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La protezione di san Giuseppe nell'inferno di Dachau

di Bruno Capparoni

IIl nome di Dachau e quello di Auschwitz sono diventati sinonimo di follia omicida programmata, di disprezzo di ogni umanità. Essi sono monito per ciò che di abominevole l'agire umano può giungere a commettere. Ma in quei luoghi, dove il sentimento e l'azione del bene erano sistematicamente cancellati, vi furono uomini capaci di amore fino all'eroismo.


(nel campo di deportazione di Dachau)

O san Giuseppe, tu che sei stato scelto da Dio ad essere custode di nostro Signore Gesù Cristo e sposo della santissima Vergine Maria, accetta l'offerta dei nostri cuori ed esaudisci benevolo le preghiere che oggi con umiltà ti rivolgiamo. La Chiesa e la nostra patria sono attualmente innanzi a nuovi compiti storici particolarmente difficili. Rendendocene conto e confidando nella tua efficace intercessione, ricorriamo a te, ci consacriamo e ci poniamo sotto la tua protezione. Noi siamo tuoi devoti, uniti sempre dalla comune fede e dalla comune lingua e ora uniti ancora maggiormente dalla comune sventura della prigionia. Patrono della santa Chiesa, protettore della nostra patria, sostegno delle famiglie, uomo giusto, che un tempo con tanta cura hai custodito e guidato il bambino Gesù, ti preghiamo, conferma noi e tutto il nostro popolo nell'incrollabile fedeltà a Dio e ai princìpi della sua Chiesa. Conservaci nella giustizia e nell'amore reciproco e, nei pericoli incombenti, difendi noi e le nostre famiglie e fa’ sì che possiamo al più presto tornare felicemente alla patria amata e poi lavorare per assicurare la pace tanto desiderata. Fiduciosi nella tua intercessione, promettiamo solennemente, dopo un felice ritorno alla patria libera, in primo luogo, nel profondo riconoscimento della tua dignità, di tenere viva la devozione a te, non solo alimentandola nei nostri cuori, ma anche diffondendola tra le nostre famiglie; in secondo luogo, di renderti l'omaggio della nostra gratitudine recandoci insieme in pellegrinaggio davanti alla tua immagine miracolosa nella Collegiata di Kalisz, un anno dopo il nostro ritorno, e di là divulgare il culto del tuo nome, insieme con l'attaccamento ai princìpi della giustizia e dell'amore reciproco nelle nostre famiglie, secondo le indicazioni della Santa Sede Apostolica, affinché ciascuna di esse costituisca una cellula vitale della cara patria; in terzo luogo, quale segno di riconoscenza per la nostra liberazione, nella misura delle nostre possibilità, di fondare un'opera di misericordia dedicata al tuo nome. O san Giuseppe, intercedi per noi davanti al trono dell'Altissimo, affinché questi slanci dei nostri cuori cooperino al nostro bene, alla prosperità della patria, allo sviluppo della Chiesa e alla maggior gloria di nostro Signore Gesù Cristo. 

Amen

Auschwitz è collegato indissolubilmente con il nome di san Massimiliano Kolbe; Dachau ha visto il martirio e la carità di una decina di beati proclamati dalla Chiesa, tra i quali ricordiamo come più noti a noi il domenicano italiano Giuseppe Girotti e il carmelitano olandese Tito Bradsma.

Tra i polacchi che subirono la crudele prigionia di Dachau vi fu Kazimierz Jan Majdański (1916-2007), che dopo la liberazione fu vescovo di Stettino-Kamień. Nel 1939, allo scoppio della seconda Guerra mondiale, era un giovane seminarista del Seminario maggiore di Włocławek. Insieme ai suoi compagni e a tutti i formatori, fu arrestato dai tedeschi invasori della Polonia e internato in quel campo di concentramento dal 7 novembre 1939 alla sua liberazione nel 1945. Ha lasciato una drammatica e toccante testimonianza nel libro dal titolo «Un vescovo dai lager» (Edizioni Ares, Milano, 1990). 

Era nel famigerato blocco 26, la «baracca dei preti». Nel tempo in cui il campo di concentramento fu attivo, vi furono internati 2579 sacerdoti, di cui 1030 morirono vittime di stenti o assassinati. In segreto continuavano a celebrare la Messa e i sacramenti 

Vista la giovane età del seminarista, fu destinato a esperimenti pseudo-medici sulla cellulite. Il 10 novembre 1942, insieme ad altri trentasette chierici polacchi, fu selezionato per essere sottoposto a iniezioni. Ma nei primi mesi del 1943 nel campo di concentramento scoppiò un’epidemia di tifo e temendo la diffusione dell'infezione, gli esperimenti furono sospesi. Majdański sopravvisse miracolosamente anche all'epidemia.

Questi sacerdoti e seminaristi trovavano la loro unica forza nella preghiera. I polacchi (erano la maggioranza degli ecclesiastici internati) rivolsero le loro preghiere a san Giuseppe, invocato nel famoso santuario di Kalisz. Ad un certo momento si accordarono all'unanimità di consacrarsi al Santo e di fare un voto da sciogliere a scarcerazione ottenuta. La consacrazione e il voto furono pronunciati il 22 aprile 1945 (vedere box) e la liberazione del campo di Dachau ad opera delle forze alleate avvenne il successivo 29. 

Dopo la liberazione Kazimierz Jan Majdański fu ordinato sacerdote il 29 luglio 1945 a Parigi dal vescovo polacco Radoński e nel 1962 papa Giovanni XXIII lo nominò vescovo ausiliare di Włocławek; poi fu trasferito a Stettino-Kamień.

La formula di consacrazione a San Giuseppeed il voto dei sacerdoti polacchi ci commuovono ancora, perché comunicano la drammatica esperienza di quei poveri perseguitati, ma anche la poderosa speranza che la preghiera ha saputo loro ispirare.

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