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Il mese di maggio

di G. Cantaluppi

Un tempo preghiera di tutta la famiglia, nel post Concilio una certa intellighenzia cattolica lo voleva soppresso; oggi, anche grazie a Giovanni Paolo II, il Rosario si è preso una bella rivincita

Annoia perché preghiera ripetitiva? Meglio la preghiera spontanea? Ma bisognerebbe fare una distinzione fra “recitare” e “pregare”: si parte dal recitare e si finisce per pregare: recitare è la manifestazione esteriore della preghiera, pregare è l’atteggiamento interiore, dello spirito che cerca la comunione con Dio.

è vero però che il Rosario, nel susseguirsi delle Ave Maria, può indurre alla distrazione e ad una ripetizione senza riflessione, a recitare dimenticando di pregare. Ma pensare che una preghiera spontanea valga di più è non rendersi conto che solo Dio crea dal nulla. Uno scultore può fare una figura di ceramica meravigliosa, ma ha bisogno dell’argilla; il Rosario rappresenta questa argilla che noi possiamo trasformare in autentica preghiera.

San Luigi Grignion de Montfort osserva che «la salvezza del mondo è cominciata proprio con l’Ave Maria e la salvezza di ognuno è legata a questa preghiera. Fu questa preghiera a recare alla terra secca sterile il Frutto di vita, ed è ancora questa preghiera, recitata bene, a far germogliare nelle anime nostre la parola di Dio e recare il Frutto di vita, Gesù Cristo» (Trattato della vera devozione a Maria, n. 249).

Quando si prega col Rosario si vive una comunione particolare col nostro Salvatore Gesù Cristo, perché non è semplicemente una serie di Ave recitata con devozione; è Gesù che torna a vivere nell’anima attraverso l’azione materna di Maria. Va sottolineato che l’elemento specifico del Rosario consiste nella contemplazione del mistero, altrimenti non sarebbe più il Vangelo trasmesso alla nostra vita.

Con esso il popolo cristiano si mette alla scuola di Maria, per lasciarsi introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Cristo e all’esperienza della profondità del suo amore. «Mediante il Rosario il credente attinge abbondanza di grazia, quasi ricevendola dalle mani stesse della Madre del Redentore» (Giovanni Paolo II).

Quando si prega col Rosario il nostro sguardo si volge anzitutto verso Cristo di cui viene menzionato un evento salvifico. In quel momento è come se gli aprissimo la porta e gli permettessimo di entrare nella nostra vita per fare, con ciascuno di noi, quello che ha fatto il buon samaritano nei confronti di colui che era finito nelle mani dei briganti che lo avevano derubato e lasciato mezzo morto: «Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versò olio e vino; lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui» (Lc 10, 34).

Un prefazio della Preghiera Eucaristica loda Gesù con queste parole: «Ancora oggi, come buon samaritano, viene accanto a ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito e versa sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza». Versa il vino, simbolo del suo sangue che espia e purifica. Lenisce con l’olio, simbolo della grazia e della consolazione dello Spirito Santo che porta nella nostra anima. Gesù fa tutto questo mentre noi stiamo con lui con i sentimenti di Maria. Ecco perché il Rosario è medicina dei nostri mali. Senza che ce ne accorgiamo veniamo curati.

Testimonia ancora san Giovanni Paolo II: «Il Rosario mi ha accompagnato nei momenti della gioia e in quelli della prova. Ad esso ho consegnato tante preoccupazioni, in esso ho trovato sempre conforto».

È una preghiera che ci salva dalla solitudine e dallo scoraggiamento perché ci fa vivere un’esperienza meravigliosa di unione col Signore, Salvatore nostro, con la Madonna, con gli abitanti del cielo, con tutto il mondo.

In particolare, insieme con la presenza salvatrice del Signore, il Rosario porta nella nostra vita la Madonna, la quale non se ne sta mai inoperosa. Vi entra con l’atteggiamento assunto nell’evento dell’Annunciazione, che segna l’inizio della sconfitta del nostro avversario.

Per questo il Rosario è stato chiamato anche arma di salvezza. Pio XI nella lettera Inclytam et perillustrem indirizzata nel 1934 al Maestro generale dei domenicani scriveva: «Tra le armi utilizzate da san Domenico per convertire gli eretici, la più efficace, come i fedeli sanno bene, fu il Rosario mariano, la cui pratica, insegnata dalla beata Vergine stessa, si è tanto estesa in tutto il mondo cattolico».

In genere si nota che coloro che pregano con il Rosario sono anche fedeli all’Eucaristia domenicale e talvolta anche a quella quotidiana, si confessano, praticano le penitenze stabilite dalla Chiesa, sono obbedienti ai Pastori che lo Spirito ha posto a pascere il gregge. è significativo che tutti i santi giovani, che lo Spirito sta suscitando oggi nella Chiesa, abbiano fondato il loro impegno sull’Eucaristia e sul Rosario: pensiamo alla beata Chiara Luce, al beato Carlo Acutis, solo per citare due nomi noti.

