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di Madre Anna Maria Canopi osb

Gesù «conosceva quello che c’è nell’uomo» (Gv 2, 25). Con quest’affermazione si chiude il secondo capitolo del Vangelo secondo Giovanni. E, subito, il terzo capitolo si apre con l’incontro di Gesù con «un uomo di nome Nicodemo», un capo dei capi dei Giudei, un maestro d’Israele, ma soprattutto un personaggio che vive un po’ dentro ciascuno di noi: un uomo, appunto, con le sue domande sul senso della vita, un cercatore di Dio, un mendicante. 

Membro del sinedrio, Nicodemo scruta le Scritture e vive nell’attesa del Messia. Sentendo parlare di Gesù, dei miracoli che compie, del suo insegnamento autorevole, qualcosa lo attira a lui, ma qualcosa sembra anche frenarlo; è ancora nel buio, ma anela alla luce; ha sete della verità, ma forse come gli altri Giudei  anche lui pensa: «Questo rabbi viene dalla Galilea, è figlio di un falegname…». Per questo, approfitta dell’oscurità della notte per andare da Gesù: vuole rendersi conto di persona, ma nascostamente. Trovandosi faccia a faccia con lui, senza frapporre indugi subito gli chiede sostanzialmente di rivelare la sua identità, come se dicesse: «Le tue opere dicono che sei mandato da Dio, ma chi sei veramente? Sei proprio colui che attendiamo?». Come di consueto, Gesù non risponde direttamente alla domanda, ma invita ad un salto di qualità, ad una radicale conversione: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio» (v. 3). Con queste parole Gesù penetra nel cuore di Nicodemo e lo avvince a sé. Da quel momento, infatti, Nicodemo non abbandona più Gesù, ma lo segue fino alla fine, fino ad essere lui, con Giuseppe d’Arimatea, a dargli degna sepoltura con grande quantità di profumo prezioso, quasi ripetendo il gesto di Maria di Betania.

Rispondendo alla sua domanda, Gesù si rivela come colui che è venuto ad aprire la porta del regno di Dio, ma per entrarvi bisogna nascere dall’alto: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio» (v. 3). Parole oscure per Nicodemo che pensa ad una nascita naturale; perciò con semplicità e schiettezza pone a Gesù un’altra domanda paradossale: «Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?» (v. 4). E Gesù pazientemente spiega che si tratta di una nascita spirituale, non fisica, di una nascita opera dello Spirito che può accadere sempre e per tutti, purché si accolga lo Spirito la cui venuta è misteriosa, è come il vento che soffia dove vuole, che viene all’improvviso e ti porta dove non sai… Nicodemo ancora stenta a capire, ad uscire dalla sua logica razionale, per entrare nella logica paradossale della fede e della vita soprannaturale; così replica nuovamente: «Come può accadere questo?» (v. 9).

Questa domanda ricorda quella di Maria all’angelo che le annunzia la sua maternità: «Come avverrà questo?» (Lc 1, 34)». Alle parole dell’angelo, però, Maria risponde prontamente: «Eccomi!»: senza capire, si affida. Nella fede dice di sì a Dio senza condizioni, perché crede che Dio è Dio e che tutto quello che viene da ui è vero e santo ed è ui stesso a rendere possibile l’impossibile.

Nicodemo, invece, sembra come incapace di questo salto, perché è ancora fermo alla lettera della Scrittura, non è ancora illuminato dallo Spirito, non è ancora entrato nella luce. Nicodemo è andato da Gesù di notte: questa notte è anche simbolo dell’oscurità che ha nel cuore; egli che scruta le Scritture, ma non ha ancora la luce per vederle realizzate in Gesù che gli sta davanti. Ma Gesù è la Luce che vuole entrare nel suo cuore, perché la notte diventi giorno. Nicodemo va da Gesù, ma è Gesù stesso che bussa alla porta del suo cuore. Nel loro dialogo si  compie quanto è scritto nel Prologo: 

«Veniva nel mondo la luce vera,

quella che illumina ogni uomo […]

Venne fra i suoi,

e i suoi non lo hanno accolto.

