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Sembrano di grande attualità le parole di don Guanella scritte alla fine dell’800: «Riesce poi difficile mirare giusto in sì grande confusione di giornalisti, di scrittori. Per non sbagliare si guardi sempre al Papa, che è la stella polare. Egli solo basta».  Nel giorno di mercoledì, dedicato dalla devozione popolare al culto di San Giuseppe, il 13 marzo 2013 lo Spirito Santo ha donato alla sua Chiesa il nuovo papa con il nome programmatico di Francesco. I latini dicevano che «il nome è un programma», una scelta, un augurio (nomen est omen) e il nome di Francesco per un papa, venuto da una terra evangelizzata dagli europei, è un invito a una riforma radicale. Un’evange­lizzazione di ritorno, dal mondo dei poveri, ma ricchi di speranza, a una civiltà sazia ma povera di valori.
Questa «stella polare» è segnata dalla luce dell’umiltà, dal primato della preghiera e dall’attenzione ai poveri.
Per noi guanelliani, Servi della Carità, l’attenzione ai poveri ci trova già sentinelle pronte a varcare la soglia delle case dei poveri. Papa Francesco ha conosciuto e visitato più volte la nostra parrocchia del Transito a Buenos Aires. Ha partecipato a un capitolo provinciale dei Servi della Carità in Argentina. Da buon gesuita nutre una devozione viva a San Giuseppe e l’ha trasmessa ai suoi novizi, dei quali due sono vescovi legati alla nostra Pia Unione del Transito nella Capitale argentina.
L’arcivescovo Jorge Mario Bergoglio, il nuovo Pontefice, in occasione dell’inizio dell’Anno della fede ha indirizzato alla sua diocesi di Buenos Aires una lettera in cui indicava gli stati d’animo per varcare la soglia della fede. Ne indichiamo alcuni:
«Varcare la soglia della fede ci sfida a scoprire che, - anche se oggi sembra che regni la morte nelle sue variate forme e che la storia si regge per la legge del più forte o del più furbo, e se l’odio e l’ambizione sono i motori di tante lotte umane -, siamo convinti che questa triste realtà può mutarsi e deve mutare assolutamente perché se “Dio è con noi, chi potrà essere contro di noi?» (Rom. 8, 31-37).
«Varcare la soglia della fede presuppone il non vergognarsi di avere un cuore di fanciullo che crede nell’impossibile, che può vivere nella speranza che è l’unica cosa che può dare senso e trasformare la storia. è altresì, chiedere in continuità, pregare senza stancarsi e adorare perché il nostro sguardo sia trasfigurato».
«Varcare la soglia della fede ci porterà a supplicare perché ciascuno di noi abbia “gli stessi sentimenti di Cristo Gesù” (Fil. 2,5) sperimentando in questa maniera un nuovo modo di pensare, di comunicare, di guardare, di aver rispetto, di vivere in famiglia, di chiederci sul futuro, di vivere l’amore e la propria vocazione».
«Varcare la soglia della fede significa avere occhi che si stupiscono e un cuore non abituato a reagire in modo pigro, ma che sa riconoscere, ogni volta che una donna partorisce, una scommessa per la vita e per il futuro. Che quando curiamo l’innocenza dei bambini, si garantisce la verità del domani e quando accarezziamo la vita consumata di un anziano facciamo un atto di giustizia e accarezziamo le nostre radici».
Lo spazio limitato ci impedisce di riferire altri nove valori con cui la fede ci fa varcare la soglia ed entrare con valori spirituali nel cuore dell’umanità e offrire dignità al lavoro, alla libertà, al perdono, all’eucaristia.
Proprio nella solennità di San Giuseppe lo Spirito Santo apre davanti a noi una stagione straordinaria in cui la Chiesa si fa sempre di più «madre e maestra»: madre di misericordia e maestra di speranza, la cui origine e la sua vita è nel cuore stesso dell’amore trinitario.
Auguri, Papa Francesco, «ad multos annos!». Le garantiamo la nostra invocazione a San Giuseppe, protettore della Chiesa universale e la supplichiamo di benedire le nostre vite e le nostre molteplici missioni al servizio dei poveri.

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