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La bonifica guanelliana del Pian di Spagna

di Bruno Capparoni

Trascorsi una dozzina d’anni dalla desiderata apertura della prima casa a Como, nell’aprile 1886, le cose si stavano mettendo bene per don Guanella: le sue suore crescevano di numero e di generoso servizio ai più poveri, mentre i primi sacerdoti, radunati in un embrione di congregazione religiosa, iniziavano il loro cammino; di conseguenza le fondazioni guanelliane andavano crescendo, dopo la prima espansione del 1894 a Milano con l’apertura della Pia Casa dei poveri e qualche asilo d’infanzia.

Ma nel settembre 1899 don Guanella si gettò a capofitto in una impresa nuova e certamente singolare, come la bonifica di quella landa desolata che si estendeva tra l’alto lago di Como e l’inizio della Valtellina, detta il Pian di Spagna, a ricordare che lì correva il confine tra la passata dominazione spagnola del ducato di Milano e le terre sottoposte ai Grigioni. In quella vasta area l’Adda aveva girovagato per secoli prima di trovare la strada del lago; finalmente convogliate le acque attraverso il canale di Dubino, la zona restava però abbandonata e incolta, mentre avrebbe potuto dare frutti abbondanti e sostentare una numerosa popolazione. 

Don Guanella già dal 1872 con la sua prima pubblicazione, Saggio di ammonimenti famigliari per tutti ma particolarmente per il popolo di campagna, aveva cercato di contrastare il fenomeno dell’emigrazione dei contadini, che negli anni tra i due secoli raggiunse dimensioni enormi. Mentre, come la parte più avvertita dell’opinione pubblica, egli continuava a interrogarsi sul triste fenomeno, decise anche di passare all’azione: pensò di trasformare il Pian di Spagna in campi e pascoli che avrebbero creato ricchezza. Acquistò dal demanio un vasto terreno e insieme ad altri proprietari organizzò la bonifica di quella che era chiamata con disprezzo la vedescia, cioè luogo di canne e rospi. Ne nacque il bel paese di Nuova Olonio.

Cominciò risistemando alla meglio come ricovero la costruzione di una vecchia osteria detta La Castella, dove collocò un sacerdote, tre o quattro suore e alcuni buoni figli; nei pressi fece erigere una chiesa di legno che il 4 novembre 1900, nel corso dell’Anno Santo della Redenzione, fu dedicata al Santissimo Salvatore. E siccome Gesù non poteva stare senza la Madre, ecco che a Nuova Olonio don Guanella iniziò a invocare Maria con un titolo piuttosto insolito, quello di Madonna del Lavoro.

Don Guanella e la Madonna del Lavoro

I titoli con cui si invoca Maria suggeriscono molte cose sulla fede del cristiano. Specialmente se si tratta della devozione mariana di un santo.

Nel cuore e sulle labbra di don Guanella la prima invocazione a Maria era stata per la Madonna Immacolata, colei che è «la senza peccato» e aveva rallegrato la Chiesa del XIX secolo con la proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione nel 1854 e con le apparizioni a Lourdes nel 1858. Poi dal 1895, con lo svilupparsi della sua azione di fondatore e in riferimento alla famiglia religiosa delle suore, egli diffuse nelle sue Case anche il titolo di santa Maria della Provvidenza, mutuato dalla chiesa romana di San Carlo ai Catinari, retta dai barnabiti.

Invece il titolo di Madonna del Lavoro era del tutto nuovo e ancora oggi pone qualche interrogativo circa la sua origine.

Qualche indizio si trova nella storia del cattolicesimo francese della seconda metà dell'Ottocento, ricco di iniziative in favore del mondo operaio. Anche se un po’ da lontano, troviamo un primo richiamo nel titolo di Notre-Dame des champs (Nostra Signora dei campi) sorto nel 1852 ad Angers (Paesi della Loira) dove l’abate Le Boucher aveva dato vita a un patronato rivolto a giovani operai e aveva diffuso questa invocazione alla Madonna.

Più convincenti sono i possibili, ma per ora ignoti, contatti di don Guanella con le iniziative cattoliche nel nord-est della Francia in favore degli operai tessili. A Roubaix, al confine con il Belgio, l’industriale cattolico Henri Bayart aveva suscitato all’interno delle sue fabbriche la confraternita di Notre-Dame de l’usine (Nostra Signora della fabbrica). Egli era in stretto rapporto con Léon Harmel col quale nell'ottobre 1889 organizzò il famoso «pellegrinaggio dei diecimila» a Roma, formato da operai e industriali, che aveva preparato la pubblicazione dell’enciclica Rerum novarum nel 1891. Sembra che Harmel, il famoso «bon père» (padre buono) della tessitura di Le Val de Bois (Ardenne), fosse a conoscenza dei progetti di don Guanella al Pian di Spagna; su La Divina Provvidenza del novembre 1901 (p. 83) si legge a tal proposito: «Leone Harmel lo incoraggia ed egli [don Guanella] senz’altro mette mano all’opera grandiosa [del Pian di Spagna]».

Altra possibile fonte di ispirazione è l’iniziativa del sacerdote parigino Jean-Baptiste Soulange-Bodin (1861-1925). Mentre era parroco di Notre-Dame de Plaisance, in un quartiere che allora andava crescendo a dismisura per l’arrivo di operai addetti all’Exposition Universelle del 1900, promosse vicino alla torre di Montparnasse la costruzione della nuova chiesa parrocchiale dedicandola a Notre-Dame du travail (Nostra Signora del lavoro). I lavori si svolsero tra tra il 1899 e il 1901 su progetto dell’architetto Jules Astruc, che all’interno dell’edificio utilizzò una struttura metallica tipica delle costruzioni industriali dell’epoca. La coincidenza cronologica con l’iniziativa di don Guanella al Pian di Spagna è quanto mai interessante. 

