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Trentesimo dialogo, e ultimo sul “Credo”

di G. Gennari

L’ultima volta siamo rimasti con l’interrogativo sul senso del suffragio per i defunti. Se il morire è anche la realizzazione piena della creatura la cui libertà ha la possibilità di scegliere per la Vita o per la Morte, Paradiso o Inferno, come esige la libertà umana, e quindi nel morire, grazie alla purificazione necessaria accolta o rifiutata è anche la realtà definitiva, resurrezione e vita eterna o eterna e voluta privazione della felicità, allora che senso ha la preghiera per i defunti? Quando noi preghiamo per loro essi sono già – e noto questo già – nella loro definitiva realtà, e quindi il suffragio è inutile…
No: e quel già è proprio il centro del discorso. Noi siamo nel tempo, ma la vita eterna è in Dio, che non è nel tempo. Il nostro suffragio di oggi è dall’eternità presente nella Sapienza infinita che è Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo. La nostra preghiera di suffragio, che è nel nostro oggi, non raggiunge il defunto direttamente, ma attraverso la mediazione del Cristo Signore e Salvatore, cui tutti i tempi sono presenti, perché Egli è (anche) l’Eterno… Pare sconcertante, ma questo vuol dire che se io oggi vivo in pienezza l’unità con Gesù, nella Comunione dei Santi la mia vita aperta all’azione dello Spirito Santo – quello che è stato riversato nei nostri cuori (Rom. 5, 5) – raggiunge anche il passato, e quindi p. es. io oggi aiuto San Francesco a scegliere definitivamente il Signore nella sua vita di 8 secoli orsono. È  la dilatazione infinita della Salvezza Eterna, nella sintesi piena di Misericordia e Giustizia che in Dio non sono mai opposte, come intuì meravigliosamente Teresa di Lisieux scrivendo che proprio perché divinamente “giusto” il Signore vede anche ciò che scusa i nostri difetti e anche i peccati, riconosciuti come tali nel pentimento, di cui la morte è per tutti occasione suprema…Il suffragio per i defunti, grazie alla effusione dello Spirito Santo su Maria, all’Incarnazione del Verbo nel Figlio di Dio, Dio e Uomo Gesù, e alla presenza eterna di tutto nella realtà della Trinità beata è utile e benefico realmente…
 
La vita eterna
Eccoci dunque a cercare di dire l’indicibile: la vita eterna in Dio. Qualche balbettio, tenendo presente che la Parola ci dice che «Occhio umano mai ha visto, orecchio umano mai ha ascoltato, cuore umano mai ha potuto presagire quello che Dio ha preparato per coloro che lo amano”» (I Cor. 2, 9). Scrivo e per caso mi accorgo che queste riflessioni – due anni abbondanti sulla nostra rivista di san Giuseppe – hanno avuto inizio le nostre riflessioni sul “Credo” proprio con questa stessa citazione di San Paolo. Un cerchio che si chiude, quindi, pur senza alcuna pretesa di completezza…
La vita eterna in Dio, la beatitudine finale, essere con Lui, “vederlo faccia a faccia”. Mi torna alla mente uno splendido brano di Clemente Alessandrino, che può coronare tutto il cammino che abbiamo percorso. Eccolo: “Essendo stati battezzati siamo stati illuminati. Illuminati siamo stati resi Figli. Resi Figli siamo portati alla realizzazione completa. Completamente realizzati siamo resi immortali”.
Ecco luce nel Battesimo invasione di Spirito Santo, che grida in noi “Abbà, Padre” e ci guida sulla via di Gesù, incarnato, nato da donna, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, anche noi “figli”, che calcando le orme di Gesù nel suo cammino – discepolo in greco è “akoloutheis” (colui che mette i piedi sulle orme del Maestro) – passiamo “nel mondo”, quello che Dio ha tanto amato da dare il Figlio suo per la sua salvezza, senza tuttavia essere definitivamente “del mondo”, nel senso di ciò che si ribella a Dio e a Cristo, e quindi consentiamo alla misericordia della predilezione divina di portarci a completamento del disegno di salvezza, e siamo resi immortali davanti a Lui…
Come sarà la vita eterna? Occhio umano, orecchio umano…ecc…Vale ancora e sempre. E arriva ancora Teresa di Lisieux: «mi chiedono se desidero morire per andare a vedere il Signore. Lo so che lo vedrò, ma quanto ad essere con Lui lo sono già pienamente ora!» E lo diceva alcuni giorni prima di morire, dilaniata dalla malattia e quasi schiacciata dalla prova della fede vissuta senza più “sentirla”, nel buio della “notte dello spirito” sperimentata anche da tanti altri che noi chiamiamo – e a ragione – Santi: penso a Madre Teresa di Calcutta…
Ecco, allora: vivere da battezzati, illuminati che offrono quella luce, che non è loro, a tutti nella quotidiana fatica di servire Dio nel prossimo e preparare un mondo diverso, con la certezza umile che Dio non dimentica le sue promesse: «i doni e la chiamata di Dio sono senza pentimento» (Rom. 11, 29).  
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