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A 100 anni dalla nascita di un protagonista della vita della Chiesa italiana 

di Andrea Fagioli

A  proposito di don Divo Barsotti, in quest'anno centenario della nascita, l'arcivescovo di Firenze, il cardinale Giuseppe Betori, in un'intervista, ha manifestato la speranza «di poter fare i primi passi verso quel processo di beatificazione e canonizzazione che tutti ci auguriamo. Certo il cammino non sarà facile per la mole di scritti che ci ha lasciato e che andranno tutti esaminati: 160 libri, più di 600 saggi, non sappiamo quanti manoscritti...».
La passione di don Barsotti per l'arte, la religione e la letteratura è cosa nota. Del resto non ha mai negato che da giovane voleva fare lo scrittore. E se Mondadori all'inizio degli anni Trenta gli avesse pubblicato una raccolta di novelle, oggi non saremmo qui a ricordare un grande religioso, uno dei più grandi mistici del Novecento, un prete che comunque nella sua lunga vita non ha mai rinunciato alla scrittura e allo studio di poeti e romanzieri. Non è un mistero che attribuisse la sua conversione, almeno in parte, alla lettura dei classici russi («Dio si introdusse furtivamente nella mia vita attraverso la grande opera di Dostoevskij»).
Meno noto è che Barsotti affidasse ai suoi monaci lo studio dell'opera dei grandi scrittori e ne facesse oggetto di incontri comunitari durante i quali un membro della comunità teneva una relazione che poi don Divo commentava e approfondiva. Di questi incontri sono testimonianza i numerosi inediti del grande archivio che i suoi «figli» stanno arricchendo con materiale messo a disposizione da coloro che hanno avuto contatti con Barsotti, ma anche, appunto, con la trascrizione di incontri, conferenze, interviste e meditazioni. Il tutto in occasione di questo centenario durante il quale la comunità dei Figli di Dio ha già ricordato il proprio fondatore con un convegno tra la natia Palaia (dove sulla casa di famiglia è stata posta una targa) e Firenze, ma anche con la pubblicazione di un volume dal titolo Amatissimo dal Signore... (Edizioni San Paolo), che raccoglie molte delle lettere di «paternità spirituale» scritte da Barsotti a un gran numero di interlocutori che si rivolgevano a lui per avere una guida, un consiglio, un incoraggiamento. «Dio aveva dotato don Divo – spiega uno dei suoi “figli”, padre Agostino Ziino – di questo particolare carisma, offrendogli così un canale privilegiato per trasmettere quella ricchezza interiore di vita che egli sentiva urgergli dentro e che a fatica riusciva a contenere. Nella sua guida ognuno trovava il dolce e l’amaro, la tenerezza e il rigore, la comprensione misericordiosa per le naturali debolezze umane e il richiamo forte alle esigenze dell’amore di Dio».
Nell'occasione, sempre la San Paolo ha ristampato il diario L’attesa (1973-1975), che fece la sua apparizione nel 1995, prendendo timidamente il suo posto in mezzo alle decine e decine di ben più robusti volumi già pubblicati a quel tempo da don Barsotti. Ma più che di una semplice ristampa si tratta di una vera e propria nuova edizione, realizzata grazie al lavoro paziente di alcuni monaci della Comunità che hanno riesaminato accuratamente l’intero manoscritto originale, correggendo alcuni fraintendimenti più o meno vistosi presenti nella prima edizione, dovuti alla difficile decifrazione di molti passaggi della calligrafia di don Divo. I monaci stanno lavorando anche ad una futura pubblicazione su Barsotti e il Concilio Vaticano II attingendo ai diari, alla corrispondenza, alle meditazioni e alle lettere interne alla Comunità.
Un dvd sulla figura del mistico toscano, dal titolo La Bellezza nell’Amore di Dio, è stato realizzato da Carlo De Biase. Mentre l'ultimo volume arrivato sugli scaffali è l'epistolario tra Barsotti e Giuseppe Dossetti, La necessità urgente di parlare - Carteggio 1953-1995 (curato da Fabrizio Mandreoli ed Elisa Dondi per i tipi della Società editrice il Mulino), che, oltre ad arricchire le iniziative editoriali del centenario, rappresenta una delle testimonianze più significative di un intenso e complesso rapporto spirituale e culturale tra due grandi figure del Novecento, lasciando intravedere le vicende del Paese e della Chiesa. 
Sia pure incompleto, il carteggio si snoda in un arco temporale molto lungo e contiene sicuramente le lettere più importanti tra le quali quella (e non è la sola) in cui Dossetti, ex deputato alla Costituente, riconosce a don Divo il merito di averlo guidato al sacerdozio. Siamo nel 1958, la lettera porta la data del 21 gennaio, Sant'Agnese, Dossetti (che è nato a Genova nel 1913) si è ritirato ormai da sette anni dalla politica e ha già fondato a Monteveglio, in provincia e diocesi di Bologna, la comunità monastica della Piccola famiglia dell'Annunziata. Collabora con l'arcivescovo Giacomo Lercaro, ma non è ancora sacerdote. Lo diventerà l'anno successivo, il 6 gennaio 1959.
Il rapporto, dopo qualche pausa e anche qualche incomprensione, si protrarrà fino a quell'ultima commossa visita di Dossetti a Settignano (a Casa San Sergio dove Barsotti vive con la Comunità dei Figli di Dio da lui fondata) prima del suo ricovero urgente in ospedale nel luglio del '95. Da allora le condizioni di don Giuseppe si aggraveranno e don Divo, nel novembre del '96, si recherà all'ospedale vicino a Monteveglio per un ultimo incontro, che avviene in silenzio, perché Dossetti non parla più. «Stamani alle sei e mezzo è morto Dossetti – annota Barsotti il 15 dicembre 1996 –. Quanta della mia vita si è conclusa alla sua morte!». Barsotti, però, morirà dieci anni dopo.
 
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