Ma da questi riferimenti si scopre più una possibile consonanza che una dipendenza dimostrata. Inoltre si deve sottolineare anche una significativa differenza, che cioè le iniziative francesi ricordate sono rivolte al mondo operaio nell’industria, mentre don Guanella si occupava dell’ambiente rurale attraverso la bonifica di nuove terre coltivabili e l’organizzazione di colonie agricole. 

Ma allora è stato don Guanella a “inventare” la Madonna del Lavoro? Non si può rispondere con sicurezza, anche se don Leonardo Mazzucchi, illustre guanelliano e storico, afferma che fu proprio lui il primo a proporre in Italia questo titolo mariano («Charitas», n. 123, giugno 1959, p. 23).

«Madonna del Lavoro, proteggi, le nostre persone e le nostre famiglie»

Se è difficile attribuire o meno a don Guanella l’origine della Madonna del Lavoro, è invece sicuro che il gruppo scultoreo che la rappresenta, esposto a Nuova Olonio alla venerazione dei fedeli il 5 maggio 1901, è stato pensato totalmente da lui, che ha descritto le caratteristiche allo scultore milanese Giuseppe Nardini, incaricato di plasmarlo con la povera materia del gesso.

Il fatto è attestato da una sua preziosa lettera del 16 marzo 1901 all’arciprete di Traona Giovanni Tam: «Caro signor Arciprete, se vuol vedere un bel gruppo della Madonna del Lavoro diffondersi in Valtellina, mandi ma tosto tosto in pacco postale un modello d’abiti d’uomo (farsetto, gilè, calzoni corti, stivali di panno nuovi od usati) al signor Nardini Giuseppe, via Fiori Chiari, Milano 32. Ma solleciti in giornata. Io ritorno naturalmente tutto e pago le spese, ma lei non tardi nemmen un giorno» (E 2547). 

L’immagine di Nuova Olonio è del tutto diversa da quella francese venerata nella chiesa parigina. Là Maria è seduta in trono ed abbraccia il fanciullo Gesù, piccolo artigiano, mentre ai piedi del suo trono vi sono gli strumenti simbolici del lavoro industriale. Invece don Guanella ha scelto di rappresentare Maria secondo la raffigurazione della Medaglia miracolosa e insieme si è richiamato all’iconografia medievale della Madonna del Manto: la Vergine infatti stende le mani e il manto a protezione di due lavoratori, un giovane fabbro ed un attempato contadino che indossa quegli abiti tradizionali valtellinesi richiesti nella lettera a don Giovanni Tam. La statua francese ispira venerazione per la Madre di quel Dio che fu chiamato «il figlio del carpentiere»; quella di don Guanella trasmette fiducia nella protezione di Maria, vicina alle fatiche e alle pene dei lavoratori.

Don Guanella continuò a manifestare attenzione e affetto alla Madonna del Lavoro e volle in seguito darle una degna cornice. La chiesetta di legno, umile e povera, venne ben presto sostituita da una bella chiesa in muratura. Gli piaceva la chiesa milanese di San Vincenzo in Prato e chiese all’ingegnere Giovanni Battista Sartirana di riprodurla a Nuova Olonio. Fu benedetta dal vescovo di Adria-Rovigo, Antonio Polin, il 15 maggio 1905.

Durante la costruzione si verificò anche un fatto ritenuto prodigioso. Mentre gli operai stavano lavorando a chiudere le absidi, un ponteggio cadde e travolse quattro di loro, che restarono incredibilmente illesi e ciò fu attribuito all’intercessione della Madonna del Lavoro. Il successivo 29 ottobre 1906 venne benedetto il nuovo altare in stile romanico-bizantino, opera dell’architetto Federico Frigerio di Como, a ricordo del quarantesimo anniversario di ordinazione sacerdotale di don Guanella, con una festa cui invitò anche i suoi antichi compagni.

Anche dopo la morte del Fondatore la devozione alla Madonna del Lavoro fu coltivata a Nuova Olonio. Il 23 agosto 1942, nel pieno della Seconda guerra mondiale, il vescovo di Como Alessandro Macchi eresse la chiesa in santuario. Al termine del conflitto si volle dare maggiore rilievo al santuario mariano e si pensò di realizzare un nuovo simulacro. Ne fu incaricato lo scultore Vincenzo Moroder di Ortisei, che con massima perizia realizzò in pregiato legno di cembro una copia esatta dell’originale voluto da don Guanella. La nuova immagine venne collocata sotto un grande baldacchino marmoreo (che però modifica inopportunamente le belle proporzioni dell’interno della chiesa) e fu incoronato solennemente dal vescovo Felice Bonomini il 3 maggio 1953. 

L’immagine voluta da don Guanella, umile e piccola ma infinitamente preziosa per il nostro affetto, dopo varie traversie fu adeguatamente restaurata ed ora è venerata nella cappella interna della Casa di riposo di Nuova Olonio, intitolata proprio alla Madonna del Lavoro. A coloro che si fermano in preghiera continua a trasmettere conforto e forza, così come don Guanella invocava per i lavoratori, quando nel 1903 scriveva questa preghiera: «Vergine del Lavoro, che incoraggi e benedici il povero colono e l’operaio, deh! ascolta le suppliche di quanti a te ricorrono, sentendosi cadere sotto il peso di fatiche prolungate e che a mala pena provvedono ai bisogni della famiglia».

Pur in contesti totalmente diversi, dopo oltre un secolo queste parole sono ancora attuali, mentre da Nuova Olonio la Madonna del Lavoro continua a proteggere e sostenere coloro che guadagnano il pane col sudore della fronte. 

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