Nessuno di noi è un’isola: ognuno di noi non è solo se stesso, ma è se stesso insieme con gli altri. Quindi, stroncare la vita di una persona vuol dire stroncare la persona e tutte le sue relazioni. C’è bisogno di ridare la coscienza della communio in una società “iper-individualista”, “iper-tecnologica” e alla fine “iper-solitudinaria”. Ecco, con questo libro vorrei mostrare l’indispensabilità dell’essere legati gli uni agli altri». La canonizzazione di Madre Teresa ha fatto brillare ulteriormente la qualità da dare al nostro impegno non solo a pregare per i morenti, ma a tentare di stare accanto a loro con la preghiera, ma anche con la nostra persona e l’impegno comunitario, così che la morte dei nostri amici oggi e la nostra domani ci trovi ad occhi aperti per vedere aperta la soglia dell’eternità.

Santa Madre Teresa e don Guanella ci invitano a riempire tutte le solitudini, aiutando i nostri fratelli e sorelle a sperimentare l’ultima carezza dell’amore umano, in attesa di sentirsi amati da Dio in modo superlativo. Anche chi ha vissuto l’amara esperienza del rifiuto sulla terra potrà vivere la gioia di un abbraccio amoroso. Nei capitoli  centrali del volume mons. Paglia scrive di tabù della cultura contemporanea, quasi una “pornografia contemporanea”, materia cioè di cui non si deve parlare e a cui neppure avvicinare in particolare i bambini. Sul filone della pastorale di papa Francesco che parla di “ospedali da campo”, mons. Paglia ci invita «a tradurre la missione in un impegno  ad aiutare la coscienza dei credenti, ma anche dei non credenti, a comprendere, che questa missione che Dio ci ha affidato, inizia partendo dalla concretezza delle periferie e dai drammi che spesso le caratterizzano». Il Presidente della Pontificia Accademia della vita spinge a chiedere ai pastori e ai fedeli di «non stare a "pettinare" i concetti di queste problematiche, ma di aiutare con impegno concreto a salvare le vite».

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