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Accoglienza dei profughi

di Suor Tecla e Angelo Forti

«Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano» (Mt 11,4-5). Ma l’amore animato dalla fede - ci ricorda papa Francesco - ci fa chiedere per loro qualcosa di più grande della salute fisica: «chiediamo una pace, una serenità della vita che parte dal cuore e che è dono di Dio, frutto dello Spirito Santo, che il Padre non nega mai a quanti glielo chiedono con fiducia». Se Don Guanella aveva ereditato il carattere intraprendente dal papà Lorenzo, che per quasi vent’anni fu responsabile della pubblica amministrazione del comune di Campodolcino, la sensibilità del suo cuore, invece, portava i segni della tenerezza della mamma, Maria. La fusione di questi elementi ha dato un volto alla sua spiritualità di «contemplativo nell’azione»: egli non ha mai ha disgiunto la sua azione concreta a favore dei poveri dal suo rapporto con Dio. È proprio questo l’aspetto della sua anima di mistico nell’azione. La professione della sua fede era offrire la possibilità alle persone di incarnare il messaggio di Gesù nella vita.

Nella nostra vita frenetica, che corre il rischio di agitare «il nulla», dobbiamo tenere presente che il credente vede in ogni fratello, che stende la mano in cerca di aiuto, il riflesso della luce di Dio che tenta di svelargli frammenti del suo stesso volto e del suo mistero di amore. «Creato a immagine e somiglianza di Dio», ogni fratello offre a ciascun battezzato un tassello del mosaico del volto di Cristo risorto, che in pienezza potremo contemplare solo in cielo. Per chi ha il cuore ammalato di protagonismo, sapere che l’immagine di Cristo si scopre nel condividere il proprio sguardo con gli altri, è una vaccinazione contro il pericolo di costruire sulla sabbia. Le occasioni per incontrare il volto di Gesù in questi ultimi tempi si sono dilatate a dismisura. Accanto alle tradizionali povertà materiali, ne stanno imperversando altre che immiseriscono il senso del vivere, infrangono persino rapporti matrimoniali annosi, allargano i deserti degli affetti e con angoscia e con un velo di pessimismo e di mestizia s’interrogano drammaticamente sul senso del vivere.

In questi ultimi mesi è arrivata l’onda lunga delle migrazioni e le Congregazioni religiose sono state presenti su queste frontiere di emarginazione. La voce e la sensibilità evangelica di papa Francesco ha sollecitato parrocchie, comunità religiose e associazioni cattoliche ad allargare gli spazi della solidarietà, accogliendo i profughi in fuga dai territori della morte e dalla persecuzione. Che nessuno fosse solo e senza un affetto necessario per vivere era nel programma quotidiano di don Guanella. Il volume «Parabole di un buon samaritano», che raccoglie aneddoti sul suo stile caritatevole, costituisce una miniera di episodi in cui don Guanella arriva a dare il proprio letto per ospitare un senza tetto.

Già lo scorso anno, nel mese di agosto 2014, quando lo sbarco dei profughi a Lampedusa si era fatto sempre più drammatico, il vescovo di Como, monsignor Diego Coletti, ha rivolto alla sua Diocesi un appello, coinvolgendo le parrocchie e gli enti religiosi, invitandoli ad aprire i loro spazi liberi ad accogliere i profughi che approdano numerosi sulle coste italiane in cerca di rifugio. Le suore guanelliane, d’accordo con la Madre Provinciale, hanno individuato due spazi che potevano essere destinati all’accoglienza: uno alla periferia della città di Como (Como-Lora) e un altro all’inizio della Valtellina, ad Ardenno. A Como-Lora esiste uno stabile adibito negli anni passati a convitto per bambine che avevano i genitori emigrati in Svizzera per lavoro. Ad Ardenno, in provincia di Sondrio, l’edificio chiamato «Cristo Re» (per un’imponente statua di Cristo, posta sulla facciata), negli anni passati era una «scuola speciale» per disabili, che accoglieva quasi 200 bambine dai 4 ai 13 anni.

La Caritas della diocesi di Como ha risposto positivamente alla Prefettura che chiedeva collaborazione per affrontare il problema e si è aperto un progetto di collaborazione per assumere una conduzione diretta. Dopo vari incontri, per individuare l’idoneità degli spazi e giungere a una convenzione, si è elaborato un contratto di comodato d’uso gratuito per un anno e si sono stabiliti accordi precisi con la Caritas diocesana di Como, attraverso un progetto di accoglienza di dodici profughi a Como-Lora; lo stesso si è fatto ad Ardenno con la prefettura di Sondrio: le due realtà sono partite in modo effettivo nel novembre 2014.

Dopo alcuni mesi, alla verifica, si è riscontrato il buon proseguimento del progetto di accoglienza: i ragazzi ospiti sono rispettosi del regolamento stabilito ed evidenziano cenni positivi d’integrazione. Anzi c’è una perla che brilla nel firmamento della carità guanelliana. Uno degli ospiti nella struttura di Como-Lora, con ardimentoso coraggio, ha rischiato la vita gettandosi nel lago per salvare una persona che con un gesto di disperazione vi cercava la morte. Per questo gesto di coraggio e abnegazione è stato insignito dal Sindaco di Como della medaglia al valore per il suo altruismo.

In questi progetti anche i preti di don Guanella hanno evangelicamente gareggiato nel compiere un «bene fatto bene» offrendo dignitosa ospitalità ai profughi. Sempre attraverso le Caritas diocesane e le Prefettura di Como, di Sondrio e di Milano i Servi della Carità hanno un centro di accoglienza stabile nella casa Madonna del lavoro a Nuova Olonio e nella Casa Madre di Como che da anni serve, assiste e accoglie gli emigrati e altre persone in situazioni di difficoltà. La Casa Madonna del Lavoro è il fiore all’occhiello dell’attività del giovane prete don Luigi Guanella, che ha strappato alla palude un vasto territorio con la terapia del lavoro, che oggi i tecnici dell’educazione delle persone portatrici di handicap chiamano «terapia riabilitativa» attraverso un’occupazione. In quella zona don Guanella ha fatto fiorire la vita facendo sorgere addirittura un paese chiamato: «Nuova Olonio». La Casa Madre continua nel filone di essere il grembo benedetto della carità guanelliana, non soltanto con un’accoglienza per gli emigrati, ma anche con una mensa quotidiana per tutti i bisognosi.

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