Mutuando un’espressione di Isaia (11,12), si può dire che la preghiera del Rosario è «un vessillo alzato per le nazioni… che raduna dai quattro angoli della terra» e rende visibile un marchio di fedeltà. Inoltre il Rosario è una preghiera particolarmente necessaria nel nostro tempo.

Non sarà sfuggito a nessuno che il Cielo in questi ultimi secoli in tutte le apparizioni mariane ha raccomandato la preghiera del Santo Rosario, e con una insistenza tale da non esserci nulla di simile nella storia precedente

A Lourdes la Madonna, nelle varie apparizioni, ha sempre tenuto in mano la corona del Rosario.

A Fatima, in tutte le sei apparizioni, non solo ha tenuto il Rosario in mano, ma ha chiesto di recitarlo tutti i giorni: si badi bene, non qualche volta ma tutti i giorni.

E il motivo sembra facilmente intuibile: gli uomini oggi rischiano di essere travolti dal chiasso e dalla frenesia della vita. Questa preghiera costringe dolcemente a prendere un certo spazio di tempo per fermarsi, riflettere, ripensare alla propria vita nella prospettiva della vita di Cristo.

Anche tutti i Papi del ‘900, a partire da Leone XIII, hanno insistentemente chiesto di pregare col Rosario. Soprattutto san Paolo VI nell’Esortazione apostolica Marialis cultus sottolineò, in armonia con le linee pastorali del Concilio Ecumenico Vaticano II, il carattere evangelico del Rosario ed il suo orientamento cristologico.

In proposito Giovanni Paolo II ha scritto: «Il Rosario… è una preghiera spiccatamente contemplativa». Privato di questa dimensione, ne uscirebbe snaturato, come sottolineava Paolo VI: «Senza contemplazione, il Rosario è corpo senza anima, e la sua recita rischia di divenire meccanica ripetizione di formule e di contraddire all’ammonimento di Gesù: “Quando pregate, non siate ciarlieri come i pagani, che credono di essere esauditi in ragione della loro loquacità” (Mt 6, 7)».

Nella contemplazione dei misteri si devono fare essenzialmente tre cose: la ripresentazione dell’evento di salvezza (mistero), il ringraziamento per l’evento compiuto da nostro Signore, la supplica a Dio in virtù dell’evento compiuto. Giovanni Paolo II nella lettera Rosarium Virginis Mariae si sofferma sul significato della ripresentazione dell’evento. Dice che gli eventi della vita di Gesù «non sono soltanto uno ‘ieri’; sono anche l’‘oggi’ della salvezza». Per questo non si tratta solo di ricordare, ma molto più di attualizzare l’evento di salvezza, di renderlo presente, anzi contemporaneo alla nostra vita.

Questo si realizza in maniera meravigliosa e perfetta nella celebrazione della Liturgia della Chiesa, ma non si esaurisce in essa.

«Se la Liturgia, azione di Cristo e della Chiesa, è azione salvifica per eccellenza, il Rosario, quale meditazione su Cristo con Maria, è contemplazione salutare. L’immergersi infatti, di mistero in mistero, nella vita del Redentore, fa sì che quanto Egli ha operato, e la liturgia attualizza, venga profondamente assimilato e plasmi l’esistenza». La contemplazione è essenziale per il Rosario, ma essa si può fare in tanti modi: partendo, come si è visto, dai sentimenti di Gesù, oppure dal punto di vista di Maria.

Ma questi punti di partenza non sono esclusivi. Se ne può indicare un terzo, ugualmente fruttuoso, e consiste nel partire dai problemi della nostra vita, nei quali si cerca di proiettare la luce di Cristo, soprattutto quella che arriva dalla luce del mistero enunziato. Non è andar distratti se nel Rosario si pensa ai propri problemi, purché si cerchi di illuminarli con la luce del Vangelo.

È bello portare nel cuore di questa preghiera i problemi delle nostre famiglie, di alcune persone care, della società, del Chiesa, del mondo intero. Per questo il Rosario è una preghiera tutta larga, perché prende il respiro di tutta la nostra vita.

Che sia giusto pregare così, lo ha ricordato anche da Giovanni Paolo II: «Nello stesso tempo il nostro cuore può racchiudere in queste decine del Rosario tutti i fatti che compongono la vita dell’individuo, della famiglia, della nazione, della Chiesa e dell’umanità. Vicende personali e vicende del prossimo e, in modo particolare, di coloro che ci sono più vicini, che ci stanno più a cuore. Così la semplice preghiera del Rosario batte il ritmo della vita umana» (Rosarium Virginis Mariae, 2).

Come suona bella la Supplica alla Madonna di Pompei: «O Rosario benedetto di Maria, Catena dolce che ci rannodi a Dio, vincolo d’amore che ci unisci agli Angeli, torre di salvezza negli assalti dell’inferno, porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più. Tu ci sarai conforto nell’ora di agonia, a te l’ultimo bacio della vita che si spegne».

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