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Sabato, 28 Novembre 2020 14:36

Cittadelle della speranza, università della vita

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La visita ai cimiteri

All’albeggiare in quella mattina di pasqua davanti ad una tomba vuota un angelo chiese a Maria: «Donna, perché piangi?». La prima notizia in quell’alba di luce è bagnata da lacrime di desolazione.

Agli occhi di carne di Maria di Magdala era stato sottratto il corpo di un uomo che aveva riempito la sua vita di un immenso amore. Maria ancora non aveva intuito che dire ad una persona «Ti amo» è come accendere una scintilla immortale.

Il suo “amato” aveva abbattuto il muro del tempo e aveva aperto, in un modo irreversibile, il sentiero inaugurato sul panorama dell’immortalità, abitato da uomini e donne, creature umane nate alla vita con il sigillo della stessa somiglianza con Dio. «Una storia costruita nel passato che si concentra e preme sul presente».

Un presente che non ha senso se non si proietta nei sentieri del futuro.

Per noi, come lo è stato per Maria la mattina di pasqua, la visita ai cimiteri è un camminare nel chiarore dell’alba. Un camminare in solitudine in quei sentieri silenziosi dei nostri cimiteri che, prima di essere cittadelle della speranza, soprattutto nei momenti del lutto per la morte dei nostri cari, assomigliavano ad una «valle di lacrime».

In quei momenti della mutilazione degli affetti, abbiamo percorso quei viali singhiozzando per la privazione di persone a noi care. A volte, passi lenti, appesantiti da molti “perché” senza una ragionevole risposta umana.

Stemperate le lacrime come Maria di Magdala, anche noi abbiamo visto il “sepolcro aperto” e in quello scenario gli angeli della risurrezione ci hanno invitati a guardare il patrimonio di bene che i nostri antenati ci hanno lasciato in eredità con il monito di continuare a completare la “civiltà dell’amore” come parco gioioso della fraternità condivisa.

Per ogni creatura umana coniugare la vita con il verbo della speranza è un privilegio che permette di guardare il passato come un cumulo di avvenimenti che premono sul presente per generare futuro. Ognuno di noi porta sulle spalle un passato intessuto con trame di luce e parentesi di buie sconfitte, ma la fede ci apre ad un destino di perdono e di misericordia. Nel profondo del cuore portiamo, comunque, un’indelebile nostalgia di eternità. Il tempo e lo spazio sono un limbo in cui si respira l’infinito di Dio.

Noi giochiamo e scommettiamo la carta della speranza sul futuro con la fiducia nella Provvidenza che consola e medica le ferite della vita e asciuga le lacrime di una separazione momentanea dai nostri cari. Buon futuro sotto la benevole protezione di san Giuseppe, il papà di Gesù e il nostro tutore.

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