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Vangelo dei misteri della vita nascosta di Gesù

di Tarcisio Stramare


Introducendo qualsiasi discorso su san Giuseppe è facile sentire l'affermazione: «Ma nella Sacra Scrittura san Giuseppe non dice neppure una parola!», espressione che equivale ad un invito a chiudere l'argomento e che spiega come nell'insegnamento teologico la figura di san Giuseppe sia totalmente assente. Eppure questo non è certamente il pensiero del magistero della Chiesa, che ha dichiarato san Giuseppe suo patrono universale e gli ha dedicato un'Enciclica (Quamquam pluries) e un'Esortazione apostolica (Redemptoris custos = RC), documenti che sono rivolti a tutta la Chiesa.

Ciò dimostra che la figura di san Giuseppe supera l'orizzonte della devozione "privata", essendo egli un personaggio direttamente coinvolto nel mistero dell'incarnazione e della redenzione. Nello stesso decreto divino dell'Incarnazione del Verbo, che predestinava Maria a essere la madre del Figlio di Dio, è incluso, infatti, anche san Giuseppe «chiamato da Dio a servire direttamente la persona e la missione di Gesù mediante l'esercizio della sua paternità: proprio in tal modo egli coopera nella pienezza dei tempi al grande mistero della redenzione ed è veramente “ministro della salvezza”» (RC, n. 8).

La presenza congiunta di Maria e Giuseppe, sigillata dallo stesso vincolo di carità, fa parte del mistero dell'Incarnazione: «Proprio a questo mistero Giuseppe di Nazareth “partecipò” come nessun'altra persona umana, ad eccezione di Maria, la Madre del Verbo Incarnato. Egli vi partecipò insieme con lei, coinvolto nella realtà dello stesso evento salvifico, e fu depositario dello stesso amore, per la cui potenza l'eterno Padre “ci ha predestinati ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo' (Ef 1,5)» (n. l). Alla luce del mistero dell'Incarnazione si comprende come nel grande tema della Redenzione, sviluppato da Giovanni Paolo II come leit-motiv dottrinale del suo pontificato, Giuseppe vi occupi la sua giusta parte: Redemptor hominis, Redemptoris Mater, Redemptoris custos. È una trilogia che si impone e che si prepone alla Redemptoris missio. Ne segue che il senso di sorpresa di fronte al posto occupato da san Giuseppe nel mistero dell'Incarnazione e della Redenzione è dovuto purtroppo alla persistenza di alcuni "preconcetti" riguardanti la sua figura e la sua missione e, inoltre, alla mancanza dei necessari "presupposti", che la teologia stenta a ricuperare. I preconcetti I preconcetti riguardanti san Giuseppe sono davanti agli occhi di tutti.

L'arte, che è il riflesso della predicazione e della teologia che la supporta, da secoli ha continuato a proporre di san Giuseppe, salvo rare eccezioni, un 'immagine cadente e decadente, marginale e decorativa. La letteratura apocrifa si è impegnata a fondo, pur ammettendo la buona intenzione di evidenziare la verginità di Maria, per attribuirgli la paternità di tutti "i fratelli di Gesù" e per assegnargli, inoltre, un'età così veneranda per il suo matrimonio con Maria da rendere incomprensibile come esso potesse in tal modo salvaguardare l'onore di Maria e dello stesso Gesù e difendere la santa Famiglia in tutte le sue difficoltà. Chi si chiedesse: "Come mai il culto verso la Santa Famiglia ha tardato così tanto a farsi strada?", troverebbe qui la risposta. Non parliamo delle difficoltà sempre ricorrenti che incontra la dottrina del matrimonio di Maria con san Giuseppe, ignorato anche nei documenti ufficiali che riguardano il matrimonio cristiano.

Più difficile ancora diventa il problema quando entriamo nel tema della paternità di san Giuseppe, dove sembra quasi doveroso sopportare l'ironia anziché prenderne la difesa come aveva già fatto sant'Agostino. La stessa Mariologia dedica scarsa attenzione all'aspetto di Maria "sposa di Giuseppe", preferendo per lei altre "nozze"; le attribuisce, inoltre, compiti che, invece, sono stati certamente adempiuti da san Giuseppe, tenuto conto dei diritti e doveri del padre nella cultura religiosa ebraica; anche lo spazio riservato a san Giuseppe nelle riviste e congressi mariani è insignificante. Eccettuati i Centri di studio su san Giuseppe, non risulta che le Diocesi abbiano dedicato uno spazio anche minimo alla presentazione della RC. Continuano ad imporsi due dogmi: 1) su san Giuseppe si sa poco, i Vangeli non ci riferiscono neppure una sua parola; 2) quel poco da sapere, già lo so. Se ci riferiamo alla Sacra Scrittura, gli studi esegetici del secolo scorso sui "cosiddetti evangeli dell'infanzia" ne hanno talmente compromessa la storicità, da renderli teologicamente asettici. San Giuseppe è così trascurato che è perfino problematico trovare nelle nostre facoltà teologiche un professore che accetti di seguire una tesi che lo riguardi in qualche modo. Con amarezza dobbiamo confessare che troppe volte i preconcetti hanno la stessa stabilità e il peso dei dogmi.

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