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Ivan è stato un uomo che ha trascorso la sua esistenza ad insegnare «il mestiere di vivere» umano. Essendo maestro di vita, negli anni della sua esistenza ha incontrato una serie innumerevole di persone e la moglie Nadège ha dovuto «condividere» il marito con tanti uomini e donne che si erano rivolti a lui alla ricerca di un aiuto per superare gli ostacoli del loro vivere. 
La sera, l’ultima, sentiva la morte avvicinarsi e Ivan sussurra dolcemente alla moglie: «Nadège, almeno la mia morte sarà solo tua». Dopo queste parole insieme recitano la preghiera del salmo: «Io mi rifugio in te, Signore». La moglie racconta che  Ivan, dopo la preghiera, allargò le braccia, rannicchiò il suo corpo fragile tra le braccia della sposa che dolcemente gli appoggiò la mano sul cuore, emise un rantolo e in quel momento il cuore cessò di battere. E fu in quell’istante che Nadège gli confessò: «Ti ho accompagnato  per tutta la vita con il mio cuore». Era la testimonianza autentica di un amore costantemente in fiore come una primavere perenne.
È una pagina stupenda che dovrebbe entrare nei sogni, nei desideri e nelle preghiere di ogni essere umano. Ivan era stato uno psicoterapeuta e aveva svolto la sua professione di docente con l’aspirazione di stabilire e consolidare relazioni umane a trecentosessanta gradi. Ogni facoltà, aspirazione o progetto doveva frequentare la scuola della vita, divenirne discepoli intelligenti e trovare in essa la soluzione ai problemi. Potremmo pensare che questa morte sia un caso eccezionale, ma ci aiuta a pensare a questo momento finale della vita e tentare di riappropriarci della vita stessa sino all’ultimo respiro. La morte ci deve trovare vivi. È saggezza elaborare la propria morte e auspicare la grazia di poter avere accanto persone vive disponibili ad accompagnarci sino alla soglia dell’eternità.
La vita nasce nella fragilità e muore nella fragilità. C’è una differenza: le difficoltà della vita nascente sono circondate da un nugolo di persone che aiutano, incoraggiano, insegnano, donano affetto, stimoli e solidarietà, invece al tramonto quando le fragilità del corpo aumentano, gli affetti si diradano e aumenta la paura; la solitudine, a volte, si trasforma in un’angoscia schiaffeggiata dal vento dell’ignoto. Oggi la nostra società nasconde il morire e soprattutto la morte. Oggi la morte è solitaria, nascosta, spogliata dagli affetti più cari. Anche i parenti hanno paura di vederci morire in casa, manca loro il coraggio di assistere alla morte del congiunto ma soprattutto hanno paura della propria morte. 
Mi ha sempre segnato nell’anima l’espressione di don Guanella che «la morte ci è madre», una maestra di vita che ci insegna a vivere con senso di responsabilità la nostra storia personale e comunitaria e ci è madre perché ci partorisce all’eternità. Troppo spesso rifiutiamo di pensare alle cose ultime che, invece, dovrebbero segnare il passo delle cose penultime, dare un’anima ai nostri progetti di vita.  
Per Gesù il comandamento dell’amore significa sentirsi responsabili delle persone e delle cose. Ogni semente lasciata nei solchi della vita se non è motivata dal senso di responsabilità collettiva rimane sterile. Il grido di Caino: «Sono forse io il custode di mio fratello?» attraversa in modo sibilante la storia dell’umanità . Come cristiani siamo custodi del patrimonio di bellezza, di bontà e di creatività nelle pieghe dell’anima del nostro prossimo. Questo impegno ci è stato consegnato da Dio con l’Incarnazione del suo figlio Gesù. Egli è venuto tra noi affinché il divino faccia crescere l’umano e l’umano sia illuminato e viva del divino. Questa responsabilità respira a due polmoni in simbiosi tra il divino e l’umano: l’eternità che entra nel tempo per fecondare il tempo di eternità. 
La nostra Primaria Pia Unione del Transito di san Giuseppe ha come compito principale di invocare con la preghiera la misericordia di Dio e sostenere con energia divina il passaggio all’eternità dei morenti, ma anche lo scopo di sviluppare questa sensibilità umana a farsi samaritani attivi ed operosi per riempire le ultime solitudini della vita umana.
Soltanto un quoziente alto di fede può aiutare a far rinascere questa attenzione per un accompagnamento solidale dei nostri fratelli e sorelle giunti al traguardo della vita terrena.
 
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