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Claudio Contarin

di G. Cantaluppi

L’uscita dal pub era stata gioiosa, dopo una serata tra amici, tutti bravi ragazzi, impegnati nello studio, nel lavoro e nello sport. Claudio, Matteo, Francesco e Riccardo si sentivano orgogliosi di poter tornare a casa a bordo dell’Alfa 116, prestata dal padre di uno di loro. 
Una curva sulla strada che porta a Camisano Vicentino, forse presa a velocità un po’ sostenuta, ma sicuramente non eccessiva, vista l’ubicazione, o magari qualche altro motivo, solo nel cuore di Dio rimane il segreto che ha segnato il tragico destino di quattro giovani vite diciannovenni. Dopo avere sbandato ed essersi scontrata con il parapetto di un ponte, l’auto si è rovesciata finendo nel canale. Tutti morti sul colpo, tranne uno; ma anch’egli non ce l’ha fatta ed è spirato dopo i primi soccorsi.  
Sembrerebbe una delle tante cronache a cui purtroppo in questi tempi siamo abituati, se non fosse perché lo Spirito Santo ha voluto che da tanto dolore si sprigionasse una luce di fede e di speranza.
Uno di loro, Claudio, ha lasciato un’agenda su cui notava le sue riflessioni, un diario di cui neppure i genitori conoscevano l’esistenza, ora edito dall’emittente berica “Radio Oreb”.
Sì, un giorno, entrando nella camera del figlio, il padre l’aveva sorpreso in ginocchio a pregare, ed egli si era subito alzato, forse per essere stato scoperto in un suo segreto rapporto con Dio. Ma quel figlio era come tanti altri giovani, pur buoni e seri. Terminate le classi superiori, si era iscritto all’Isfav, la scuola di fotografia che, anche grazie alla professione del padre, costituiva insieme al calcio la sua passione e nella quale aveva talento, come testimoniano le foto annesse al suo diario. 
Aveva tanti tratti comuni ai suoi amici abituali:  le serate di divertimento al bar e in discoteca, il piacere di qualche bicchiere e della sigaretta e - perché no? - anche qualche simpatia verso le belle ragazze.
Aveva però incontrato Qualcuno che lo aveva conquistato: con Lui parla con spontaneità e naturalezza, chiamandolo Papà, a volte anche affettuosamente Papi o Pà. Tratta con gli Angeli, primo fra tutti il proprio Angelo Custode e con i Santi, suoi amici. Alla Madonna, la Mamma, va con trasporto: “Quanto ti vorrei abbracciare”, scrive.
è talmente amico di Gesù che lo invita a giocare o ad accompagnarlo al bar: “Oggi vieni a divertirti con me?”.
Come può un giovane definire lo Spirito Santo “la parte di Dio che brilla in noi”, se non è lo Spirito stesso a suggerirglielo?
Claudio non apparteneva ad alcuna forma di associazionismo parrocchiale o di altro tipo, però credeva che l’amore di Dio per lui fosse anche un riflesso delle cure prestate da suo padre Alberto, durante un pellegrinaggio in Terra Santa, a un bambino disabile di nome Yossi (Giuseppe in ebraico). Commenta: «Ora Alberto è tornato a casa, al primo maschio ha messo il nome Yossi (è il secondo nome di Claudio). La sua vita non è più la stessa: ad Alberto piace pregare, trovare un momento di pace e di sollievo con Dio. Usa tutte le sue energie per la sua famiglia, usa tutto il suo cuore per Dio. Negli occhi di quel bambino ha visto Gesù, l’ha aiutato».
Sembra quasi che avesse intuito la brevità della sua vita quando scrive: «Non sappiamo quanto tempo ci rimane. Forse poco, forse ancora tanto».
Anche per lui ci sono stati giorni in cui ha dovuto farsi forza per superare l’abitudinarietà, ma sapeva di non essere solo perchè c’è il suo “Papà”: «Ogni giorno che passa, per quante difficoltà io possa avere, ci sei tu, qui, presente!». E ancora: «Dacci una mano Papà, aiuta il nostro cuore a essere pronto a raccogliere il piccone dello Spirito Santo, a salire il muro… se saliremo, grazie a te arriveremo dall’altra parte… ci saranno poi altre difficoltà ancora più dure del muro… ma non ci volteremo».
Il proposito di «da fuori mostrare sempre un gran sorriso, grinta, voglia di vivere e aiutare gli altri» lo invita a chiedere di «essere leone perché il coraggio è la forza, la grinta riempie e iniziar così il cammino, forte come il leone, dolce come un bambino».
In un momento di panico, in cui confessa di non riuscire a pregare per l’inquietudine, si affida alla Madonna: «Chiedi alla Mamma un po’ di dolce calma e poi con lei torna a pregare e ora che c’è lei nella tua mano mi raccomando non ti preoccupare». 