A quanti però lo hanno accolto

ha dato potere di diventare figli di Dio» (Gv 1, 9.11-12).

Commentando l’incontro di Gesù con Nicodemo, Romano Guardini scrive: «Veramente possiamo fare nostro il problema di Nicodemo! Quale nostalgia in questa domanda! Ecco, là è Cristo; egli riflette la pienezza di Dio. Qui sono io, chiuso in me stesso. Come arrivare là? Da me solo? Come prendere parte a ciò che Gesù è? Gesù risponde: “Non da te. Rinuncia al riferimento a te stesso; abbandona il criterio delle tue proprie vedute”» (Il Signore, c. XII).

Occorre rendersi poveri e  umili davanti a Dio, ascoltando la sua Parola con animo libero, lasciandola penetrare in noi,  perché essa è luce e pace. Nella sua povertà, l’uomo deve avere il coraggio di elevare il suo grido e invocare lo Spirito: «Signore, prendimi tu, io non so darmi; manda il tuo Spirito che mi trasformi; dammi un cuore nuovo, un cuore capace di amare, un cuore capace di conoscere e desiderare le cose del cielo, le cose soprannaturali, non soltanto fermarsi alle realtà materiali».

Non è facile questa resa, ma è necessaria, per essere veramente figli di Dio, figli della luce. 

«Divenire cristiano – dice ancora Romano Guardini – significa andare a Cristo sulla parola di Cristo, abbandonarsi a lui […], perché il nascere da Dio è principio destinato ad attuarsi via via lungo il corso dell’intera vita»

Non si è mai cristiani «perfetti», totalmente compiuti; c’è in noi un germe che deve svilupparsi per farci diventare pienamente cristiani, ma ci vuole tutta la vita… Siamo già battezzati, siamo già cristiani, ma abbiamo sempre bisogno di continuare a nascere da Dio; siamo già figli – ma come dice lo stesso Giovanni – quel che saremo pienamente non si vede ancora (cf. 1 Gv 3, 2), lo si vedrà alla morte quando il tempo del parto spirituale sarà compiuto e noi nasceremo pienamente alla luce della vita eterna.

Nicodemo certamente ha fatto questo cammino: lo troviamo, infatti, in un complotto contro Gesù, dove il suo intervento ne impedisce l’arresto e l’uccisione (cf. Gv 7, 51-52) e lo troviamo soprattutto sul Calvario, perché non si scandalizzò della Croce. Dal primo incontro con Gesù, Nicodemo è risorto interiormente; per questo non possiamo chiamarlo soltanto «colui che andò di notte», ma anche «colui che giunse alla luce», perché credette all’amore, credette che «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). E di lui si può dire: «Chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio» (v. 21).

Come Nicodemo è passato dalla notte alla luce e ha compiuto quel gesto così generoso al momento della sepoltura di Gesù – e certamente tanti altri dopo questo – così anche noi dobbiamo desiderare di uscire dalla notte, andare verso la luce che è Cristo, affidarci a lui, credere all’onnipotenza dell’amore, perché il Padre ci ha dato il Figlio per una follia del suo amore che tutto può e vuole operare per la nostra salvezza.

Prendendo spunto da questo colloquio segreto di Nicodemo con Gesù, preghiamo:

Signore Gesù,

anche noi veniamo a cercarti

nella notte in cui si smarrisce

la nostra debole fede.

Anche noi, come Nicodemo,

ti poniamo tante domande

e siamo lenti a capire le tue risposte,

perché pensiamo alle cose della terra,

mentre tu parli di quelle del Cielo.

Gesù, Maestro veritiero, 

come possiamo nascere di nuovo

noi che invecchiamo nel nostro peccato

e ci vediamo sfuggire la vita?

Ecco, tu ci rispondi spirando su di noi

il soffio della tua vita di Risorto,

il vento dello Spirito rinnovatore,

e noi cominciamo a nascere di nuovo,

credendo nell’amore smisurato del Padre

che ti ha donato come prezzo di riscatto,

noi cominciamo a rinascere vedendo, 

oltre l’oscurità della morte,

il nostro destino di gloria

nella luce indefettibile del tuo Regno

Amen.

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