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Sant'Alberto Hurtado

di Michele Gatta

Sant'Alberto Hurtado è stato un santo decisamente impegnato nel sociale. Vivendo sulla sua pelle la preoccupante situazione sociale del Cile desiderava infondere in tutti la convinzione che oggi la maggior opera di misericordia da parte della comunità cristiana è quella di organizzare una società dove l'ingiustizia sia eliminata strutturalmente.

Il suo insegnamento in campo sociale lo si può riassumere in quattro parole chiavi. 

Amare. Un verbo che ha impregnato la sua vita. È stato un innamorato di Gesù. In un suo appunto troviamo scritto queste parole: «Che io aspiri pieno di fiducia a questa nudità gli affetti: non amando se non Cristo Gesù, e Gesù soltanto, confidando che è Gesù colui che più lo desidera e, nell’aspirare a questo ideale, prescindere dalla consolazioni di Gesù». Questo amore appassionato si concretizzava poi nell'amore al prossimo in particolare a quel prossimo verso cui le ingiustizie di strutture sociali calpestavano».

Il secondo elemento era servire.  Per quanto era ben nota la sua competenza in campo sociale, andò a lavorare nelle miniere di salnitro da semplice operaio, senza farsi riconoscere, per poter ascoltare Cristo che parla nei fratelli che soffrono.

Il fine della sua azione era trasformare.  Egli aveva capito che «La prospettiva liberale dell'economia si era rivelata disastrosa per la vita reale.  La persona era subordinata alla ricchezza e il consumo alla produzione. La filosofia cristiana, invece, sostiene che qualsiasi produzione o guadagno che non conduca il bene dell'uomo non solo è uno spreco ma è oggettivamente un male. L'uomo è infinitamente più prezioso della sua ricchezza». Bisognava urgentemente trasformare la società, ma per Hurtado l’alternativa - pur valida come rivendicazione - non era il comunismo, perché l'ideale marxista nella sua marcia di conquista con un cammino tremendo, disseminato di cadaveri, di lacrime e sofferenze. Non risultavano perché chiedeva troppo. Diceva sant’Alberto Hurtado: «In fin dei conti il marxismo offre troppo poco ad un prezzo troppo alto».  

Per il santo della terra cilena l’unica via era di trasformare le strutture.

Per la comunità cristiana una cordiale e sincera ambizione, era quella di «costituire una grande famiglia, che la terra e i suoi beni potessero servire a soddisfare i bisogni della collettività al bene comune dei fratelli, figli dello stesso Padre e della stessa madre, la Chiesa».

Era una convinzione profetica e moderna di grande attualità anche per i nostri tempi. Papa Francesco sollecita frequentemente a far sì che il credente in Cristo Gesù sia in prima fila nella promozione di questo nuovo ordine sociale.

La vita e gli insegnamenti di sant’Aberto Hurtado gli procurarono apprezzamenti ma anche tante avversioni. 

Nella sua terra era, giustamente, chiamato un “profeta del sociale”. In effetti, non rimase mai chiuso nella pura teoria. Oltre all’esperienza di prete-operaio, lavorò in altri campi. Sentiva la vocazione di essere padre di tante persone orfane di dignità umana.

Alla periferia della capitale del Cile, Santiago, per i ragazzi poveri fondò Il Focolare di Cristo Hogar de Cristo; organizzo corsi di pedagogia e di religione. Era sempre disposto ad accompagnare le persone nella direzione spirituale. Per la loro formazione edificò una Casa per esercizi spirituali e creò per la “Compagnia di Gesù”, i gesuiti di cui era membro, un Noviziato. Accompagnò come consigliere l'azione sociale e sindacale del Cile e pubblicò una rivista mensile. Per un uomo di una laboriosità straordinaria, quando i medici gli annunziarono un cancro al pancreas esclamò: «Ho vinto la lotteria: sono felice, felice, felice!».

Padre Hurtado si spense il 18 agosto del 1952. Questa data è diventata festa liturgica per la Chiesa e in Cile divenne Giornata della solidarietà per decreto legge del parlamento. 

Padre Hurtado è stato canonizzato da Benedetto XVI il 23 ottobre 2005.  

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