Di amici ne aveva tanti fra i Santi: quasi ogni pagina del suo diario si chiude con «Claudio & san... e tutti noi». In una poesia definisce ogni Santo una nuvola che sorregge il trono del Signore e conclude: «Anch’io voglio essere una nuvola!». «Caro Angelo, scrive all’Angelo Custode, la cosa più bella sarebbe arrivare da Dio con te mano nella mano. Aiutami a resistere alle tentazioni e aiutare gli altri come tu aiuti sempre me».
Pensa anche al suo avvenire, quando, parlando di San Giuseppe, confida: «Egli lavora, porta a casa il pane e la fede nella propria famiglia. Se sarà ‘fare il papà’, nel progetto di Dio, lo farò ascoltando quando mi parla e dicendo: ‘Ecco il tuo servo: sia fatta di me la tua volontà!».
L’itinerario gli è chiaro: «Così vive il Santo. Sempre con quel profondo desiderio di esserlo… E la giornata il Santo come la vive? Sempre con gli occhi ‘brillanti’ di Gesù» perché «anche semplici sorrisi, ma davvero sinceri, sono questi i veri miracoli». E chiede al Signore: «Il calcio mi ha dato grande soddisfazione verso di te. Ma aiutami… a far giocare la palla con il cuore» e chiede di poter vedere in ogni sua azione «il volto di Gesù. Così davvero colorerò la mia vita».
Paragona i santi alle campane: «Come le campane di casa Tua che chiamano così soavemente e timidamente, così un santo chiama il prossimo suo”.
La certezza di essere amato da Dio, aiuta Claudio a vivere coerentemente anche l’esperienza della fragilità e del peccato.
Ricordando le parole di Gesù misericordioso a suor Faustina Kowalska: «Tu sei la gioia e la delizia del mio cuore», scrive: «Anch’io quando non riesco ad ascoltare il mio cuore perché il male mi atterra, me lo ripeto… e tu vieni a soccorrermi».
«Ho peccato. Oggi non sono andato a messa. Oggi è il giorno del Signore. Se cadiamo perchè noi non riusciamo a sentirti, allora ti prego aiutaci a chiedere scusa, a rialzarci e a tornare da te più forti di prima. Sapendo che il tuo cuore è più tenero di un bacio della Madonna». 
Il rapporto di Claudio con il suo “Papi” è alimentato dalla preghiera: «Mi sono svegliato, oggi ho un profondo desiderio di te!». Si sente un’ape che si posa sul fiore aperto per saziarsi: quel fiore è Dio. La preghiera non è solo mettersi in ginocchio, ma anche «un continuo ‘dare’ a Dio» nel povero, e un continuo ricevere da Dio: è quello che lo colpisce nella vita di Madre Teresa.
Non mancano momenti di “deserto” per stare a tu per tu con Gesù.  In un giorno del settembre 2007 segna sulla sua agenda: «Programmare un giro con Gesù: in bici sui colli, da solo o in compagnia di chi preghi te; cose da portare, rosario e vangelo; optional, qualcosa da mangiare e da bere così da fare merenda con Gesù». 
Si impegna: «Ho deciso per avvicinarmi alla preghiera che ogni lunedì mi impegnerò di più a pregare». Tanto da chiamarlo ‘lunedì di preghiera’, perché «la preghiera è importante per respirare attimi di aria celeste, per far brillare i nostri occhi di gioia, per ristabilire forte il sorriso nelle mie giornate». E ancora: «Nella preghiera voglio rifugiare la mia vita» per «vivere sentendo il battito del cuore…  fidandoci e mettendo radici salde in Dio, sapendo che la sua volontà è solo amore. E Dio lo troviamo nella preghiera».
Claudio ha diciannove anni ed esplode di  gioia: è pieno di gratitudine per quello che ha ricevuto da Dio,  dalla famiglia e dagli amici, con la voglia di regalare un sorriso a chi incontra: «Là, dove manca un sorriso, io lo porterò. Un amico è importante, un sorriso vale una vita. E entrambe le cose si possono sempre dare».
Il segreto della gioia di Claudio lo troviamo anche in due sue affermazioni: «Solo nell’umiltà si trova la vera ricchezza… invece di lamentarsi bisogna guardare le cose che abbiamo».
C’è una fotografia di Claudio nel suo diario in cui il cielo azzurro appare al di là di un intreccio di rami e che egli commenta come simbolo della lotta dell’uomo nello sforzo di aprirsi il varco verso il cielo per arrivare a Dio. Una fatica che anche lui ha vissuto, «ma da fuori mostrare sempre un gran sorriso, grinta, voglia di vivere e aiutare gli altri».
 
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