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Ascolta ora!

Un ben trovate a tutte a tutte le persone che sono in ascolto e che desiderano partecipare alla nostra trasmissione per condividere questo momento di rapporto privilegiato che porta a galla i sentimenti nobili delle nostra vita.

Questo appuntamento mensile ha per titolo “Ora di spiritualità in compagnia di san Giuseppe”.

La spiritualità cristiana è quel patrimonio di valori dell’anima che il cristiano esprime attingendo da quel bacino di sentimenti nobili che gli permettono di mettersi in rapporto con Dio e in questo caso in compagnia di san Giuseppe.

 Questo essere in compagnia significa passeggiare nel panorama delle vicende che hanno caratterizzato la vita di san Giuseppe: la pratica delle qualità umane vissute nella famiglia di Nazareth, il suo stile di lavorare come collaboratore di Dio a rendere più piacevole la vita, il suo rapporto con Dio che gli aveva affidato la custodia preziosa del figlio suo Gesù.

 Penetrare i sentimenti di san Giuseppe nelle diverse vicende della vita. Questa compagnia si fa preghiera, lode, invocazione, richiesta di grazie, ma anche un aiuto a penetrare le zone misteriose e buoi della vita.
in questa ora in compagnia di san Giuseppe volgiamo far riecheggiare i sentimenti che in questi giorni hanno attraversato la nostra vita come la visita ai cimiteri, il ricordo dei nostri defunti.

In questi giorni nel visitare i cimiteri, le metropoli della nostra speranza, in fondo all’anima portavamo l’interrogativo estremo della vita: il perché del morire.   Non possiamo negare che la vita da sempre è attraversata da un’originaria ed insolubile contraddizione: quella di morire. La morte non è naturale e si è introdotta per un incidente, una fuor uscita dal sentiero tracciato da Dio nel creare la vita umana.

La disobbedienza da parte di Adamo ed Eva nel pretendere di arrivare all’immortalità infrangendo la regola imposta da Dio all’uomo di non rapinare l’immortalità mangiando il frutto proibito. La lotta tra la morte e la vita è come una cambiale che percorre ogni esistenza umana.

 La liturgia nella celeberrima sequenza del Dies irae si dice: «La morte e la vita si sono affrontate in un duello straordinario: il signore della vita era morto ed ora è vivo». Dalla resurrezione di Gesù si apre l’oceano dell’eternità e discende anche una risposta alla domanda del morire.

Anni fa, lo ricorda Maria Antonietta Crippa sulla rivista mensile “Luoghi dell’infinito”, il cardinale Jean Marie Lustiger arcivescovo dalla Chiesa di Parigi, affermava che non c’è un sacramento per la morte del corpo e ne spiega le ragioni affermando che «Nel battesimo, centro di gravità della nuova vita senza contrappesi assimilati nella morte e resurrezione di Gesù redentore. Nell’atto di amore di Cristo sula Croce, il nostro morire corporeo diventa   già una trasformazione di vita. Viviamo in questa realtà il nostro” giorno natale” la nostra nascita nel cielo.

Da questa certezza di fede si spiegano così i comportamenti collettivi del rispetto della vita sino all’ultimo soffio e la qualità dei riti di cordoglio cristiano che, nell’onore per le spoglie cristiane mai trattate come dei rifiuti o spazzatura afferma l’incomparabile dignità di ogni uomo.

La speranza è l’anima segreta della vita

Il mese di novembre inizia con un’aurora di immortalità che proietta la nostra vita in un futuro di luce e di comunione con Dio. Una comunione condivisa in cui troveremo tutte le persone che noi abbiamo amato e quelle che ci hanno voluto bene e scopriremo lo spessore e l’intensità del loro amore che ci ha aiutato a far crescere e sviluppare i talenti che la bontà di Dio ha depositato nel tessuto vitale delle nostra esistenza. 

Camminando nei vialetti che una volta chiamavamo del “campo santo” e che ora preferiamo chiamare “cimitero”, nella certezza del della parole che significa “dormitorio”. Un sonno momentaneo in attesa di un risveglio.  Quelle tombe e quei vialetti non sono avvolte da un cielo buio, ma costituiscono un crocevia sotterraneo in cui è indicata una «direzione promettente», animata da un atteggiamento che possiamo chiamare “aspettativa” di un futuro ultimo che ha nome carico di speranza immortale. 

La speranza è l’anima segreta della vita. La speranza infatti vede già una turgida ed indorata spiga mentre i nostri occhi di carne vedono soltanto un seme che marcisce.

 Mi ha sempre affascinato l’immagine della speranza descritta dal poeta Charles Peguy. Egli immagina le virtù teologali come tre sorelle che al mattino, tenendosi per mano si avviano alla scuola, palestra della vita. Le virtù della fede e della carità hanno al centro la speranza come se fosse la virtù minore che ha bisogno di essere sostenuto, invece è la speranza che guida la fede e la carità e fornisce luce sufficiente per camminare anche nei momenti di penombra o di oscurità verso la meta del loro destino comune. Possiamo in verità affermare che «la speranza è il bene che si spende di più e si consuma di meno».

Il cimitero è il campo della speranza, ma per molte mamme è il campo delle lacrime per delle vite sradicate troppo presto dagli affetti delle mamme che dalla nascita hanno stretto sul loro petto il frutto del loro grembo e lo mantengono in modo perenne sulla loro braccia: un amore sbocciato nella primavera della vita e tolto prematuramente, quando la perla della vita ha raggiunto il proprio e personale splendore. Nel cuore di giovani madri, ma anche nell’animo di ragazzi orfani prematuramente il sepolcro non si è mai chiuso.

Il dolore e il pianto del lutto è stato condiviso anche da Gesù per la morte del suo giovane amico Lazzaro.  Le lacrime di Dio per la morte alla vita terrena del fratello di Marta e Maria. Le lacrime di Gesù erano cariche di luce di speranza illuminata dalla parola di Gesù: «Io sono la resurrezione e la vita».

Il discepolo Paolo, convertito al messaggio di Gesù scrive nella sua lettera ai Corinti di «morire ogni giorno» con la certezza che accanto a noi c’è Qualcuno che viene e a svegliarci ogni giorno e ci aiuta a guardare il futuro con fiducia e a camminare verso il traguardo della resurrezione centellinando ad ogni battito del nostro cuore una goccia di quella speranza che non delude.

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