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Nella letteratura religiosa c’è un libro classico che ha aiuto tante anime a trovare il volto di Dio, è il «Diario di un pellegrino russo». Il protagonista è per l'appunto un pellegrino che attraversa l'Ucraina e la Russia portando nella sua bisaccia solo pane secco e la Bibbia. Questo pellegrino partecipando a una messa è rimasto colpito dall'esortazione di San Paolo a «pregare incessantemente». Inesperto si mette alla ricerca di chi gli insegni come fare a vivere la vita di ogni giorno e contemporaneamente avere la propria mente continuamente rivolta a Dio in preghiera. Incontra, infine, uno «starec», un padre spirituale, che gli insegna la cosiddetta preghiera di Gesù, cioè la «preghiera del cuore» che consiste nella ripetizione, come una litania, di questa espressione: «Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore».

Il pellegrino intraprende il suo viaggio e, alla sua costante preghiera a forma di litania, aggiunge la sua personale esperienza e quella di qualificati testimoni di fede che incontra lungo il viaggio. Lo scopo del pellegrinaggio è quello d’imparare a pregare così da incontrare Gesù, il maestro, «la via, la verità e la vita».

In questa pagina vorremmo attivare una specie di «bussola dello Spirito» per aiutarci vicendevolmente a incontrare Gesù pregando e, come hanno fatto gli apostoli, chiedergli: «Signore, insegnaci a pregare».

La prima confidenza di Gesù sarà questa: «Quando pregate, non moltiplicate le parole».

Il pellegrino russo si accontentava di chiedere perdono, perché più ci avviciniamo a Gesù, la ruggine della nostra anima stride con la luminosità del suo splendore.

Sant’Agostino suggeriva ai suoi fedeli: «Fai ciò che puoi e prega per ciò che non puoi, e Dio ti concederà la capacità di farlo».

Partiamo subito dal fatto che la preghiera non si può imporre e sarebbe bello se sempre e in ogni circostanza nascesse in noi come un’acqua di sorgiva. è vero che la preghiera sgorga spontaneamente dal vivo della nostra coscienza, ma è altrettanto vero che l’amicizia verso una persona non dipende dall’umore o dal tempo soleggiato e nuvoloso. Se facessimo dipendere l’amore dall’umore, non si costruirebbe mai un autentico rapporto di conoscenza.

Se lasciamo la preghiera all’impulso dell’emozione, si finirebbe col non pregare mai.

L’ordine, la disciplina, l’impegno lavorativo, le relazioni con il prossimo, il senso di responsabilità e la garanzia di rapporti leali non possono essere affidate esclusivamente alla spontaneità.

Chi desidera con onestà stare alla scuola dello Spirito subito si accorge che la preghiera non è solo un’espressione spontanea del nostro intimo, ma bisogna incominciare a viverla e a praticarla come si pratica una dieta per la salute o per estetica. La preghiera è un dono che si ottiene praticandola.

Per capire la preghiera è necessario comprendere le motivazioni che Gesù stesso dà con la sua parola e con la sua testimonianza sulla necessità della preghiera nella nostra vita.

La prima è l’inquietudine del cuore umano. Ha scritto sant’Agostino che «Il nostro cuore non ha pace, finché non riposa in te».

La preghiera è la chiave della porta della fede che introduce nella comunione con Dio. «Chi prega non vive più per se stesso, per se stesso e con le proprie forze, ma sa che esiste un Dio al quale può parlare». Per un’anima responsabile del suo impegno sociale è importante anche sottolineare il bisogno di una verifica del nostro agire. Madre Teresa di Calcutta diceva che aveva bisogno di pregare: «poiché non posso fidarmi di me stessa e così mi affido a Lui 24 ore al giorno».

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