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Giorgio La Pira un fantasioso “profeta” della storia contemporanea

di Angelo Forti

Il  “marchio di garanzia” per una santità da onorare si costruisce con un percorso meticoloso, simile ad uno spartito musicale in cui tante note rincorrendosi formano una sinfonia. In questo percorso il Professor Giorgio La Pira è arrivato alla tappa della venerabilità. Dopo i tanti “processi” a livello diocesano e poi presso la Congregazione delle cause dei Santi molti esperti teologi, giuristi, vescovi e cardinali, papa Francesco ha firmato il decreto di venerabilità di Giorgio La Pira.

Sulla sponda delle “onorificenze”; si aspetta l’efficacia delle sua intercessione per una guarigione al di fuori dai parametri della scienza medica perché la Chiesa lo proclami beato. Sulla riva della testimonianza c’è una vita ecclesiale da tessere con i colori delle sue virtù evangeliche intrecciata con il tessuto della nostra vita quotidiana.  Il santo è sempre un condottiero sulla strade del benfare. L’attività nei giorni della vita del “Professore” -come lo chiamavano gli amici - la potremmo paragonare ad un perenne fuoco d’artificio.

Pur essendo docente universitario di Diritto romano che per oltre settecento anni ha governato i rapporti  tra i popoli e le persone, quindi, “il Professore” ha insegnato  con rigore giuridico, preciso, prudente e riflessivo, ma la serietà dell’insegnamento universitario era accompagnata «dalle attesa della povera gente». Al centro di ogni impegno c’era la persona. Per La Pira  la creatura umana era la stella polare che muoveva i suoi passi.  In tempi non sospetti, era nell’estate del 1941, alla Settimana Camaldolese” in una sua conversazione ai cattolici laureati dice: »Che vale meditare sulla fede se non si intraprende con vigoria quell’ampia tessitura di opere che la fede esige? Opere non solo e non tanto individuali: opere collettive, orientazioni vaste di città, di popoli verso Cristo e la sua luce». Accanto alle cattedrali distrutte dalla follia della guerra chiamava  i laureati ad un “investimento” di buona volontà in opere “ciclopiche” per asciugare lacrime e ricostruire una civiltà ospitale.

Negli anni del suo impegno politico come sindaco di Firenze e poi come deputato al Parlamento, invocava da parte delle istituzioni «una lotta organica contro la disoccupazione e la miseria» perché non era ammissibile ed era senza senso parlare di valore supremo della persona umana o “decantare la nostra civiltà cristiana” se poi  non si aveva il coraggio di «sterminare la disoccupazione e i bisogni primari che sono i più terribili nemici esterni della persona».

La  vita del “Professore” nelle sue profetiche aspirazione era costantemente in cammino sulle strade del mondo come costruttore di pace, percorrendo con perseveranza “il sentiero di Isaia”, là dove gli strumenti di morte, si trasformano in servitori della vita, «le spade saranno spezzate e trasformate in aratri e della loro lance ne faranno falci» per mietere in abbondanza e gioia.

Il sogno di Isaia era una sentiero di luce che  riempiva di senso il corso della storia e aveva il suo traguardo della terrazza del monte Nebo dove finalmente Mosè ebbe almeno la gioia di accarezzare con i suoi occhi la Terra promessa.

 La Pira credeva che il “sentiero di Isaia” aveva come guida Dio stesso, per questo alla sua azione socio-politica, “il sindaco santo”, si affidava agli “integratori” della grazia che erano le preghiere delle claustrali, le monache di clausura, che  il nostro Venerabile coinvolgeva spiritualmente nelle iniziative che andava organizzando per progettare la pace nel mondo. In una lettera alla suore si domandava: «Cosa sta preparando il Signore? Quale è la “svolta storica” che l’opera dello Spirito Santo sta determinando nella vita delle Chiesa e in quella dell’umanità?». Chiedeva luce per saper scrutare “i segni dei tempi”, per poter sapere come il Signore comanda di fare.

Per La Pira ogni iniziativa doveva macerare nella sua preghiera; quante notti egli ha passato nella chiesa di san Marco a Firenze al presentare a Dio le proposte per costruire nel mondo la pace.

La figura di Giorgio La Pira ha una personalità poliedrica. Egli ha giocato tutta la sua vita come credente sul rispetto della persona umana senza distinzione. Egli incontrava i poveri alla messa e alla mensa dei di “San Procolo”, come incontrava i capi di Stato a Palazzo Vecchio e i “potenti” al Palazzo di Vetro a New York.

“Il sentiero di Isaia” aveva le sue tracce soprattutto nel cuore delle persone. 

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